Come le banche rivendono i loro rischi
Le banche hanno trovato il modo di disfarsi di parte dei rischi associati ai prestiti, per ridurre la quantità di capitale da accantonare
Tra le normative riguardanti la sicurezza e la vigilanza bancarie, una delle più importanti riguarda i requisiti di capitale proprio. Sul totale dei prestiti erogati, statisticamente alcuni avranno dei problemi o addirittura non verranno restituiti. Le banche devono quindi mettere da parte del capitale proprio per potere fare fronte alle perdite corrispondenti, senza mettere a repentaglio i risparmi depositati dai loro clienti o peggio ancora la loro stabilità.
Per le banche, tenere bloccato questo capitale rappresenta un costo e limita il numero di prestiti che possono erogare. Per alcuni finanziamenti di lunga durata, come nel caso dei mutui, anche per decenni. Ecco allora che – come in altre situazioni – l’ingegneria finanziaria ha progressivamente sviluppato prodotti e processi che permettano di superare i limiti previsti dalle normative e liberare capitale.
La strategia più comune: le cartolarizzazioni dei prestiti
La strada principale è quella delle cartolarizzazioni. Semplificando un processo molto complesso, una banca eroga dei prestiti e poi li rivende a un soggetto terzo. Quest’ultimo crea delle obbligazioni il cui valore dipende da come va il prestito stesso. Ad esempio, la banca potrebbe vende un certo numero di mutui sulla casa a una società terza, che confeziona dei titoli che dipendono dal fatto che i mutuatari paghino regolarmente le loro rate.
In caso di problemi sui mutui, saranno gli acquirenti dei titoli a subire le perdite. Le banche si sono disfatte del rischio associato e hanno liberato il capitale proprio corrispondente. La crisi del 2007/2008 ha mostrato a tutti quali possono essere le conseguenze. Le banche concedevano mutui anche a soggetti senza reddito né garanzie (i clienti “subprime”) perché subito dopo li rivendevano a società terze che, su questi mutui, costruivano delle obbligazioni il cui rendimento dipendeva dal fatto che i mutuatari continuassero a pagare le loro rate. Quando qualcuno ha smesso di farlo, la famigerata bolla dei subprime è esplosa.
Gli strumenti finanziari con cui le banche trasferiscono i rischi a terzi
La finanza creativa però non si ferma qui. Esistono oggi anche prodotti finanziari che permettono alle banche di conservare il prestito invece di rivenderlo a terzi come nelle cartolarizzazioni, ma di disfarsi comunque di una parte del rischio associato. Questi strumenti vanno sotto il nome di Synthetic Risk Transfer o SRT. La banca vende a terzi uno strumento finanziario che presenta una caratteristica particolare: il suo valore è legato all’andamento di un pacchetto di finanziamenti erogati dalla banca stessa. Se questi prestiti e mutui vanno male e le perdite sono superiori a una certa soglia, la banca pagherà di meno chi ha comprato un SRT.
Una sorta di assicurazione quindi, ma che ha l’effetto fondamentale di consentire alla banca di ridurre la quantità di capitale proprio da tenere bloccato, visto che è meno il rischio che deve sopportare. Secondo un recente articolo, questi strumenti sono utilizzati soprattutto da alcune banche europee. Il mercato avrebbe superato i 200 miliardi di dollari e avrebbe permesso di eliminare oltre 1 miliardo di dollari di rischi dai bilanci bancari. La maggior parte dei prestiti legati agli SRT sarebbero a favore di piccole e medie imprese.
La preoccupazione del Fondo monetario internazionale
Nel suo ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria mondiale, il Fondo monetario internazionale ha però lanciato un allarme. Il problema è per la stessa stabilità, ma anche nella mancanza di informazioni. Un referente del FMI ha dichiarato: «Non credo che i supervisori dispongano dei dati necessari per capire l’impatto sistemico di questi titoli in maniera rigorosa».
A livello macroeconomico, chiaramente il rischio complessivo dei prestiti è rimasto lo stesso. Adesso però le banche possono mettere da parte meno capitale di quello che le autorità di vigilanza reputano necessario. Non è che una parte del rischio è scomparso. È stato rivenduto sui mercati finanziari. Secondo i promotori, in questo modo viene spalmato su una pluralità di soggetti ed è quindi più gestibile. All’opposto, c’è chi segnala che in caso di difficoltà questo rischio potrebbe contagiare l’intero sistema finanziario. Dove sta la verità? L’esperienza della crisi del 2007-2008 potrebbe forse fornire qualche indizio, ma la finanza creativa e i suoi SRT non sembrano preoccuparsene troppo.