Berlino alla guerra degli espropri: cosa comporta il sì al referendum
Le possibile conseguenze del sì allo storico referendum sugli espropri degli appartamenti delle grandi società immobiliari a Berlino
Il 26 settembre scorso a Berlino non si è votato solo per le elezioni politiche. I berlinesi hanno inserito nelle urne ben cinque diverse schede elettorali. Una per le politiche, tre per le amministrative (rinnovo del consiglio regionale e dei consigli di quartiere di Berlino) e una per un referendum. Come in ogni referendum che si rispetti, il quesito era molto articolato.
L’intervista
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Un referendum per contrastare gli effetti della speculazione immobiliare
In sostanza chiedeva però di esprimersi a favore o contro l’emanazione di una delibera della giunta, per preparare un disegno di legge regionale. La legge dovrebbe obbligare le grandi società immobiliari a cedere al comune-regione lo stock di alloggi che detengono in città. Un esproprio a tutti gli effetti, per mettere i cittadini al riparo da un caro-affitti spinto a livelli insostenibili dalla speculazione immobiliare.
Destinatari dell’esproprio sarebbero solo le società immobiliari private che detengono più di tremila appartamenti all’interno del comune. Il parco immobiliare espropriato sarebbe poi gestito da un’istituzione pubblica, con la partecipazione maggioritaria e democratica degli inquilini e il divieto di ri-privatizzazione. Ai privati sarebbe pagata una «compensazione significativamente al di sotto del valore di mercato».
I “sì” a Berlino hanno vinto con il 56,4% dei voti
Il provvedimento richiesto ha il sapore antico dell’utopia collettivista. Ma in una città esasperata dalla speculazione è stato visto come una forma estrema di difesa. E ha ottenuto un convinto “Ja” da 1.034.709 votanti, pari al 56,4% del totale.
L’iniziativa “Deutsche Wohnen & Co enteignen” (espropriare “Deutsche Wohnen & Co”) è stata lanciata come provocazione nel 2019. In tempi record ha ottenuto il via libera dalla giunta regionale e ha raccolto quasi 360mila firme entro la scadenza del 25 giugno 2021. Abbondantemente sopra le circa 172.000 richieste per un referendum.
Ora il dado è tratto. Formalmente il referendum ha solo un valore consultivo ma il significato politico è fortissimo. I partiti della nuova giunta, che molto probabilmente saranno gli stessi di quella precedente (SPD, Verdi e Linke), dovranno dare risposte convincenti.
Grandi società immobiliari espropriate?
Intanto, le società interessate da un possibile esproprio sono entrate in una sorta di limbo in attesa di decisioni politiche che non si preannunciano imminenti. La più grande è la tedesca Deutsche Wohnen, con circa 111.500 appartamenti, che ha dato il nome all’iniziativa referendaria. A seguire c’è un’altra società tedesca, Vonovia, con 44mila appartamenti, che il 4 ottobre ha però ufficializzato la fusione per acquisizione con la stessa Deutsche Wohnen. Poi ci sono la francese Covivio, la svedese Akelius e la tedesca TAG Immobilien.
Indipendentemente dalle future decisioni della giunta regionale, il risultato del referendum è un avvertimento agli investitori istituzionali che si stanno buttando sul settore immobiliare residenziale. Un settore che, come ha scritto l’Economist, offre un rendimento relativamente alto e una copertura contro l’inflazione. Ed è stato risparmiato dall’impatto delle chiusure di uffici e negozi dovute alla pandemia.
Speculazioni
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L’accessibilità degli alloggi per i cittadini ha però un’alta sensibilità politica. A Berlino gli affitti sono quasi raddoppiati in un decennio. In tutta Europa il loro aumento ha superato quello dei salari.
Anche la finanza sotto tiro
I riflettori non sono accesi solo sulle compagnie immobiliari ma anche sui big della finanza, che stanno entrando a gamba tesa, comprando direttamente complessi residenziali sul mercato. I soliti BlackRock e JPMorgan Chase, oppure il gigante del private-equity KKR, che sta creando una nuova divisione immobiliare negli Stati Uniti.
Per tutti questi attori l’edilizia residenziale «rimarrà allettante dal punto di vista dei profitti», sostiene l’Economist, «ma più rischiosa dal punto di vista normativo».
Se, come sembra probabile, la nuova giunta di Berlino preparerà la legge sull’esproprio e il consiglio comunale la approverà, le imprese immobiliari interessate faranno ricorso e probabilmente avranno la meglio di fronte alla Corte costituzionale federale, che in aprile ha dichiarato illegale il precedente esperimento di Berlino sul controllo degli affitti. Ma il caso potrebbe trascinarsi per mesi. Scoraggiando nuovi investimenti e tenendo alla larga nuovi speculatori.