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ILVA, Di Maio firma la condanna di Taranto: se tutto va bene, emissioni su del 16%

Valori rivela il documento con gli ulteriori impegni di Arcelor Mittal annunciati dal ministro. Anche nella migliore delle ipotesi, le polveri nocive su Taranto aumenteranno

L'ex Ilva di Taranto nel 2007 © mafe de baggis/Wikimedia Commons

Qualcosa non torna negli impegni ambientali contenuti nel cosiddetto “addendum” che AM InvestCo Italy (la società controllata dalla multinazionale Arcelor Mittal) ha sottoscritto in aggiunta agli accordi iniziali con l’amministrazione straordinaria di ILVA e che lo stesso ministro Di Maio, sostenitore degli impegni aggiuntivi, aveva definito lo scorso 6 settembre «il miglior accordo possibile nelle peggiori condizioni possibili».

La notizia è stata stranamente celata da molti mass media. Forse distratti o preoccupati di non disturbare la nuova proprietà (o di mettere in difficoltà l’esecutivo gialloverde). Quale che sia il motivo, non è certo una buona notizia: né per Taranto né per i suoi abitanti. La speranza di arrivare a una città finalmente libera dalla morsa mortale dei fumi tossici rischia di naufragare subito, davanti a una realtà ben più scomoda.

Il calcolo di Peacelink

Basta una semplice proporzione, di quelle che i professori insegnavano agli studenti ai tempi delle medie, per smontare gli annunci secondo cui le polveri nocive prodotte all’ILVA diminuiranno.

«Se Arcelor Mittal taglierà – come dichiara – il 30% delle polveri delle emissioni convogliate è come se a 8 milioni di tonn/anno l’ILVA emettesse polveri quanto a 5,6 tonn/anno. Il punto è che attualmente ILVA produce acciaio liquido per 4,8 tonn/anno (dati ufficiali 2017). Quindi con l’aumento produttivo a 8 milioni di tonn/anno avremo un aumento di polveri almeno del 16% in flusso di massa annuo rispetto al 2017». La denuncia è di Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, storica associazione per i diritti umani, impegnata da decenni sul fronte ambientale e sanitario, che a fine agosto aveva presentato al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa un’accurata documentazione.

Ma l’aumento del 16% è la proiezione che descrive cosa succederà nel migliore dei casi. Se il taglio delle polveri sarà inferiore, ovviamente, le emissioni cresceranno ancor di più. Di Quanto? Sulla carta, con il passaggio da 4,8 milioni attuali agli 8, l’incremento potrebbe superare anche il 60%.

Ecco l’addendum mai pubblicato

I numeri di partenza, su cui si basa il ragionamento di Peacelink, sono quelli contenuti nell’addendum. Un documento cruciale, perché contiene gli ulteriori impegni di Arcelor Mittal. Eppure finora non è stato mai reso di dominio pubblico. Nè sui siti dei ministeri coinvolti (Sviluppo economico e Ambiente). Nè tantomeno distribuito alla stampa. Valori ne è entrato in possesso. E in effetti le promesse in esso contenute lasciano molti dubbi sul futuro ambientale e sanitario della città pugliese. E quindi sulle ricadute sull’economia locale.

L’accordo con Arcelor Mittal, infatti, porterà pure alla riassunzione di 10.700 operai tra Taranto e le altri sedi nazionali, ma non cancella la situazione ambientale e le sue ricadute sulla salute di operai e cittadini tarantini.

Le incongruenze nelle dichiarazioni del ministro

Il Ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio aveva già ammesso, nella conferenza stampa di fine luglio, a proposito del piano ambientale approvato dal governo Gentiloni, che «tutto quello che c’è di migliorativo avviene sopra gli 8 milioni di tonnellate, perché si è detto a questa azienda: “sotto gli 8 milioni di tonnellate potete continuare a produrre con il ciclo produttivo che c’è già in atto”».

https://www.facebook.com/LuigiDiMaio/videos/1831260996910438/

Ma, nella sua dichiarazione ad accordo appena siglato, ha poi annunciato: «è stato ottenuto che l’aumento della produzione di acciaio oltre 6 milioni di tonnellate annue sia condizionato alla dimostrazione da parte dell’azienda – documentata al Ministero dell’Ambiente – che le emissioni complessive di polveri dell’impianto non superino i livelli collegati alla produzione a 6 milioni. In conformità ai limiti che pone l’ARPA Puglia». Un concetto ribadito dal Ministro dell’Ambiente Sergio Costa.: «In sostanza, le emissioni certificate con una produzione a 6 milioni di tonnellate non potranno essere mai e in nessun caso superate».

In realtà già nell’addendum, legato all’accordo sindacale, si parla chiaramente di 8 milioni di tonnellate e di come affrontare l’aumento di produzione.

FONTE: Nota Addendum al Contratto Ilva Amministrazione straordinaria – Arcelor Mittal

Il j’accuse dell’ex direttore Arpa Puglia

«Passare da 6 a 8 milioni senza aumento di emissioni è evidentemente una cosa impossibile. Chi ha informato Di Maio gli ha fatto pronunciare una scorrettezza» ribadisce a Valori, Giorgio Assennato, epidemiologo, medico del lavoro ed ex direttore di Arpa Puglia. «Quello che c’è scritto nell’addendum è altro: il confronto sarà fatto tra le concentrazioni di quando la produzione sarà a 8 milioni e i limiti autorizzati del piano ambientale approvati con il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 29 settembre 2017. Limiti che sono già altissimi».

Assennato, peraltro, rileva un’altra grave incongruenza. «Il piano ambientale va modificato perché non contempla un uso adeguato della valutazione di impatto sanitario». Mentre bisognerebbe intervenire in prevenzione. 

Prosegue il j’accuse di Assennato: «Bisogna decidere se il rischio sanitario è accettabile. Ma così come scritto nell’addendum non c’è nessuna garanzia che ciò avvenga, perché i termini stabiliti dal decreto del 24 aprile 2013, sulla valutazione di danno sanitario, si riferiscono solo su un’analisi ex post, su una popolazione, quindi, già esposta alle emissioni. Mentre oggi bisognerebbe fare una valutazione del rischio sanitario preventiva, basata sulle previsioni di esposizione dei lavoratori e dei cittadini di Taranto, in base alla produzione prevista di 8 milioni di tonnellate e stabilire se è accettabile o no».

Questo vuol dire che, stando così le cose, non verrà valutato preventivamente nessun impatto sanitario sulla popolazione anche con il raddoppio delle produzione, diversamente da quanto assicurato dai ministri Costa e Di Maio.

Il buco nero delle emissioni “non convogliate”

Tra l’altro, il calcolo su cui si basa la denuncia di Peacelink prende in considerazione solo le emissioni convogliate (cioè quelle che fuoriescono dai camini e dalle ciminiere). «Arcelormittal non dichiara quanto vuole tagliare le emissioni non convogliate, come quelle delle cokerie, che sono le più pericolose» precisa Marescotti.

Eppure, secondo i dati provenienti dai documenti ufficiali della stessa ILVA, rielaborati da Valori le emissioni non convogliate, cioè quelle che non sono emesse dalle ciminiere, ma dalle immense aree a caldo, le cokerie, i parchi minerari mai coperti, secondo le stime indicate, sono almeno 10 volte di più di quelle emesse dai camini.

 

A fronte di 4,8 milioni di tonnellate di acciaio prodotte nel 2017 sono state rilasciate in atmosfera 37,48 tonnellate di polveri convogliate e secondo le stime di Ilva, almeno 370,86 tonnellate di emissioni e polveri contenenti anche benzo(a)pirene e Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), acido solfridico biossido di zolfo, provenienti dalle aree a caldo, dalle cokerie, dall’erosione del vento sui parchi minerari che costringe in casa la popolazione, nelle giornate di “Wind day”. Giorni cioè nei quali il vento spira su Taranto con direzione proveniente dai quadranti Nord e Ovest a una velocitàmaggiore di 7 metri al secondo. Sono le giornate della morte: in loro corrispondenza infatti è già stata accertata un aumento della mortalità per cause cardiovascolari, cardiache, e respiratoria.

ILVA emissioni nocive
Da dove provengono le PM10 di Taranto. FONTE: Ministero dell’Ambiente

Urge valutazione preventiva del danno sanitario

«Per questo vogliamo una valutazione danno sanitario preventiva» chiede Massimo Moretti, avvocato di Legambiente e dei cittadini residenti al quartiere Tamburi, il più esposto alle polveri e alle emissioni. «La produzione a ciclo continuo non deve essere superiore a sei milioni di tonnellate/anno anche dopo la realizzazione delle opere prescritte nell’AIA (Autorizzazione integrata ambientale) e nel decreto della Presidenza del Consiglio del 29.9.17. Dobbiamo dei risarcimenti ai cittadini di Taranto e alla città. E poi bonifiche, subito, bene, senza omissioni, con trasparenza di chi è delegato a farle».

«Abbiamo chiesto ai ministeri dell’Ambiente, della Salute e dello Sviluppo economico, di calcolare quale può essere l’impatto sanitario dell’incremento della produzione, di quella attuale non solo a regime ma dell’Ilva di oggi. Nessuno è stato in grado di rispondere» conclude Marescotti. «Soprattutto abbiamo il ragionevole presentimento che il mantenimento dell’immunità penale ai nuovi acquirenti serva a coprire i danni che tutta questa operazione al buio potrebbe provocare».