Cop29, trapela un testo non ufficiale. Tensione altissima tra i negoziatori

Una bozza non ufficiale circola alla Cop29 mentre in teoria si attende un'assemblea, ma i Paesi poveri avrebbero chiesto di sospendere i negoziati

© Kiara Worth/UN Climate Change

Sono ore concitate a Baku, dove si sta chiudendo la ventinovesima Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul contrasto al riscaldamento globale. L’incontro sarebbe dovuto terminare ieri, ma i negoziati sono proseguiti tutta la notte. E negli ultimi minuti è trapelata una nuova bozza di accordo in via non ufficiale, ma molto ripresa dagli analisti presenti a Cop29.

La nuova bozza (ancora leaked)

Le differenze principali sono poche ma chiare. L’obiettivo finanziario annuale entro il 2035 – il cuore della decisione – sale da 250 miliardi a 300 miliardi. La richiesta dei Paesi in via di sviluppo era di 1.300 miliardi annui. Il riferimento a quest’ultima cifra rimane, ma solo come auspicio. Notevole il paragrafo 16: si decide di triplicare entro il 2030 i flussi finanziari attualmente (la data di riferimento è il 2023) erogati da una serie di fondi legati alle Nazioni Unite e rivolti al cosiddetto Sud globale: Financial Mechanism, Adaptation Fund, Least Developed Countries Fund, Special Climate Change Fund. Questo rappresenterebbe quanto di più vicino al core chiesto da africani, asiatici e latino-americani: un nocciolo duro di finanza pubblica e non a debito. Ma le cifre sono decisamente ridotte: nelle prossime ore vedremo numeri più precisi, ma per ora i numeri mobilitati da quei fondi si muovono nell’ordine dei pochi miliardi o, addirittura, centinaia di milioni.

Va detto che, ad esempio, l’Adaptation Fund ha mobilitato finora 1,2 miliardi di dollari. Il Least Developed Countries Fund 2,1 miliardi. Lo Special Climate Change Fund 393,8 milioni. Totale, 3,7 miliardi. Triplicarne la portata varrebbe ben poco, almeno per ora.

Per il resto le modifiche sono poche: l’invito alla collaborazione Sud-Sud (quindi flussi finanziari sopratutto cinesi) diventa un più blando incoraggiamento; alla fine del testo si legge qualche frase di circostanza in più sul contrasto alla povertà. C’è anche un passaggio su quote riservate ai Paesi meno sviluppati e quelli insulari: gruppi particolarmente bisognosi di fondi, ma anche qui non ci sono numeri.

Il riassunto delle puntate precedenti

Il principale obiettivo del summit in corso a Baku è il raggiungimento di un consenso sul New Collective Quantified Goal (Ncqg). Fuori dal burocratese dei negoziati, si tratta della cifra che i Paesi industrializzati promettono di stanziare in favore delle nazioni cosiddette in via di sviluppo. Un modo per rimediare almeno in parte alle emissioni rilasciate negli ultimi due secoli in larghissima parte da una ristretta cerchia di Stati. Nel 2009, una vita politica fa, si promisero 100 miliardi l’anno. Ma da subito emersero una serie di questioni.

In primis, promettere non significa dare. I 100 miliardi sono stati raggiunti davvero solo nel 2022 – si era concordato la linea rossa fosse il 2020 – e con enormi difficoltà. Poi c’è la questione dell’uso: non esiste una definizione univoca di finanza climatica, e men che meno un organo unico e autorevole che controlli la destinazione dei fondi. I casi di mala gestione – o direttamente di investimenti suppostamente verdi finiti su fossili e cementificazione – non si contano. Infine c’è la qualità dei fondi. Una parte importante del denaro arriva al Sud globale sotto forma di prestiti – di solito a tassi agevolati, ma comunque nuovi fardelli per Paesi spesso già terribilmente indebitati.

A Baku si rischia il collasso dei negoziati: i Paesi poveri hanno chiesto di sospendere le trattative

La situazione, dal punto di vista dei negoziati e dei rapporti tra i governi, assume caratteri drammatici a Baku. Tanto che voci hanno parlato di un possibile abbandono dei negoziati da parte del gruppo dei Paesi più poveri del mondo, i Least Developed Countries. Non è ancora chiaro se si tratti di però soltanto di una sospensione. Il rischio concreto è che la Cop29 di concluda senza un accordo.


In una nota Ali Mohamed, presidente del Gruppo africano di negoziatori, avverte che a questo punto del negoziato «dobbiamo avere approcci inclusivi in modo che nessuna Parte venga lasciata indietro», ma precisa che lo stesso Gruppo «non è disposto ad accettare cose che superino i nostri punti fermi».

L’ultima bozza ufficiale era stata analizzata da Valori.it qui.