Bufera sulla N26, la banca tedesca inciampa nell’antiriciclaggio

Un'inchiesta di Suddeutsche Zeitung svela centinaia di conti correnti in odore di riciclaggio. Intanto la Consob tedesca lamenta carenze nella struttura della banca

Mauro Meggiolaro
Mauro Meggiolaro
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Nei primi anni Duemila tutti erano infoiati per il conto arancio di ING e i suoi tassi stellari. Oggi, invece, il nuovo trend per gli utenti più avanzati di servizi finanziari è la banca diretta tedesca N26, con la quale si può aprire un conto, interamente gestibile dal telefonino, “in 8 minuti” in tutti i Paesi della zona Euro: basta registrarsi online, scaricare un’app, farsi un selfie, fotografare il proprio documento d’identità e associarlo allo smartphone. Il conto è collegato a una carta conto prepagata Mastercard. Sia il conto sia la carta sono gratuiti: non sono previste né spese di emissione né di gestione.

N26 guadagna comunque, e in vari modi: principalmente con le commissioni pagate dai commercianti sulle transazioni effettuate con la Mastercard, con la “tassa” su eventuali scoperti di conto pari all’8,9% e impiegando il denaro depositato dai clienti, che non è remunerato. E, naturalmente, riducendo al minimo i costi, visto che non ha filiali o sportelli bancomat.

Un’impresa da 2,3 miliardi di euro

Creata a Berlino nel 2015, su iniziativa dei due imprenditori viennesi Valentin Stalf (classe 1985) e Maximilian Tayenthal (nato nel 1980), la banca dichiara di avere oggi oltre 2 milioni di clienti in 24 Paesi. I numeri di bilancio più recenti, che risalgono al 2017, parlano di un fatturato di 11,24 milioni di euro, con una crescita del 2.000% rispetto al 2016 e ricavi medi tra i 20 e i 25 euro per cliente (nel 2017 i clienti erano in media 450mila).

I due fondatori della banca N26, Valentin Stalf e Maximilian Tayenthal.
I due fondatori della banca N26, Valentin Stalf e Maximilian Tayenthal.

Agli inizi di gennaio, con la chiusura di un nuovo round di finanziamento da 260 milioni di euro, N26 è entrata a tutti gli effetti nell’olimpo degli “unicorni”, le imprese che valgono almeno un miliardo di dollari: attualmente è valutata 2,3 miliardi di euro ed ha superato abbondantemente i suoi concorrenti più stretti, le inglesi Revolut (1,5 miliardi di euro) e Monzo (1,3 miliardi di euro).

Dietro N26, fondi tedeschi, cinesi e di Singapore

Ma chi c’è dietro all’astro nascente del Fintech europeo? Prima di tutto i due fondatori, che controllano (fonte, Bureau van Dijk) almeno il 20,32% (10,16% a testa) delle azioni e a seguire una serie di fondi di private equity, che si sono aggiunti nei successivi round di finanziamento: i fondi tedeschi Earlybird Venture e Valar Ventures, Allianz Strategic Investments (5,57%, appartenente al gruppo assicurativo Allianz), la holding cinese Tencent (5,57%) e, recentemente, il fondo sovrano di Singapore GIC.

Nel mirino della Consob tedesca (e dei clienti insoddisfatti)

Capitali globali che scommettono su una crescita inarrestabile. Che però, proprio nelle ultime settimane, sembra mostrare le prime crepe. Come rivelato dal quotidiano economico Handelsblatt, l’8 aprile scorso, la banca dei record è finita nel mirino dell’autorità di vigilanza dei mercati finanziari tedesca BaFin. Le sue indagini avrebbero rilevato, nel 2018, una serie di carenze, perché N26 sarebbe «cresciuta rapidamente, senza però adattare, di pari passo, le sue strutture».

https://twitter.com/HandelsblattGE/status/1050791958799560705

Le carenze riguarderebbero principalmente il personale, i sistemi informatici e i servizi dati in outsourcing. Inoltre, sempre secondo la BaFin, la holding di controllo – N26 GmbH – avrebbe assunto troppi incarichi per conto della controllata N26 Bank. Il direttore Valentin Stalf minimizza: «Come tutte le banche tedesche, siamo sotto la supervisione di BaFin. Le verifiche periodiche sono normali per una banca ed è normale che i regolatori identifichino punti di miglioramento».

A questo si aggiungono le lamentele da parte dei clienti che, come riportato dalla stampa tedesca, non avrebbero trovato una pronta risposta in situazioni di crisi, ad esempio in caso di attacchi di “phishing”, truffe su internet che mirano a svuotare i conti correnti, un rischio a cui sono esposte tutte le banche.

Süddeutsche Zeitung: centinaia di conti aperti per riciclare denaro da sospetti criminali

Ma il caso più grave, finora, è quello rivelato il 16 aprile da un’inchiesta del quotidiano Süddeutsche Zeitung, in collaborazione con l’emittente pubblica NDR. Sospetti criminali avrebbero aperto centinaia di conti presso N26 per riciclare il denaro con la creazione di falsi shop online.

In base alla ricostruzione dei giornalisti, sarebbero passati «diversi giorni prima che la banca decidesse di bloccare i conti – un tempo sufficiente ai truffatori per ingannare un elevato numero di clienti in buona fede, con false offerte di prodotti».

«I conti N26 sono particolarmente amati dalle organizzazioni criminali»

La procedura è relativamente semplice: i truffatori registrano un sito web, spesso con dominio .de, che ha tutte le caratteristiche di un moderno negozio online. «Per un breve periodo di tempo raccolgono soldi vendendo, in modo fittizio, macchine da caffè, orologi o giacche invernali, che però non esistono e non saranno mai consegnati agli acquirenti».

Per queste transazioni hanno bisogno di conti bancari sui quali viene depositato il denaro dei clienti. «Anche se potrebbero tentare di aprire tali conti presso molte altre banche», spiega la Süddeutsche Zeitung, «la maggior parte degli istituti finanziari conosce bene schemi di questo tipo e si rifiuta di procedere. I conti di N26, invece, sono particolarmente amati dalle organizzazioni criminali, come confermano i gestori di forum di discussione su internet e il dipartimento regionale della polizia criminale (Landeskriminalamt o LKA) della Bassa Sassonia».

Ignari cittadini coinvolti in falsi test

Per l’apertura dei conti, i criminali avrebbero usato le identità di ignari cittadini, invitati, dietro compenso, a fare dei “test” (aprendo però effettivamente dei conti) sull’efficienza dei servizi di N26, nell’ambito di false ricerche di mercato.

I giornalisti investigativi hanno ricostruito una lista di quasi 400 conti N26 che sarebbero stati utilizzati per falsi shop online e vendite su Ebay. «Per gli ignari partecipanti ai test, la storia potrebbe concludersi in modo drammatico», continua la Süddeutsche. «Secondo la procura di Amburgo, pur essendo stati ingannati, i titolari dei conti potrebbero essere indagati per aver facilitato il riciclaggio di denaro. Inoltre, potrebbero essere colpiti da azioni legali da parte dei clienti truffati».

N26, che è chiaramente parte lesa nella vicenda, ha recentemente sottolineato di aver migliorato in modo significativo la prevenzione delle frodi. La banca ha anche «iniziato ad avvertire esplicitamente i suoi clienti in video chat che non stanno facendo un test o contribuendo a una ricerca di mercato: stanno veramente aprendo un conto». Un team di 50 persone starebbe lavorando per prevenire il verificarsi nuovi episodi del genere. In un lungo comunicato stampa, diramato il 17 aprile, la banca ha ripetuto che sta applicando al meglio tutte le normative sulla verifica dell’identità dei clienti e starebbe collaborando attivamente con le autorità.

Per la start-up appena diventata unicorno la reputazione è tutto. E perderla a causa di alcune falle nei controlli potrebbe essere un colpo fatale per un business cresciuto forse troppo in fretta.