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Ilva e le sue sorelle: nei siti contaminati, la mortalità sale del 5%

L'Istituto Superiore di Sanità denuncia: nelle aree da bonificare, 12mila morti in più del previsto. Tumori in netto aumento. Bambini e giovani i più colpiti

“La maggior parte dei 115 miliardi di spesa sanitaria nazionale è destinata all’assistenza, solo il 3% alla prevenzione. Dobbiamo invertire la tendenza e intervenire sui determinanti di salute, come l’ambiente. E serve istituire un sistema nazionale di sorveglianza sanitaria. È essenziale per migliorare la qualità della vita delle popolazione che vivono sui siti contaminati, a partire dai bambini”.

Un’indagine imponente

A confermarlo a Valori è Aldo Di Benedetto, dirigente della Direzione Prevenzione Primaria del Ministero della Salute, a margine dell’anticipazione dei dati sanitari del quinto rapporto “Sentieri”. Lo Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento viene redatto dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con la rete nazione dei Registri Tumori (AIRTUM) e per la prima volta, quelle dei Registri delle malattie congenite, insieme all’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR. Un nuovo piano per “un sistema permanente di sorveglianza epidemiologica nei siti contaminati” presentato a Roma.

58 bombe ecologiche e sanitarie

Sono 58 i siti di interesse nazionale e regionale. L’ultimo ad essere inserito, in ordine di tempo, è l’Officina Grandi Riparazioni ETR di Bologna. La supervisione per la bonifica, per 40 di essi, spetta al Ministero dell’Ambiente. Gli altri 18 sono passati in carico alle singole Regioni. Ma le bonifiche nella maggior parte dei casi restano tutt’oggi ancora irrealizzate. Ostacoli pesanti come macigni sull’ambiente e la salute di milioni di italiani. Unica voce positiva riguarda Casale Monferrato che sarà libera dall’amianto entro il 2020.

Aree industriali dismesse come la Caffaro di Brescia, o in attività come Ilva di Taranto e il Polo Chimico di Mantova, il petrolchimico di Gela e di AugustaPriolo e quello di Brindisi, attendono ancora di essere ripristinate. Ma anche intere valli come il bacino del Fiume Sacco tra Frosinone e Roma o la laguna di Orbetello e la Campania della “Terra dei Fuochi”. Ad esse si aggiungono migliaia di ex-stabilimenti produttivi, discariche di rifiuti speciali e urbani, impianti di estrazione dei combustibili e raffinazione disseminati in tutto lo stivale.

12mila morti in più del previsto in 8 anni

E che ci sia bisogno di questa inversione, lo dicono, purtroppo, i dati epidemiologici anticipati dagli esperti del nuovo dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, guidati da Pietro Comba, dirigente di ricerca dell’ISS e coordinatore del rapporto.

“Nell’arco di otto anni abbiamo avuto circa 12mila decessi in più, tra le popolazioni dei 45 Siti di Interesse Nazionale, presi in esame. In particolare per tumori ma anche per malattie cardiocircolatorie”, conferma Comba a Valori. Per la precisione, in un periodo compreso tra il 2006 e il 2013, l’eccesso di mortalità è stato pari a 11.992 persone. Di questi decessi, 5.285 sono legati a tumori e 3.632 a malattie dell’apparato cardiocircolatorio.

Un danno alla salute, afferma Comba, che si traduce in malattia e morte con un incremento di mortalità complessivo che va dal 4% al 5% rispetto all’atteso. “Dobbiamo ricordare che i dati epidemiologici per ognuno dei 45 siti contaminati presi in esame, andranno letti attentamente, tenendo conto quali sono gli inquinanti per ognuno dei siti”.

Dio salvi l’epidemiologia

Fattori che devono essere la guida, a livello nazionale, regionale e locale per gli interventi ambientali, messa in sicurezze e bonifiche, fermi da troppo tempo. “I dati ci dicono dal punto di vista della salute umana, qual è la via di azione più verosimile delle sostanze inquinanti e quali sono gli interventi necessari e le priorità di bonifica” conferma il dirigente di ricerca dell’ISS. “Se conviene impiegare le risorse disponibili soprattutto per migliorare la qualità dell’acqua, se bisogna intervenire sulla limitazione all’uso di prodotti alimentari locali agricoli e della pesca, sulla messa in sicurezza dei siti contenenti amianto”.

L’istituzione di un sistema nazionale di sorveglianza sanitaria permette, quindi, anche di cogliere i miglioramenti o i peggioramenti della salute dei cittadini, nelle aree industriali, dismesse o attive. “Così è accaduto a Brescia e Mantova dove si cominciano a registrare lievi miglioramenti sia dall’analisi epidemiologica sia dal biomonitoraggio sulle popolazione residenti”. Ma, ancora una volta, il divario tra Nord, dove sono anche concentrati i centri di cura, e il Sud, si fa evidente. “Nel nostro Mezzogiorno gli interventi di risanamento ambientale sono stati molto meno incisivi” denuncia Comba. “Gli indicatori di salute continuano a mostrare delle situazioni di grave compromissione. Come a Taranto e nelle aree dei petrolchimici di Gela e Augusta – Priolo”.

Un’ipoteca di morte sulle nuove generazioni

Da qui emerge il dato più drammatico che richiede “un’attentissima e doverosa vigilanza sanitaria”.

Sono i bambini, gli adolescenti e i giovani da 0 a 29 anni a pagare in termini di salute il prezzo drammatico dell’inquinamento.

Conferma Comba, infatti, che l’aumento di malattie congenite, acute e tumori rari nella fascia di popolazione più giovane, monitorato dal registro delle malformazioni congenite e di AIRTUM, sono il campanello di allarme per tutte le comunità coinvolte. “Dobbiamo agire per tutelare le generazioni nuove e future. Anche se la qualità delle cure e procedure terapeutiche è migliorata, dati i brevi tempi di latenza, a differenza dall’adulto, lì dove permangono questi segnali, abbiamo indicazione di rischio ambientale tuttora operanti. Questo ci fa capire che ci sono fonti inquinanti che vanno bloccate ed eliminate immediatamente”.

+8% il rischio ospedalizzazione…

I dati sui bambini e ragazzi residenti nei 45 siti oggetto di monitoraggio sono davvero allarmanti. ”Abbiamo analizzato con due differenti indagini sia l’incidenza neoplastica nei giovani, sia il rischio di ospedalizzazione per malattie fortunatamente a bassa letalità, come le malattie respiratorie acute e l’asma” spiega Ivano Iavarone, primo ricercatore Iss e direttore del centro collaborativo OMS Ambiente e salute nei siti contaminati. “I risultati preliminari dicono che c’è un aumento del rischio dell’8% di ospedalizzazioni per tutte le cause di origine naturale e un aumento del 3% nel primo anno di vita per condizioni morbose di origine perinatale, cioè di malattie congenite. Con un aumento che va dall’8% al 16% per malattie respiratorie acute e per asma”.

…e i tumori maligni crescono del 9%

L’indagine parallela ha riguardato l’incidenza dei tumori infantili per le giovani generazioni che vivono su 28 siti sui 45 oggetto dello studio Sentieri, coperti dai registri tumori della rete nazionale AIRTUM dal 2006 al 2013. “Abbiamo evidenziato per la prima volta un aumento dei rischio di incidenza per i bambini di leucemie mieloidi acute e linfomi non hodgkin come anche un aumento di rischio per il sarcoma dei tessuti molli e per i tumori del testicolo per i ragazzi tra i 20 – 29 anni”. I dati forniti parlano di un aumento di un aumento di tumori maligni del 9% tra 0 e 24 anni.

In particolare “l’eccesso di incidenza” rispetto a coetanei che vivono in zone considerate ‘non a rischio’ è del 62% per i sarcomi dei tessuti molli, 66% per le leucemie mieloidi acute; 50% per i linfomi Non-Hodgkin.

“Sono dati complessivi, mentre già sono stati prodotti e verranno diffusi nei prossimi mesi i dati specifici per i singoli siti. In questo modo possiamo andare ad individuare possibili cause rispetto alle sorgenti di contaminazione e al tipo”. I dati che verranno pubblicati da Epidemiologia e Prevenzione, http://www.epiprev.it/ la rivista dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, dopo l’estate e presentati alle varie popolazioni.

Sorveglianza continua

L’unica ma importante “buona notizia” è che l’attività di ricerca sulla salute di bambini e ragazzi all’interno del Dipartimento Ambiente e Salute dell’ISS si traduce finalmente in attività di sorveglianza epidemiologica continua.

Una piccola, grande rivoluzione, a differenza del passato, in cui si è temuto per il finanziamento alle stesse ricerche, come bene sanno i ricercatori. Il progetto Sentieri è stato adottato e finanziato come Azione Centrale” con finalità di sanità pubblica. “Sono azioni che vengono scelte dall’autorità sanitarie perchè rientrano nell’ambito di prospettiva di riorganizzazione del sistema e che devono dare impulso a quelle attività in grado di migliorare il sistema nazionale sanitario” spiega Di Benedetto.

Lo scopo di Sentieri è quello infatti di produrre delle raccomandazioni che vanno impugnate dai decisori, dalla politica, così come è già successo in passato con l’ex ministro della Salute Renato Balduzzi, che rese noti i dati del Rapporto Sentieri su Taranto nel 2012. Quei dati diedero il via all’iniziativa della magistratura con l’inchiesta su Ilva e al processo Ambiente Svenduto, tutt’ora in corso.

Conclude Di Benedetto: “Il modello Sentieri anticipa quello che i decisori dovranno adottare come nuovo modello sanitario. Un sistema fondato sulla prevenzione che fa risparmiare, e abbatta il carico di malattie. Soprattutto quelle legate all’impatto dell’inquinamento ambientale, per favorire il miglior benessere della popolazione. È quello che si aspetta la popolazione. Ma è quello che dovrebbe prevedere la politica per assumere decisioni importanti per quanto riguarda l’economia nazionale”.