Assemblea Leonardo, ecco che cosa chiederemo a Profumo e perché

Quest'anno le domande degli azionisti critici punteranno sui rischi della corruzione internazionale, sul ruolo degli intermediari e sulle loro remunerazioni

Francesco Vignarca
Francesco Vignarca
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L’Assemblea annuale di Leonardo, che si apre a Roma stamattina sotto la gestione del presidente Profumo, sarà la terza in cui il Consiglio di Amministrazione della holding militare italiana si vedrà rivolgere domande da parte di azionisti particolari. In assemblea ci saranno infatti i rappresentanti della società civile italiana, coordinati da Fondazione Finanza Etica, presenti per condurre interventi di azionariato critico.

Una holding sempre più militare

Nei due anni precedenti, le domande si erano concentrate principalmente alle scelte più generali di strategia aziendale compiute da Leonardo. Sotto la direzione di Mauro Moretti la holding – direttamente controllata dallo Stato che ne determina i vertici – aveva cambiato nome: da Finmeccanica a Leonardo, con evidente intento di rendere più “neutro” il brand, con il richiamo ad un genio italico universalmente apprezzato. Inoltre aveva in poco tempo operato una massiccia azione di dismissione dei propri settori di produzione civile (ferroviario, alta tecnologia). Con il risultato netto di una trasformazione sempre più marcata in “player” militare e confermando la propria posizione ai vertici internazionali, da anni nella “top 10”, del comparto.

Fondazione Finanza Etica e Rete Disarmo avevano sottolineato come la tipologia di sviluppo di Leonardo che andava a privilegiare il proprio comparto militare fosse in contrasto con la legge 185/90, sul controllo dell’esportazione di armamenti:

«Invece di convertire a fini civili la produzione, come previsto dall’articolo 1 della legge, Leonardo sembra essersi ormai assestata su un mix di produzione ampiamente sbilanciato sul settore militare da cui, nel 2016, ha ricavato il 64% del fatturato totale» era stata la presa di posizione in occasione dell’Assemblea 2017.

Conducendo quasi immediatamente alla sottoscrizione di contratti con Paesi autoritari e coinvolti (politicamente e per intervento in vari confitti e tensioni) nelle situazioni più “calde” del globo.

Le domande sulla corruzione internazionale

Per l’Assemblea degli Azionisti di quest’anno, anche in vista della ormai prossima pubblicazione di un report di ricerca specifico da parte di analisti internazionali, le domande inviate preventivamente all’Azienda (per ricevere risposte scritte) da parte di ReCommon e Fondazione Finanza Etica, anche a nome della Rete Italiana per il Disarmo e di CorruptionWatch, si sono invece focalizzate principalmente sul tema della corruzione internazionale legata al commercio di armamenti.

Leonardo è infatti coinvolta – o lo è stata nel recente passato – in diversi procedimenti giudiziari per corruzione, piaga che sembra essere endemica rispetto al comparto dell’industria militare (che secondo le più accreditate stime è responsabile di oltre il 40% della corruzione mondiale).

Non è un caso che nel 2016 il Consiglio Etico Norvegese abbia raccomandato alla Banca di Norvegia di chiudere i propri investimenti nell’allora Finmeccanica a causa di un “inaccettabile rischio” di rilevante corruzione.

I principali casi riguardanti la holding italiana, che ovviamente riguardano figure chiave del top management di non molti anni fa, si riferiscono a contratti con Panama, India e Corea del Sud.

Quali ripercussioni sul futuro di Leonardo?

Alcuni procedimenti sono già stati chiusi, con strascichi minori, mentre altri vedono ancora in corso tronconi rilevanti delle inchieste. In generale questi continui coinvolgimenti in presunta corruzione, oltre a sollevare questioni di natura etica anche in relazione alla specifica produzione militare, costituiscono un rischio evidente anche per le dinamiche economiche e commerciali dell’azienda. E trattandosi di una grande controllata di Stato (con un coinvolgimento azionario diretto per il Tesoro superiore al 30% e con migliaia di dipendenti) è chiaro come le preoccupazioni dovrebbero sorgere anche da parte di tutti gli azionisti ed investitori, anche quelli non spinti da motivazioni di impatto politico e sociale.

Per questo ci si augura grande attenzione, dentro e fuori l’assemblea, per le domande promosse che riguarderanno il numero di agenti e intermediari di cui Leonardo si serve per chiudere i propri contratti internazionali (oltre che la loro remunerazione e la tipologia di accordo sottoscritta), se ci siano o meno in opera strutture per favorire i whistleblowers (cioè dipendenti che riferiscono di condotte improprie e illegali da parte di strutture aziendali) oltre che richiesta di informazioni su specifiche joint-ventures internazionali.

* L’autore è coordinatore nazionale della Rete Italiana per il Disarmo