Il disastro delle linee ferroviare secondarie: l’esempio della Faentina

Le difficoltà della linea transappenninica Faentina raccontano di consumo di suolo, crisi climatica e spopolamento delle aree interne

Linda Maggiori
La lunga attesa lungo la Faentina © Linda Maggiori
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Le linee ferroviarie secondarie sono sempre più in difficoltà. Agli scarsi investimenti per mantenere e efficientare queste linee, hanno fatto da contraltare gli ingenti finanziamenti a favore dell’Alta Velocità (che non collega però le aree interne e i piccoli borghi). E delle nuove opere stradali. Con il risultato quindi di incentivare il consumo di suolo, il trasporto su gomma, aggravare la crisi climatica e l’isolamento di chi abita le aree interne. 

Basti pensare alla Faentina, la transappenninica che collega Faenza a Firenze. Inaugurata il 24 aprile 1893, la sua storia è assai travagliata. Danneggiata dalla guerra, è rimasta inagibile fino al 1957 quando fu riaperto solo il tratto tra Faenza e Borgo san Lorenzo. I vari governi che si succedettero tardarono la riattivazione del restante collegamento fino a Firenze Santa Maria Novella, (riaperto solo nel 2001). Di contro, dalla fine degli anni ’90, procedeva spedita la costruzione della Tav: l’Alta Velocità tra Bologna e Firenze.

La situazione delle linee ferroviarie secondarie nel Paese

Secondo l’analisi commissionata da Greenpeace Europa centro-orientale (CEE) al Wuppertal Institut e al T3 Transportation Think Tank (2023,) tra il 1995 e il 2018 il nostro Paese ha investito il 28% in più sulle strade che sulle ferrovie. Spendendo rispettivamente 151 e 118 miliardi di euro.  Dal 1995 sono state chiuse 40 linee ferroviarie, per un totale di più di 1.800 chilometri. Dagli anni ‘50 sono stati abbandonati 7.180 km di binari. E molte altre linee sono state depotenziate o colpite da disservizi.

Attualmente in Italia ci sono 17mila chilometri di linee ferroviarie, di cui 1467 circa destinate all’Alta Velocità. Sono gestite dal Gruppo FS tramite la controllata RFI (Rete Ferroviaria Italiana). Lo stesso Gruppo FS gestisce attraverso Anas anche 32mila chilometri di strade con una logica quindi anche a favore delle grandi opere stradali. Il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane alla recente presentazione del Piano Strategico 2025-2029, ha promesso 50 miliardi di euro da investire in dieci anni nella rete ferroviaria. Destinati in particolare ad attivare nuove linee ferroviarie AV, a fornire 46 nuovi treni Alta Velocità Frecciarossa ma anche 145 nuovi treni del Regionale e più di 1.260 bus. Mentre 40 miliardi saranno spesi per le nuove opere stradali e manutenzione delle strade esistenti.

La linea ferroviaria secondaria Faentina © Linda Maggiori

Ecco perché esempio emblematico dell’abbandono in cui versano le linee secondarie diventa la Faentina. La storica e panoramica transappenninica, utilissima al trasporto di pendolari, turisti, studenti, è sempre più colpita da disservizi e sventure. E i viaggiatori sono sull’orlo della rivolta.

I soldi promessi alla Faentina finiti in opere stradali

«I lavori della Tav causarono il prosciugamento di 81 corsi d’acqua, 37 sorgenti, 30 pozzi e 5 acquedotti. Per un danno quantificato nel 2014 dalla Procura di Firenze in 741 milioni di euro», spiega Massimo Rossi, del combattivo comitato di pendolari Mugello, Attaccati al Treno. Come compensazione per questo disastro che colpiva i paesi del Mugello, si stanziarono 31 milioni di euro per rimettere in sesto la Faentina.

Inizialmente si pensava ad una elettrificazione della linea. Poi si preferì optare solo per la posa di alcuni tratti a doppio binario per scambi più veloci, e per l’acquisto di treni nuovi. In realtà tutti questi soldi non sono mai stati usati per l’elettrificazione. Né per migliorare l’infrastruttura, per comprare dei treni nuovi e più capienti o per aumentare le corse.

Nel 2018 il Ministero dei Trasporti, Regione, Rfi, Anas, Comuni del Mugello e della Val di Sieve firmarono anzi un Protocollo d’intesa aggiungendo 16 milioni di euro a quei 31 milioni già stanziati da Rfi. Ma i soldi furono spostati dalla Ferrovia Faentina alle Statali, in un calderone con prevalenza di opere stradali.

«Non sono aumentate le corse, di mattina resta un buco di tre ore, i treni sono piccoli e sovraffollati», continua il racconto di Massimo Rossi. «Sempre secondo le promesse, entro il 2023 si doveva completare la sostituzione dei minuetti in servizio sulla Faentina (vetusti e spesso in officina) con i treni ibridi elettrici-diesel Hitachi Blues. Ne hanno consegnato solo uno».

Gli allarmi ambientali e i disagi per i passeggeri

L’alluvione e le frane del maggio 2023, che hanno colpito in prevalenza il versante romagnolo, hanno dato il colpo di grazia a tutta la linea. I danni più urgenti all’infrastruttura sono stati riparati ma, come sottolinea RFI: «Ci sono ancora oltre 200 punti di movimenti franosi, non appartenenti al sedime ferroviario, che devono essere messi in sicurezza. Stiamo aspettando i risultati del Protocollo di intesa con il Commissario straordinario, che ha annunciato lo stanziamento di risorse per mettere in sicurezza le frane. Per ora è stato predisposto il sistema Sanf, che allerta le sale nazionali di gestione della circolazione al verificarsi di situazioni che possano potenzialmente causare movimenti franosi. Rendendo così possibile l’immediato blocco della circolazione ferroviaria nella tratta Faenza-Marradi».

Quando scattano questi allarmi (Sanf o allerta arancione e rossa per rischio idrogeologico), il treno è sostituito con gli autobus. Quindi d’inverno ciò avviene molto frequentemente. «Nelle piccole stazioni però non viene segnalato se c’è il treno o il bus», lamenta la mamma di un ragazzo che frequenta la scuola superiore a Faenza. «Quindi tu ti svegli all’alba, arrivi in stazione, aspetti il treno e magari invece è passato il bus. O il contrario. Il bus si ferma distante quindi non lo vedi. Dipendiamo dalle app, ma non sono sempre aggiornate».

Anche se il semaforo è verde, il treno rallenta in corrispondenza alle frane, con tempi di percorrenza molto aumentati, ma questo è il minimo. «Tra guasti ai treni, ritardi, soppressioni di corse, sostituzioni di treni con bus fantasma, buchi nel Memorario, sovraffollamenti, pioggia all’interno dei vagoni, chiusura di tutte le biglietterie e dei punti di informazione in ogni stazione lungo il percorso da Faenza a Firenze, non siamo mai caduti così in basso», continua il resoconto impietoso di Massimo Rossi. Per poi concludere: «I tempi di percorrenza sono uguali o superiori a quelli di quando la Faentina venne bombardata nel 1944, quando i treni andavano a carbone».

Per gli studenti il viaggio sulla Faentina è un’odissea quotidiana

Il viaggio per andare a scuola, per i ragazzi delle vallate montane è un’odissea quotidiana. «È difficile anche fare tornare a casa i ragazzi ad orari decenti. La situazione sta mettendo a dura prova il loro benessere psico-fisico. Se perdono la corsa delle 13:50, che effettua fermate in tutte le stazioni, arrivano a casa tardi e chi abita nelle stazioni minori deve organizzarsi e andare in auto a prenderli a Marradi», spiegano i genitori, costretti a supplicare i vari dirigenti scolastici per uscite anticipate. Un aumento delle corse, per agevolare il rientro degli studenti e garantire il diritto allo studio, sarebbe doveroso.

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Gli studenti sono a rischio abbandono scolastico © Linda Maggiori

«Che sia per maltempo o per altri guasti all’infrastruttura o ai treni, spesso vengono lasciati a piedi studenti minorenni o lavoratori e non ci sono subito autobus sostitutivi adeguati», incalza Tommaso Triberti, giovane sindaco di Marradi e figlio di ferroviere. «Qui i ragazzi da sempre si svegliano prima dell’alba e sono pendolari fin dai 12 anni, ma ora la situazione è peggiorata. Il diritto allo studio non è rispettato, l’abbandono scolastico è l’effetto più evidente, a cui segue lo spopolamento di questi paesi montani, già di per sé fragili».

«Si fa tanto parlare di aree interne, e questo è il servizio che ci viene dato?», continua il sindaco di Marradi. «Stiamo qui a mendicare il mantenimento di un servizio per noi vitale, che è sempre più a brandelli. Se prima lanciavamo un grido di allarme, ora il nostro è un grido di dolore. Il 26 gennaio alle ore 10, alla stazione di Borgo San Lorenzo, con studenti, associazioni di categoria, residenti, faremo una manifestazione. Non è solo colpa delle frane, scontiamo mancati investimenti di tutti gli anni precedenti».

Così si incentiva lo spopolamento delle aree interne

Tra i lavoratori, ormai quasi tutti scelgono l’auto, con aggravio di rischi di incidenti, traffico e ovviamente inquinamento. La Regione Toscana intanto ha concesso un bonus del 20% per gli abbonamenti ferroviari di ottobre per i ritardi su 14 linee regionali, compresa la Faentina. Eppure i rimborsi non bastano. Senza treni o mezzi pubblici efficienti, lo spopolamento di queste aree interne è dietro l’angolo.

Non solo i pendolari sono danneggiati, ma anche tutti i viaggiatori e turisti che vogliono andare dalla costa adriatica a Firenze e viceversa. Attualmente ci sono pochissime corse dirette Faenza – Firenze e spesso bisogna aspettare a Borgo con coincidenze molto lunghe. Spesso così, i viaggiatori diretti a Firenze sono obbligati a raggiungere Bologna e poi usufruire della (costosa) linea Alta Velocità Bologna-Firenze. La stessa Tav che devastò il Mugello senza ottenere nulla in cambio per le aree interne.