Anna Fasano neo presidente di Banca Etica: «Penserò a giovani, ambiente e periferie sociali»

La prima presidente donna della banca vuole dimostrare che una leadership al femminile migliora la performance. Ambiente e immigrazione sono delle priorità

La neo presidente di Banca Etica Anna Fasano. A destra il suo predecessore Ugo Biggeri

«Vorrei usare questi 3 anni da presidente per fare un esperimento: vorrei verificare se sia vero che, come sostengono molti studi, realtà economiche guidate da donne ottengono migliori performance». Si è posta un obiettivo ambizioso la neo-presidente di Banca Etica. Anna Fasano. Componente del Consiglio di Amministrazione dell’istituto dal 2010, vicepresidente dal 2016, è stata eletta presidente il 18 maggio scorso.

Oltre alla neo presidente, il nuovo Cda è composto da Andrea Baranes, Andrea Di Stefano, Marina Galati, Raffaele Izzo, Adriana Lamberto Floristan, Giacinto Palladino, Pedro Sasia, Aldo Soldi, Marco Carlizzi, Elisa Bacciotti, Arola Farré Torras, Lino Sbraccia.

Il nuovo Cda di Banca etica, eletto il 18 maggio 2019

Quali saranno le priorità del vostro mandato?

Di certo continueremo il percorso avviato dal precedente Cda, di cui facevo parte anch’io, descritto nel piano strategico. Quindi continueremo a concentrarci, anzi lo faremo con sempre più intensità, sul posizionamento internazionale, con la Spagna naturalmente. Un’altra priorità a cui diamo grande attenzione è la partecipazione dei soci.

Poi c’è il tema dell‘economia circolare e in generale l’impegno per la tutela dell’ambiente, fondamentale per Banca Etica. Favorire, in particolare con i finanziamenti, l’economia circolare è primo passo per sostenere scelte di soggetti, profit e non, verso la tutela dell’ambiente.

Un altro aspetto che mi sta molto a cuore sono i giovani: sono un obiettivo centrale per la banca, non solo e non tanto per fornire loro strumenti finanziari, ma soprattutto per coinvolgerli, costruire con loro percorsi di confronto con la banca. Non voglio certo insegnare ai giovani cosa sia la finanza etica, ma comunicare, condividere contenuti. Sono una risorsa preziosa, sono il nostro futuro.

Infine c’è il tema delle periferie, non intese in senso geografico, ma economico e sociale: sono tutti quelli “luoghi” che non permettono l’inclusione finanziaria. La società di oggi e il mondo bancario hanno creato periferie sociali, hanno escluso dai finanziamenti persone che prima avevano accesso al credito.

L’inclusione finanziaria è uno dei primi passi per l’inclusione sociale

Su grandi temi di attualità come l’ambiente e l’immigrazione, Banca Etica può fare e farà qualcosa?

Come ho detto l’ambiente è da sempre una priorità per Banca Etica. È sempre stata attenta alla cura del creato, un’attenzione che si sviluppa all’interno e verso l’esterno. Attraverso i finanziamenti a realtà che rispettano l’ambiente, che promuovono l’economia circolare possiamo avviare circuiti virtuosi.

Ma anche il tema dell’immigrazione è centrale per la banca, ci siamo dentro al 100%. Da sempre sosteniamo Ong, che si occupano ci diritti umani, di accoglienza e di emergenza. Vogliamo creare modalità di accompagnamento per le realtà che si occupano di accoglienza, ma anche pensare come avviare inclusione finanziaria dei nuovi cittadini

Quali potenzialità ha la finanza etica oggi? Anche a livello europeo e anche alla luce dell’esito delle ultime elezioni europee?

Mi aspetto un effetto positivo di queste elezioni sulla finanza sostenibile in ambito ambientale. Sulla scia delle vittorie dei Verdi in tutta Europa (ad eccezione dell’Italia). Sono più preoccupata per l’aspetto sociale della finanza etica, l’inclusione sociale, la tutela dei diritti umani. Temi spinosi spesso trattati a latere. E oggi esclusi dal dibattito sulla finanza sostenibile a livello europeo.

Ma noi continueremo ala nostra azione per promuovere a livello europeo temi fondamentali per la finanza etica come l’eliminazione dei paradisi fiscali, l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie.

Essere la prima presidente donna porterà una visione diversa nella leadership della banca?

Certamente essere donna mi facilita nel proposito di spingere e guidare un percorso di cambiamento. In più naturalmente lo stile di leadership femminile è diverso da quello maschile. Ci viene attribuita una maggiore sensibilità sociale, non intesa come tenerezza o debolezza, ma una maggiore propensione all’ascolto e al dialogo. Credo che sia vero. Intendo lavorare su questo aspetto.

Non voglio gestire il potere con modalità maschili, tipiche anche di donne che arrivano a luoghi di potere e che hanno dovuto costruirsi una corazza anche limitando le proprie possibilità.

Un nuovo presidente e un nuovo Cda. C’è da aspettarsi qualche novità da questa squadra?

Ecco, “squadra” è la parola chiave. Mi piacerebbe molto lavorare sul fattore squadra. Non solo affiancare conoscenze e competenze diverse, ma metterle in comune, con una particolare sensibilità sociale, fattore spesso associato alle donne. Un cambio di stile che  potrebbe incidere sulla modalità di lavoro del Cda, dando vita a nuovi processi. Mettere in comune le competenze offre più possibilità e credo garantisca migliori performance. Vorrei anche individuare degli indicatori di come modelli organizzativi possano essere milgiorati da una cultura collaborativa.

E questo nuovo Cda è già ben amalgamato e affiatato: 9 persone facevano parte della stessa lista, quindi hanno già condiviso un percorso di condivisione, di creazione un “linguaggio” collaborativo. Questo ha permesso di includere fin dal primo momento anche i 4 candidati singoli che sono entrati nel Cda. E creare unicum, una squadra di 13 componenti che lavora per il bene della banca.