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Il popolo Mura a Roma: «Aiutateci: stanno facendo sparire la nostra Amazzonia»

Jeremias dos Santos, rappresentante del popolo Mura, al Sinodo in Vaticano descrive come gli appetiti di allevatori e imprese minerarie stanno annientando la sua gente

José Rocha
José Rocha
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«L’estrazione mineraria e la deforestazione stanno distruggendo la nostra terra. Un esempio su tutti? La ‘Potassio do Brasil‘, un’azienda canadese che sta estraendo il minerale che giace sotto alla nostra terra». Chi parla è Jeremias Oliveira dos Santos, coordinatore dell’Organizzazione indigena Mura do Careiro da Várzea (Olimcv). Jeremias è l’unico leader del popolo Mura a far parte del gruppo intervenuto al Sinodo Speciale sull’Amazzonia, dal 4 al 15 di ottobre a Roma e protagonista di un incontro a Milano organizzato dalla FIOM Cgil il 14 ottobre.

Popolo Mura Brasile Amazzonia
Una manifestazione del popolo Mura in difesa dell’integrità del proprio territorio nella foresta Amazzonica brasiliana minacciata dai crescenti incendi.

Una terra che scompare sotto gli occhi

Per ottenere aderenti alla causa della conservazione delle foreste, i Mura, attraverso le loro organizzazioni, hanno messo in piedi una campagna, “Povo Mura: Nenhum Direito a Menos” (Popolo Mura: Nessun Diritto in Meno). Il loro scopo: rafforzare la lotta in difesa dei loro diritti e della delimitazione delle loro terre.

Le loro testimonianze sulle condizioni in cui l’avidità umana sta man mano riducendo l’Amazzonia sono colpi al cuore. «Dalla canoa che scivola attraverso le acque del fiume Sissaíma, tra i villaggi Sissaíma e Jaboti, nel comune di Carreiro da Várzea (AM), possiamo vedere una vasta area deforestata. In un lungo tratto la foresta ha perso gran parte della sua copertura. Grandi alberi secolari sono stati abbattuti per lasciare posto ai pascoli».

Gli allevatori confidano in Bolsonaro

Sissaíma è stata dichiarata terra indigena nel 2012, con un’estensione di 8.780 ettari. Gli indigeni affermano che quest’anno la deforestazione è aumentata molto. Secondo il tuxaua (capo tribù) del villaggio Sissaíma, Oseias dos Santos Cordeiro, gli allevatori di bestiame da molto tempo cercano di occupare l’area, ma nei primi mesi del 2019 sono avanzati molto più che negli anni precedenti. «Contano sul presidente Bolsonaro», afferma Oseias.

Il territorio dei Mura nei comuni di Careiro da Várzea e Autazes è stato drasticamente ridotto. Con il sostegno di autorità e politici di Amazonas, piccoli proprietari terrieri andarono insediandosi in tutta la regione, spingendo gli abitanti dei villaggi in piccole isole. Tra il 2015 e il 2016 il Governo Federale ha emesso le Ordinanze Dichiarative delle terre Sissaíma, Ponciano e Murutinga / Tracajá. Queste includono un gran numero di piccoli proprietari incoraggiati ad allevare bufali – grandi animali che entrano nelle piantagioni indigene e inquinano fiumi e torrenti, distruggendo i vivai di pesci – principale fonte di alimentazione per gli indigeni.

Inerzia governativa e collusioni con i latifondisti

Le denunce fatte dagli indigeni riguardo la distruzione si accumulano nella Procura Federale (MPF), l’unica istituzione in cui gli indigeni ripongono le loro speranze di fronte a tale inerzia governativa. «Non serve denunciare all’Ibama (Instituto Nacional de Meio Ambiente Recursos Naturais Renováveis) e alla Funai (Fundação Nacional do Índio). Quando riferiamo all’Ibama, subito i proprietari vengono a saperlo», dice un leader del popolo Mura che chiede di non essere identificato.

Molte di queste denunce presentate al Serviço di Atendimento ao Cidadão del MPF riguardano minacce di morte da parte di abusivi e piccoli proprietari terrieri contro gli indigeni. Ben cinque casi di minacce di morte sono stati denunciati all’MPF nei primi otto mesi di quest’anno.

«Abbiamo la speranza che, a causa delle denunce portate al Sinodo a Roma, il movimento in difesa dell’Amazzonia acquisirà maggiore forza», afferma Jeremias. «Il Governo dice che siamo un intralcio al progresso, ma noi vogliamo acqua potabile, terra per coltivare i nostri campi, questo è progresso».


*Traduzione a cura di Glenda Martins e Maria Cardoso Senatore