Una “Covid-tax” oltre gli 80mila euro? Colpirebbe l’1,95% dei contribuenti
La proposta di un "contributo di solidarietà" per chi guadagna oltre €80mila ha creato sconcerto. Ma dimostra che pochi conoscono la realtà dei redditi italiani
Problema: quanti sono i contribuenti che in Italia hanno un reddito superiore a 80mila euro? La risposta è facile facile, anche perché i dati sono pubblici. Un qualsiasi adolescente con un briciolo di dimestichezza con qualsiasi motore di ricerca riuscirebbe a scoprirlo. La risposta dettagliata ad ogni modo ve la forniamo noi, fra poche righe. Ma è doveroso un passo indietro.
La soglia minima di 80mila euro è quella sulla quale il gruppo parlamentare Pd della Camera dei deputati ha proposto di applicare un contributo di solidarietà biennale (subito giornalisticamente ribattezzato “covid tax”) per avere 1,25 miliardi di euro da redistribuire poi alle fasce più deboli della popolazione, quelle ancora più penalizzare dalla recessione prodotta dall’emergenza coronavirus.
L’ipotesi ha totalizzato un record: ad eccezione degli esponenti di Liberi e Uguali, tutto il restante arco parlamentare si è unito in una immediata alzata di scudi.
#Coronavirus, caos su '#CovidTax'https://t.co/G4O2rj0405 pic.twitter.com/OrnlOfNzMJ
— Adnkronos (@Adnkronos) April 10, 2020
Tra accuse di patrimoniale e di “furto” dalle tasche degli italiani
Qualche esempio tra i tanti che hanno riempito comunicati stampa e lanci social:
- «Le tasse vanno diminuite, non aumentate. Parlare di patrimoniale per chi guadagna 3.500€ al mese è assurdo. Si pensi a riaprire in sicurezza, non a spennare gli onesti. Impressiona la mutazione genetica del Pd, sempre più partito delle tasse» (Davide Faraone – Italia Viva).
-
«La patrimoniale sarebbe un disastro. Come sempre la sinistra sa proporre solo nuove tasse, che sono il contrario di quello di cui oggi il Paese ha bisogno. Dobbiamo fare esattamente l’opposto, far circolare liquidità anche per far ripartire i consumi» (Silvio Berlusconi – Forza Italia).
La patrimoniale sarebbe un disastro. Come sempre la sinistra sa proporre solo nuove tasse, che sono il contrario di quello di cui oggi il Paese ha bisogno. Dobbiamo fare esattamente l’opposto, far circolare liquidità anche per far ripartire i consumi. pic.twitter.com/ZWc72IfWSJ
— Silvio Berlusconi (@berlusconi) April 10, 2020
-
«Il “contributo di solidarietà”, un bel nome per nascondere una colossale fregatura: la patrimoniale. Per noi è un furto e lo impediremo con ogni mezzo». (Giorgia Meloni – Fratelli d’Italia).
-
«Sì Mes, No Tav, Covid Tax sugli stipendi, patrimoniale su casa e risparmi in banca. Questi sono matti! Anzi, rispetto per i matti, questi sono pericolosi e anti-italiani» (Matteo Salvini – Lega).
-
«Siamo stati sempre contrari alla patrimoniale. Oltretutto in questo caso per recuperare un miliardo di euro: per le cifre di cui si parla, nella battaglia anti Covid19, siamo veramente a una cifra poco considerevole. Non è questo il momento di mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Piuttosto, chi ha di più e può farlo doni alla Protezione civile« (Laura Castelli – viceministro dell’Economia – Movimento 5 Stelle).
I dati del Dipartimento Finanze
Potremmo disquisire sull’erronea assimilazione tra imposta sul reddito e imposta sul patrimonio (chi ha 80mila euro di patrimonio è ben diverso da chi possiede 80mila euro di redditi). Ma sorvoliamo e concentriamoci a questo punto sulla risposta alla domanda fatta all’inizio. A rivelarlo sono i dati (pubblici) del Dipartimento Finanze del MEF: i contribuenti “colpiti” dal contributo di solidarietà sarebbero 803.741 su un totale di oltre 41 milioni. Ovvero: l’1,95%.
Più del 98% degli italiani non sarebbe quindi coinvolto dalla tassa.
La proposta Pd prevede inoltre una progressività nell’applicazione dell’eventuale imposta:
- 4% per i redditi superiori a 80mila euro
- 5% per i redditi superiori a 100mila euro
- 6% per i redditi superiori a 300mila euro
- 7% per i redditi superiori a 500mila euro
-
8% per i redditi superiori a 1 milione di euro.
In pratica, chi guadagna esattamente 80mila euro lordi non dovrebbe versare nemmeno un euro. Chi ne guadagna 85mila (tanto per capirci: più di 7mila euro lordi al mese), verserebbe 200 euro l’anno (110 euro al netto della deducibilità) Chi ne guadagna 110mila, verrebbe gravato di 1300 euro lordi una tantum (800 euro per la quota di reddito compreso tra 80 e 100mila euro e ulteriri 500 per i 10mila euro successivi), che diverrebbero 718 euro post deduzione.
Aldilà delle legittime posizioni di chi preferisce uno Stato snello a costo di tagli al welfare, il polverone sollevato a seguito di una simile proposta evidenzia quanto meno la diffusa scarsa conoscenza di quale sia la realtà della distribuzione della redditi in Italia. Ma è anche l’occasione per fare luce su un fattore sottovalutato: la polarizzazione della ricchezza nazionale.
Secondo le analisi di Oxfam su dati Istat, mentre un italiano su 5 è a rischio povertà, i 21 concittadini multimiliardari indicati nella classifica Forbes detenevano nel 2018 la stessa ricchezza del 20% più povera della popolazione.
È almeno dal 2000 che la forbice dell’iniquità si va allargando. Da allora in Italia, mentre il 50% dei più poveri ha continuato a veder scendere la propria ricchezza, il 10% più ricco a cominciare dal 2007 (anno della prima crisi) l’ha sempre vista aumentare, a parte alcuni anni di calo.
Ad ogni modo, i dati del Dipartimento Finanze e dell’Istat permettono di fare in modo molto semplice un test piuttosto eloquente: inserendo il proprio reddito lordo si scopre la propria posizione della classifica nazionale dei contribuenti. Qualche esempio? Chi guadagna 80mila euro ha appena 803mila italiani più ricchi di lui (pari appunto all’1,95%). Ma bastano 55mila euro per essere nel top 5% dei contribuenti. E con 30mila si rimarrebbe comunque nel 20% più ricco. Si deve scendere molto di più per essere nella parte bassa della classifica. Chi dichiara 16.700 euro è infatti esattamente a metà strada, con il 50% di contribuenti più facoltosi di lui e con il restante 50% più povero.