Il calciomercato dei record serve a fingere di saper stare a galla

Mai così tanti scambi nel calciomercato, necessari ai club solo per fingere di saper nuotare mentre in realtà stanno già annegando

Lo stadio dell’Aston Villa, protagonista del calciomercato © Ben Sutherland/Flickr

Il calciomercato continua a macinare record. E non è un bene. Secondo l’ultimo International Transfer Report pubblicato dalla Fifa nel settembre 2024, nei soli due mesi del mercato estivo di quest’anno si sono mossi oltre 12mila calciatori. 11mila per il calcio maschile: nuovo record assoluto e aumento del 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. 1,125 per il calcio femminile, anche qui nuovo record. E addirittura un +32% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Sono ovviamente un record anche i 6,8 milioni di dollari spesi nel calcio femminile, più del doppio dello scorso anno. Mentre i 6,46 miliardi di dollari spesi per quello maschile prendono la medaglia d’argento, dietro i 7,43 miliardi spesi lo scorso anno.

Mezzo miliardo circa è venuto a mancare dalla federazione asiatica, e quindi dalla Saudi Pro League che ha ridotto le spese da quasi un miliardo dello scorso anno a 300 milioni circa quest’estate. Ma oltre un miliardo di dollari rispetto allo scorso anno è venuto a mancare dall’Europa. Dove le televisioni hanno cominciato a pagare meno, Premier League esclusa. E dove la maggior parte dei club è sull’orlo del fallimento, anche se non lo dicono e fingono che vada tutto bene. Nel recente Finance and Investment Landscape Report pubblicato dalla Uefa nel febbraio 2024 si leggeva come, a fronte di ricavi complessivi per 24 miliardi di euro, con perdite di 3,2 miliardi, i debiti lordi aggregati del calcio europeo (quindi non controbilanciati da crediti e stati patrimoniali) fossero passati dai 30 miliardi di euro del 2020 ai 37 miliardi del 2023.

La leva finanziaria del calciomercato

Il paradosso è che, più le squadre sono indebitate, più spendono. In questo modo vanno ad alimentare ulteriormente la voragine del debito, ma almeno possono aumentare il loro volume di affari nella gestione corrente del club. E fare un bel maquillage ai bilanci. Utilizziamo uno degli esempi di quest’estate, un caso tipico del calciomercato. Uno scambio tra la Juventus, che secondo Calcio e Finanza a gennaio aveva debiti lordi per quasi 800 milioni di euro e a luglio dovrebbe dichiarare perdite per 200 milioni di euro, e l’Aston Villa, che ha azzerato i debiti ma a fronte di un segno meno a bilancio di 120 milioni di sterline. Troppo per il fair play finanziario inglese che ne concede 105. 

Ecco che allora le due si accordano così. La Juventus, prima della scadenza del 30 giugno imposta dal fair play inglese, acquista dall’Aston Villa il brasiliano Douglas Luiz per 50 milioni. Il che permette agli inglesi di aggiustare il bilancio e non incorrere in penalizzazioni. Ma la Juve ovviamente non ha 50 milioni. Allora contestualmente l’Aston Villa compra dalla Juve per 26 milioni più bonus due ragazzini: Iling-Junior e Barrenechea. Ma che se ne fa l’Aston Villa di questi due giovani semi-sconosciuti? Nulla ovviamente, servivano solamente come operazione di maquillage finanziario. E infatti un mese dopo li cede in prestito al Bologna e al Valencia.

Spendere sempre di più, per fingere di non annegare

Meno soldi ci sono, più si spende. Per gonfiare i bilanci con le plusvalenze e fingere di saper nuotare mentre in realtà si sta annegando. Un meccanismo tipico del mondo della finanza dove la crescita dei bilanci o del valore aziendale nulla ha a che vedere con la solidità economica, né tantomeno con la presunta bontà del prodotto che commerciano. Ma solo con una serie di operazioni collaterali, scommesse e pagherò. E infatti queste squadre sono tutte in mano a fondi d’investimento, o a fondi di private equity. Ecco spiegata la ragione dei record messi in fila dall’ultimo report Fifa nel calciomercato estivo 2024. E la ragione del perché questi record sono deleteri.

Ma c’è un altro report molto interessante. È quello prodotto a fine calciomercato dal Cies Football Observatory, che analizza non tanto il valore, quanto le spese sostenute per creare le rose attuali dalle big. In testa la rosa del Chelsea, di cui già ci eravamo occupati la settimana scorsa. Con 1 miliardo e 263 milioni di euro spesi per arrivare dodicesimi e undicesimi. Seguono con 1 miliardo lo United (che non vince un campionato da dieci anni e una Champions da quindici) e il City. Poi Arsenal (ultimo campionato vent’anni fa), Tottenham (quando mai ha vinto qualcosa), Psg (mai una Champions), Liverpool e Real. Addirittura Newcastle (vedi Tottenham) e poi Juve e Bayern, fino all’Aston Villa (più di trent’anni fa campionato e Coppa Campioni). Perché spendere serve a tutto, tranne che a vincere. Questo oramai è chiaro.