Fare business. A quale costo?
C'è grossa crisi, la rubrica di Andrea Baranes che vi spiega perché dovete interessarvi di finanza. Prima che la finanza si interessi di voi
Avete un’impresa e volete informarvi su quali siano i Paesi nei quali è più semplice stabilire una filiale o fare affari? Lo strumento per voi è il Doing Business Report della Banca Mondiale. Una ricerca che monitora, per ogni Paese, una pluralità di parametri: facilità nell’avviare un’impresa, accesso al credito, forniture elettriche, commercio estero, rispetto dei contratti, risoluzione delle dispute e altri ancora.
Uno strumento divenuto negli anni un punto di riferimento per la comunità internazionale. E oggetto nel contempo di fortissime critiche. Si, perché la metodologia e i criteri per definire quanto le nazioni incoraggino gli affari vanno in una direzione ben precisa. Secondo i critici, il rapporto premierebbe i governi che spingono verso una deregolamentazione delle normative sul lavoro; un indebolimento degli standard sociali e ambientali; politiche fiscali “compiacenti”.
È quanto si legge in una lettera indirizzata a marzo 2021 ai Direttori Esecutivi della Banca Mondiale e firmata da oltre 300 accademici e organizzazioni della società civile di tutto il mondo, che chiedono esplicitamente di chiudere le pubblicazioni del rapporto.
Citando un passaggio della lettera: “Mentre il mondo lotta per rispondere e riprendersi dalla crisi sanitaria ed economica innescata dalla pandemia Covid-19, le conseguenze della corsa al ribasso sulle regole incentivata dal Doing Business Report e dalle sue classifiche mondiali sono diventate dolorosamente evidenti. Per troppo tempo, il Doing Business Report ha incoraggiato politiche che hanno peggiorato le disuguaglianze – comprese le deregolamentazioni che hanno esacerbato le divisioni di genere e razziali del lavoro – hanno eroso le protezioni del lavoro e la capacità di mobilitazione delle risorse interne, hanno soppresso la domanda aggregata interna e la diversificazione economica e quindi messo a dura prova la legittimità delle istituzioni statali”.
Ciliegina sulla torta, alcuni firmatari della lettera segnalano come la pubblicazione del rapporto 2021 sia stata sospesa in seguito a uno scandalo che ha svelato una manipolazione dei dati e punteggi alterati riguardo quattro Paesi. Un’occasione per avviare una profonda riflessione e revisione di tutto il lavoro. Per chiedere alla Banca Mondiale di realizzare classifiche che premino i Paesi che più si impegnano a rispettare diritti umani e del lavoro e ambiente, non quelli che si lanciano in una vera e propria corsa verso il fondo in materia ambientale e sociale pur di diventare più attraenti per i capitali e gli investimenti privati.