I brevetti sui vaccini contro il Covid-19 devono essere eliminati? Da settimane si è sviluppato in tutto il mondo un ampio dibattito sul tema. Nato soprattutto dalla posizione assunta dall’amministrazione americana guidata da Joe Biden. Contrariamente a ciò che ci si sarebbe potuti attendere, infatti, il governo di Washington si è schierato apertamente per una sospensione dei brevetti. Ciò in ragione dell’emergenza sanitaria mondiale, della lentezza con la quale procedono le vaccinazioni (anche nei Paesi ricchi) e delle enormi difficoltà di approvvigionamento delle nazioni più povere.
Non tutti, però, condividono la posizione del presidente degli Stati Uniti. Per ragioni di ingordigia delle industrie, certamente. Ma anche, più in generale, perché c’è chi sostiene che i brevetti rappresentino un incentivo imprescindibile per la ricerca.
Valerio e Oriana – due lettori che amano informarsi e che non la pensano nello stesso modo – discutono del tema. “Aiutati” nella loro conversazione via chat da esponenti politici, del mondo associativo, della ricerca, delle organizzazioni internazionali e della redazione di Valori.it.
Oriana
Era ora! Finalmente qualcuno si è deciso a dire che bisogna eliminare i brevetti sui vaccini contro il Covid-19…
Valerio
Ho letto, ma non sono mica così convinto, sai?
Oriana
E perché? Ci sono parecchie nazioni in tutto il mondo che sono molto indietro nelle campagne di vaccinazione. Eliminando i brevetti si potrebbe consentire di produrne più facilmente e liberamente.
Valerio
Questo potrebbe essere un vantaggio nell’immediato, ma per la ricerca scientifica, per come è strutturata oggi, i brevetti rappresentano un enorme incentivo per le aziende. Come faremmo se smettessero di investire sullo studio di molecole, farmaci e vaccini? Non mi piacciono le soluzioni troppo semplicistiche.
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In realtà secondo uno studio di due economisti americani, Michael Kramer (premio Nobel nel 2019) e Christopher Snyder, esiste, un «cronico sotto-investimento» da parte dell’industria farmaceutica nella ricerca sui vaccini.
Non è un caso se nella lista di chi ha prodotto quelli contro il Covid-19 non figurano (almeno per ora) alcuni colossi del settore come Roche o Novartis. Al contrario, nomi poco noti fino a qualche mese fa sono oggi sulla bocca di tutti: è il caso di Moderna o BioNTech.
Valerio
So bene che le grandi aziende delegano la ricerca alle imprese di biotech. Sono queste ultime che si assumono i rischi e, quando ottengono un risultato concreto, il più delle volte vengono acquistate dai colossi. Le altre scompaiono. E ammetto che così i colossi accumulano ricchezza e quote di mercato. Ma si tratta di un sistema che finora ha consentito di fornire farmaci e vaccini. E soprattutto, mi spiegate qual è l’alternativa?
Vittorio Agnoletto Medico e attivista
L’alternativa esiste. Basta volerlo. Ciò che dobbiamo chiederci, oggi, è: quali strumenti hanno a disposizione gli Stati per orientare la ricerca e i settori su cui essa si concentra? Ebbene, la realtà è che non ne hanno assolutamente nessuno. È per questo che occorre porsi l’obiettivo di cambiare paradigma. E l’unico modo per farlo è creare un’azienda farmaceutica pubblica su scala europea. Ne ho scritto qui per Valori.it.
Oriana
E cosa cambierebbe, concretamente?
Vittorio Agnoletto Medico e attivista
Un simile organismo garantirebbe brevetti pubblici per tutti. Ma, soprattutto, orienterebbe la ricerca verso la tutela della salute nel suo complesso. Privilegiando la prevenzione (inclusi i vaccini) rispetto alle cure (i farmaci). Senza dimenticare che potrebbe lavorare anche su patologie che colpiscono un numero limitato di pazienti (cioè con un mercato potenziale insufficiente agli occhi delle industrie private) o che si concentrano in fasce di popolazione povere (non in grado perciò di pagare).
Oriana
Interessante. Forse però è anche arrivato il momento di pensare ad una produzione farmaceutica molto più diffusa, e anche differenziata. Con uno sviluppo della ricerca che tenga conto della diversità scientifica e delle competenze che pure esistono nel Sud del mondo.
Andrea Barolini Giornalista di Valori.it
Al di là della dislocazione dei centri di ricerca e produzione, occorre riflettere anche sul tema del diritto di proprietà intellettuale come incentivo all’innovazione farmaceutica. Un diritto di esclusiva che dura 20 anni, quando l’evoluzione della scienza è ormai sempre più veloce è probabilmente una regola ormai obsoleta.
Katherine Tai Rappresentante Usa per il Commercio
In ogni caso, la decisione mia e del presidente Joe Biden è legata al fatto che viviamo un momento straordinario, che necessita di azioni straordinarie. Detto ciò, noi crediamo nella proprietà intellettuale. Riteniamo però che nel caso del Covid-19 occorra cambiare strada. L’ho spiegato in questo comunicato
Vittorio Agnoletto Medico e attivista
La mia idea è che la pandemia attuale abbia messo in discussione il paradigma della medicina degli ultimi 50 anni, secondo il quale l’aumento dell’aspettativa di vita dipende quasi esclusivamente dallo sviluppo di nuovi medicinali. Mentre la prevenzione è ridotta ai minimi termini e gli equilibri tra la natura e gli esseri viventi sono ignorati. In futuro dovremo affrontare sempre più agenti infettivi figli di un sistema di sviluppo insostenibile e che arrivano a noi tramite zoonosi.
Serve perciò soprattutto una medicina attenta alla salute collettiva e preventiva, più che orientata quasi unicamente alla cura.
Andrea Barolini Giornalista di Valori.it
La posizione del governo americano è in ogni caso legata alla situazione specifica. La prospettiva paventata non è quella di un’eliminazione del modello basato sui brevetti, ma di uno sospensione legata proprio alla pandemia attuale.
Inoltre, alla Casa Bianca ha risposto la Federazione internazionale dell’industria farmaceutica (IFPMA). Secondo la quale «siamo totalmente in linea con gli obiettivi sui vaccini anti-Covid-19». E in particolare con la loro diffusione «rapida ed equa nel mondo». Secondo la lobby, abbandonare i brevetti sui vaccini rappresenterebbe «una falsa soluzione ad un problema complesso».
Valerio
È esattamente ciò che intendevo. Gli obiettivi sono stati sostanzialmente raggiunti. Il problema sta piuttosto nella distribuzione delle dosi e nell’organizzazione delle vaccinazioni. Insomma, perché il Canada ha a disposizione 10 dosi per abitante, gli Stati Uniti 8 e l’Unione europea soltanto 4,7?
Andrea Barolini Giornalista di Valori.it
È vero che ci sono stati problemi di organizzazione, anche da parte delle nazioni più ricche della Terra, sulle campagne di vaccinazione. Ma è vero anche che il progetto Covax, ideato dalle Nazioni Unite per garantire dosi ai Paesi poveri, è drammaticamente in ritardo. In Sudafrica hanno a disposizione 0,7 dosi per abitante e in Senegal 0,01. E ciò principalmente per la mancanza di impegno delle nazioni ricche a favore di quelle povere.
In un comunicato del 10 maggio, le Nazioni Unite hanno spiegato che sono stati finora somministrati quasi 1,2 miliardi di vaccini. Di questi, circa la metà nei Paesi più ricchi, e solo lo 0,2% in quelli più poveri del mondo. Inoltre, i dati indicano che la distribuzione ha riguardato 122 tra nazioni e territori. Gli altri, evidentemente, ancora non hanno ricevuto nulla.
Esiste un problema logistico, dunque, ma anche un problema finanziario, di capacità di acquisto e di accesso al mercato da parte delle nazioni meno abbienti.
Valerio
In ogni caso anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si è espresso in modo molto prudente sulla questione dei brevetti. «Non crediamo – ha spiegato – che sospendere i diritti di proprietà intellettuale rappresenti una bacchetta magica. Ma siamo pronti a negoziare sul tema, non appena ci sarà una proposta concreta sul tavolo».
Oriana
Ma, appunto! Se si liberassero i vaccini dai brevetti, questi diventerebbero di fatto dei beni comuni mondiali. La quantità disponibile e i prezzi non possono essere lasciati a discrezione di tre o quattro laboratori privati.
Valerio
Tieni presente che Stéphane Bancel, amministratore delegato di Moderna, ha spiegato a chiare lettere che la proposta di Biden non gli ha fatto perdere «neanche un minuto di sonno». E lo sai perché? Perché Bancel sa che liberare i brevetti non permetterebbe di produrre più dosi. Ciò in quanto nel mondo manca la capacità di produzione, mancano le materie prime e manca il personale qualificato per farlo. Non basta avere una buona ricetta per fare un buon piatto: servono i cuochi e serve una cucina adatta!
Oriana
Mah, quello che Big Pharma descrive come impossibile in realtà è stato fatto. Nell’estate del 2020 Moderna era ancora una piccola start-up senza capacità di produzione. Ho letto un articolo del mensile francese Alternatives Economiques nel quale si spiega che la società si è rivolta all’azienda svizzera Lonza, che ha adibito due delle sue fabbriche alla produzione di RNA messaggero. Due mesi dopo sono state prodotte le prime dosi. Solo due mesi! E a fine dicembre ne hanno sfornati 20 milioni. Se ci sono riuscite Moderna o Pfizer, perché non potrebbero farlo anche altri?
I nostri esperti hanno realizzato uno studio nel quale dimostrano che si possono creare unità di produzione sterili, di tipo ISO Classe 7, in meno di tre mesi. E se si vuole una protezione massima, ISO Classe 5, basterebbero meno di sei mesi. Ciò significa che, senza la spada di Damocle dei brevetti, dei siti produttivi possono essere operativi già ad ottobre.
In questo video spieghiamo il modello di accesso globale ai vaccini che abbiamo in mente.
È la stessa argomentazione che è stata utilizzata quando si trattò di produrre farmaci antiretrovirali contro l’Aids. E si rivelò falsa. Lo spiego in questo mio studio.
Oriana
Interessante in effetti guardare al passato: non esistono esempi di casi precedenti, che possano aiutarci a capire se oggi le proposte avanzate siano o meno realizzabili?
Un esempio interessante risale alla Seconda guerra mondiale. Per consentire di produrre un quantitativo sufficiente di penicillina, il governo americano impose di condividere anche il know-how.
Oriana
Anche il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz ha spiegato che diffondendo le conoscenze si potrebbe risolvere il problema della mancanza di vaccini. È sulla base di questo principio che nazioni come India e Sudafrica hanno alzato la posta. Chiedendo che la sospensione dei brevetti non riguardi solo i vaccini ma anche i farmaci e gli strumenti diagnostici.
Vittorio Agnoletto Medico e attivista
Va detto che tutto ciò dovrà comunque essere discusso all’interno dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. La mia previsione che alla fine si arriverà ad un compromesso.
I giorni e le settimane prossime saranno fondamentali. Perché non è indifferente il quando ci si arriverà. Il tempo è vitale, nel senso reale della parola: è vite umane. Un conto è se si arriva ad un accordo soddisfacente tra due settimane, un conto è se esso arriva tra sei mesi. Quante morti in più avremo in questo secondo caso?
Valerio
In ogni caso temo che liberare i vaccini dai brevetti possa frenare la ricerca. E quindi aumentare quel numero di morti, in futuro. Perché infatti un laboratorio privato dovrebbe investire?
Andrea Barolini Giornalista di Valori.it
La tecnologia RNA messaggero è stata messa a punto dall’università della Pennsylvania, ed è stata poi sfruttata tramite brevetto da una biotech del Wisconsin. Mentre la proteina “spike” che permette ai vaccini di essere efficaci è figlia dei lavoro dell’università del Texas e dei National Institutes of Health. Parliamo di una ricerca pubblica gratuita, con una licenza di uso di poche settimane. Se possiamo immunizzarci, insomma, lo dobbiamo in gran parte alla ricerca pubblica.
Oriana
Big Pharma investe molto poco nella ricerca. Lo ha mostrato chiaramente la deputata democratica americana Katie Porter, in un’audizione nel corso della quale ha messo pubblicamente in grande difficoltà Richard A. Gonzales, dirigente della società farmaceutica AbbVie. La distanza tra quanto speso per R&D e quanto, ad esempio, concesso agli azionisti sotto forma di dividenti è abissale e inaccettabile.
Valerio
Al di là delle scelte aziendali, non si può dimenticare che c’è anche un problema di materie prime necessarie per la produzione.
Oriana
Ma in questo caso si tratta, anche e soprattutto, di scelte politiche. L’India fabbrica ad esempio due vaccini. Il Covishield, sulla base della formula di AstraZeneca, e il Covaxin. Ma per entrambi mancano le materie prime e non a caso l’amministratore delegato del Serum Institute of India, Adar Poonawalla, ha chiesto espressamente a Joe Biden di porre fine all’embargo americano sulle esportazioni delle componenti di base.
Andrea Barolini Giornalista di Valori.it
Alla richiesta di Poonawalla la Casa Bianca si è limitata a rispondere negando l’esistenza di un embargo sulle esportazioni di materie prime.
Oriana
Forse ci vorrebbe un po’ più di coerenza. Inoltre, quando si parla di brevetti è bene ricordare che essi sono solo una tipologia della proprietà intellettuale. Ci sono anche i dati, il know-how di cui abbiamo parlato, i trade secrets… Se si vogliono cambiare realmente le cose occorre un approccio complessivo.
Valerio
O semplicemente aspettare. Io rimango fiducioso nel sistema attuale. Non mi avete convinto 🙂
Oriana
E io invece penso che sia possibile migliorarlo. Anche io rimango della mia opinione 🙂
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