Luci e ombre del nuovo indicatore green per le banche europee

Da gennaio 2024 esiste un nuovo indicatore per le banche europee: il Green Asset Ratio. Cos'è e quali limiti ha

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Dal 1 gennaio 2024 le banche europee devono iniziare a misurare e quindi a rendicontare il proprio GAR o Green Asset Ratio. Si tratta di un indicatore costruito come rapporto tra l’ammontare dei finanziamenti sostenibili erogati da una banca e il totale delle attività. In poche parole, più alto è il GAR, maggiore attenzione all’ambiente dovrebbe dimostrare la banca. Semplificando, un GAR pari a zero significa che la banca non finanzia nessuna attività sostenibile, mentre il valore di uno implica che la totalità dei prestiti lo è.

Ogni strumento per misurare l’impatto ambientale va visto positivamente, prima di tutto perché migliora sia la trasparenza sia la consapevolezza tanto dei clienti quanto delle banche stesse. Ancora prima, servono indicatori condivisi, per evitare l’arbitrarietà in cui ogni banca può auto-definirsi “verde” in base a parametri che si fissa da sola, aprendo la strada alle peggiori forme di greenwashing. Ancora, questo indicatore dovrebbe spingere le imprese produttive a un comportamento più sostenibile. Le banche vorranno infatti avere un GAR alto e tenderanno quindi a dare più facilmente credito alle imprese che possono dimostrare di rientrare nei parametri previsti. 

I limiti del Green Asset Ratio

Tutto bene, quindi? Non proprio, e per diversi motivi. Il primo è che l’arbitrarietà viene superata unicamente in teoria. Nella pratica, rimangono spazi enormi per le banche per classificare i propri prestiti in modo da ottenere punteggi migliori. Un problema legato al fatto che i paletti sono decisamente larghi. Si parte infatti dalla tassonomia creata dall’Unione europea per definire quali attività ricadano nella “finanza sostenibile”. Tassonomia duramente criticata proprio per la mancanza di incisività, come testimonia l’inclusione tra le attività ammissibili persino di settori quali il gas o il nucleare.

Ancora prima, le imprese che oggi devono rendicontare le proprie prestazioni ambientali e dire se rispettano tale tassonomia sono unicamente quelle di maggiore dimensione. Questo significa banalmente che una banca che presta principalmente a piccole imprese si ritroverà con un GAR molto basso, perché nessuno dei suoi clienti è tenuto ad allinearsi ai report ambientali previsti dalla normativa europea. Una piccola banca fortemente radicata nel territorio, che presta principalmente ad artigiani e piccoli agricoltori avrà un GAR tendente allo zero. Al contrario una grande banca che ha tra i proprio principali clienti dei gruppi multinazionali potrà probabilmente vantare un indice ben più alto. Sicuri che la seconda banca sia più sostenibile della prima?

Questo anche senza contare che un grande gruppo bancario avrà più capacità e possibilità di giostrare tanto con il numeratore (prestiti da definire “sostenibili”) quanto con il denominatore (magari spostando fuori bilancio alcune attività per non farle risultare tra quelle inquinanti).

Il Green Asset Ratio non misura l’impatto più importante

Ma è proprio l’idea di fondo ad apparire per lo meno debole. Dobbiamo ridurre – drasticamente – le emissioni in atmosfera. E questo il GAR non lo misura in nessun modo, anzi. Per capirci, una banca che nel giro di qualche anno moltiplicasse per tre i prestiti “green” e per due quelli a carbone e petrolio vedrebbe salire il proprio GAR, e contemporaneamente contribuirebbe sempre di più al disastro ambientale. Già oggi diversi indicatori usati dal mondo finanziario si fondano sull’intensità delle emissioni per euro di prestiti e non sulle emissioni assolute. Un non-senso dal punto di vista dell’emergenza climatica, ma che viene usato sempre più spesso in questo genere di indicatori. 

In altre parole, il problema di fondo è che questo indicatore non sembra potere dare un qualche contributo nella costruzione del percorso tanto urgente quanto necessario di uscita dalle fossili. Anzi. Il problema maggiore è che per l’ennesima volta ci si affida a meccanismi di mercato – l’idea che i clienti premieranno le banche migliori e quindi con il GAR più alto – il che potrebbe rappresentare un ennesimo alibi all’introduzione di una regolamentazione vincolante che renda progressivamente sempre più costoso e difficile finanziare le fossili. 

L’elenco di criticità potrebbe continuare. La sensazione è che come molte, troppe volte nel recente passato, un percorso europeo partito con le migliori intenzioni si trasformi in uno strumento debole se non controproducente per rendere davvero le banche più sostenibili. Talmente tante e pesanti sono le possibilità di giostrare con i numeri e le debolezze di questo strumento che viene da domandarsi se e quanto questo Green Asset Ratio non rischi rapidamente di diventare un indicatore del Greenwashing Asset Ratio del sistema bancario.