L’appello di ottanta economisti europei contro il pacchetto Omnibus
Ottanta economisti europei contro il pacchetto Omnibus: smantella le tutele su clima e diritti in nome della competitività
A febbraio la Commissione europea ha pubblicato una proposta per accorpare le principali direttive riguardanti la sostenibilità delle imprese e del mondo finanziario. Un percorso noto come pacchetto Omnibus. L’obiettivo dichiarato era una semplificazione, senza indebolire i contenuti. Ma, al contrario, con la proposta della Commissione europea vengono fortemente ridimensionate, se non completamente smantellate, molte delle più importanti disposizioni che erano state approvate dopo un percorso di quasi dieci anni, frutto anche dell’apporto e delle pressioni delle reti della società civile europea.
Il «disastroso» pacchetto Omnibus
Oltre 350 organizzazioni hanno scritto un posizionamento congiunto per denunciare una «disastrosa proposta Omnibus» che «fa a pezzi le tutele sui diritti umani e l’ambiente». Il 19 maggio, oltre ottanta economisti europei hanno a loro volta pubblicato un posizionamento, che si oppone in maniera molto dura alla visione e ai principi su cui si basa pacchetto Omnibus. Nell’appello, gli economisti si dicono contrari a «un modello di competizione che accetta l’esternalizzazione dei costi ambientali e sociali a spese della natura, del clima, dei lavoratori e degli altri attori lungo le catene produttive. Da un punto di vista economico, legale ed etico è inaccettabile per il pubblico, cosi come per le future generazioni, sopportare il costo ecologico e sociale dei comportamenti irresponsabili delle imprese».
Alla base, viene completamente respinta la tesi centrale del pacchetto Omnibus. Ovvero quella secondo cui le normative sulla sostenibilità di impresa potrebbero minacciare la competitività dell’economia europea. Gli economisti ricordano come i fattori che stanno portando a un calo di questa competitività sono ben altri. Un modello fondato sulle esportazioni e che è andato in crisi con i conflitti geopolitici e l’attuale guerra dei dazi promossa dagli USA. Il parallelo calo della domanda interna dovuto a una politica di bassi salari e a una mancata redistribuzione della ricchezza. Decenni di mancati investimenti in infrastrutture pubbliche a causa dei vincoli sulla spesa pubblica. Politiche industriali inadeguate in settori chiave come le energie rinnovabili o la mobilità elettrica. La mancanza di lavoratori qualificati a causa dei tagli alle spese per l’educazione e la formazione e di politiche migratorie restrittive.
Una fase cruciale nella quale fare sentire la nostra voce
L’idea di una “semplificazione” poteva avere senso. In quanto alcune direttive erano effettivamente complesse da implementare. Ma questo non può rappresentare un alibi per smantellare controlli e regolamentazione. Il posizionamento prende l’esempio di una delle principali direttive colpite dalla proposta Omnibus: la CSDDD che definisce le responsabilità delle imprese per gli impatti e le violazioni che causano con le loro attività.
Viene richiamato uno studio della London School of Economics, commissionato dalla stessa Commissione europea, secondo il quale per le imprese i costi di implementazione e rendicontazione della due diligence in materia di ambiente e diritti umani ammontano in media allo 0,009% del fatturato.
L’appello si chiude chiedendo ai decisori politici, al Consiglio, al Parlamento e alla stessa Commissione europea di correggere la rotta. E dimostrare nel concreto l’impegno sul clima, l’ambiente e i diritti umani e dei lavoratori che le stesse istituzioni dicono di volere promuovere. Si apre adesso infatti la fase di dialogo sulla proposta della Commissione. Una fase cruciale nella quale fare sentire la nostra voce e cercare di rimediare ai danni che provocherebbe l’applicazione di questa «disastrosa» proposta Omnibus. Come chiede anche da tempo, tra gli altri, la Campagna Impresa 2030.
Nessun commento finora.