Cancella il (nostro) debito

C'è grossa crisi, la rubrica di Andrea Baranes che vi spiega perché dovete interessarvi di finanza. Prima che la finanza si interessi di voi

«Cancella il debito». Era il titolo di una canzone di Jovanotti di alcuni anni fa. Oggi di cancellazione del debito si torna a parlare. Non di quello dei Paesi del Sud, ma del nostro. Da un lato il 2020 ha visto un crollo del PIL di oltre il 7% in Europa (in Italia anche di più). Nel misurare il rapporto debito / PIL, la brusca diminuzione del denominatore porta a un repentino peggioramento. Dall’altro servirebbero capitali per investimenti di lungo periodo nella sanità e per il rilancio dei sistemi economici su binari diversi, prima di tutto in termini ambientali e climatici, rispetto a ieri. Una cancellazione di parte dei debiti pubblici permetterebbe di liberare importanti risorse.

Diversi economisti hanno rilanciato l’idea, chiamando in causa le banche centrali. A seguito dei programmi di acquisti di titoli di Stato degli ultimi anni la BCE già detiene quote rilevanti dei debiti pubblici nazionali. La natura e struttura stessa di questa istituzione le permetterebbero inoltre di intervenire senza particolari rischi.

Non sarebbe nemmeno necessario procedere con una cancellazione. Il problema centrale non è infatti l’ammontare del debito in sé, quanto i suoi interessi. La BCE potrebbe emettere titoli a tasso zero – volendo persino senza scadenza – e usarli per uno scambio (swap) con i titoli di Stato delle diverse nazioni. L’ammontare formale di debito rimarrebbe uguale ma diminuirebbero gli interessi da pagare annualmente, liberando risorse per gli investimenti menzionati in precedenza.

Le critiche a queste proposte sono essenzialmente tre. La prima è il rischio di inflazione. Un rischio a dire poco remoto nella fase attuale, in cui semmai viviamo il pericolo opposto. La seconda è legata al fatto che i governi si sentirebbero poi liberi di spendere e spandere liberamente (il cosiddetto azzardo morale). Obiezione anche questa poco pertinente se parliamo di una misura una tantum in risposta a una situazione economica e sanitaria del tutto eccezionale.

La terza e più ricorrente critica è che i Trattati europei non lo permettono. Anche questa critica appare per lo meno debole. Se il vincolo principale è giuridico, i trattati si possono cambiare. Prima ancora si possono “interpretare”, come fatto molto ampiamente negli ultimi anni proprio per permettere alla BCE di acquistare titoli di Stato (e di imprese private) sul mercato secondario. Come ricordato viviamo in un periodo eccezionale, dal punto di vista sanitario, sociale, economico. Non attuare misure altrettanto eccezionali, nel nome di accordi scritti in un periodo e contesto del tutto diversi è a dire poco pretestuoso.

Mentre si continua a discutere di MES, Recovery Fund e altri strumenti per rilanciare l’economia, una soluzione probabilmente più semplice ed efficace sarebbe subito alla nostra portata, se ci fosse la volontà politica di mettere da parte alcuni dogmi dell’attuale pensiero economico. E questo oggi sembra essere lo scoglio principale.