Incendi in California, tempesta a Mayotte: la triste “uguaglianza” della crisi climatica

Benché responsabili in modo diverso, la parte ricca e quella povera del mondo si riscoprono uguali di fronte ai cambiamenti climatici

I roghi della California simbolo della crisi climatica © Wikimedia Commons

La realtà inverosimile imposta all’umanità dai cambiamenti climatici sta portando con sé una forma di drammatica “uguaglianza” tra i popoli. Gli incendi che stanno devastando la California e la tempesta che ha travolto l’arcipelago francese di Mayotte ne rappresentano un esempio. I due eventi estremi hanno, di fatto, cancellato ogni distanza. Ogni differenza di ricchezza, di prodotto interno lordo, di disponibilità private.

I roghi che hanno già ucciso decine di persone e causato enormi danni materiali negli Stati Uniti, così come il ciclone Chido che ha trasformato le bidonville in cumuli di macerie, fanno parte del lungo elenco di fenomeni estremi che si stanno moltiplicando in tutto il Pianeta proprio a causa del riscaldamento globale. La scienza da decenni avverte infatti che l’aumento della temperatura media globale porta con sé un aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici più gravi. Dalle ondate di caldo a quelle di siccità. Dagli uragani alle inondazioni. Senza risparmiare nessuno.

Di fronte ai cambiamenti climatici le differenze si azzerano

Mayotte è il dipartimento più povero della Francia. Un calderone di mare cristallino, colline lussureggianti, 77% della popolazione in condizioni di povertà e disoccupazione al 37%. Il gruppo di isole nell’oceano Pacifico presentava nel 2022 un Pil di appena 3,1 miliardi di euro. Per avere un termine di paragone, il dipartimento più ricco della Francia – l’Ile-de-France, che comprende la capitale Parigi – superava i 782 miliardi. I valori pro-capite indicano, rispettivamente, 10.600 e 63.300 euro.

L’economia della California rappresenta un estremo opposto. Lo Stato americano è il più florido della nazione più ricca del mondo. È la terra delle star che alimentano la fabbrica dei sogni di Hollywood. L’opulento melting pot di Beverly Hills e del Gaslamp Quarter. La punta di diamante della modernità hi-tech di Cupertino e Mountain View. Sede di cinque delle dieci società al mondo a maggiore capitalizzazione e casa di quattro dei dieci uomini più ricchi del Pianeta. Il tutto immerso in un Prodotto interno lordo che vale il 15% di quello degli Stati Uniti: se fosse una nazione indipendente, la California sarebbe una delle prime potenze mondiali.

Eppure, di fronte ai cambiamenti climatici le differenze, semplicemente, si azzerano. Certo, i ricchi hanno senz’altro molte possibilità in più di cavarsela. Possono permettersi di ricostruire. Sono senza dubbio coperti da generose polizze assicurative (che magari a chi ha redditi più bassi vengono rifiutate). Possono serenamente decidere di stabilirsi altrove, ritrovando gli stessi agi e lo stesso lusso. Ma di fronte agli effetti del riscaldamento globale sono inermi. Come qualunque altro essere umano sulla Terra.

Siamo tutti coinvolti, e nessuno sarà assolto

La bidonville di Mayotte abbattuta dalla furia del vento e i tetti da milioni di dollari distrutti o minacciati dalle fiamme dei vari Ben Affleck, Billy Crystal, Tom Hanks, Paris Hilton o delle sorelle Kardashian appaiono accomunati dalla medesima sorte. Come se una sorta di “morale” imposta dai cambiamenti climatici ci ponesse improvvisamente tutti sullo stesso piano. Semplici esseri umani, impotenti.

Una differenza, sostanziale, però rimane. Il mondo agiato è senz’altro molto più responsabile dei cambiamenti climatici. Nel corso dei decenni ha potuto prosperare in nazioni che hanno emesso quantitativi infinitamente più importanti di emissioni di gas ad effetto serra. E oggi ne paga le conseguenze. Esattamente come chi, invece, ha contribuito al riscaldamento globale solo in minima parte.

L’universalità dei cambiamenti climatici è tutta qui: nel fatto che nessuno è al riparo. Come se l’intero genere umano fosse sotto posto a un giudizio collettivo. Come fossimo in un’ordalia generale. Senza grandi possibilità di finire assolti.