Cartolarizzazioni europee: il rilancio che mette a rischio stabilità e regole

L’Europa spinge sulle cartolarizzazioni per la competitività. Ma a costo di più rischi, meno regole e possibili effetti sull’economia reale

L'immagine è stata realizzata dalla redazione di Valori.it utilizzando DALL·E

Questa volta è diverso. Si punta tutto sulle cartolarizzazioni, ma il mantra è che non verranno ripetuti gli errori del passato.

L’Unione europea vede nelle cartolarizzazioni lo strumento ideale per un maggiore e migliore accesso ai capitali da parte dell’economia europea. Le nostre imprese si affiderebbero troppo ai crediti bancari e troppo poco ai mercati finanziari, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti. Bisogna pensare a strumenti per canalizzare gli enormi capitali dei risparmiatori – e dei pensionati – europei verso il settore produttivo. Servono risorse per la transizione ecologica dell’economia. Le PMI non riescono ad avere sufficiente accesso ai mercati dei capitali. 

Quale che sia il problema, riassunto nell’onnipresente mantra della “competitività”, le cartolarizzazioni sarebbero lo strumento ideale. Negli ultimi mesi, una nuova, forse decisiva spinta arriva dalla corsa al riarmo che viviamo in Europa.

Il meccanismo delle cartolarizzazioni e i suoi rischi nascosti

Semplificando al massimo, le cartolarizzazioni permettono di trasformare un credito in un titolo finanziario. Una banca mi concede un mutuo, poi trasforma questo credito che ha nei miei confronti, con migliaia di altri mutui e prestiti, in obbligazioni il cui valore dipende dal fatto che io continui a pagare le rate. Si libera cosi del rischio connesso e può erogare altri prestiti. In qualche modo quindi, anche un mutuatario può accedere – indirettamente – ai mercati dei capitali, in quanto il suo mutuo è di fatto finanziato dagli acquirenti delle obbligazioni. 

C’è un problema di fondo. Sono strumenti estremamente rischiosi, poco trasparenti e complessi. Si tratta dei meccanismi alla base della peggiore crisi finanziaria della storia recente, quella dei subprime del 2008. Proprio per questo, se ormai da una decina d’anni le istituzioni europee ragionano su come rilanciare le cartolarizzazioni, sono sempre stati fissati dei paletti, e si è sempre proceduto con estrema prudenza. Si parlava solo di cartolarizzazioni Semplici, Trasparenti e Standardizzate (STS), di richieste a chi si lanciava in tali operazioni di tenere bloccato un certo capitale proprio per assorbire eventuali perdite, di paletti tra le banche che ricorrevano a questi strumenti e le società che materialmente li costruiscono, e di altro ancora.

Almeno fino a poco tempo fa. Oggi termini come stabilità finanziaria e trasparenza sono stati sostituiti dalle nuove priorità europee, riassumibili in due parole: competitività e riarmo. La nuova direttiva sui risparmi e gli investimento è un tassello fondamentale di tale strategia, e le cartolarizzazioni ne sono il principale strumento.

Una semplificazione che indebolisce le regole

A fare il punto è un articolo recente di Novethic secondo il quale la proposta su cui sta lavorando la Commissione è un misto di riduzione dei requisiti di capitali, meno vincoli, meno trasparenza e rendicontazione delle operazioni. Esattamente come per la direttiva Omnibus sulla finanza sostenibile, la Commissione parla di “semplificazione” per mascherare uno smantellamento di regole e controlli.

La posizione europea è sintetizzata dalla commissaria per i servizi finanziari Maria Luís Albuquerque: «Non bisogna confondere lo strumento con un suo cattivo utilizzo». Non sono le catolarizzazioni ad aumentare l’instabilità e l’opacità finanziaria. È che sono state usate male. Al contrario, dovrebbero permettere di spalmare il rischio dei crediti bancari sull’insieme dei mercati finanziari. Peccato che secondo un esperto intervistato da Novethic, attualmente le stesse banche acquistano oltre l’80% dei titoli legati alle cartolarizzazioni. In pratica una banca non può erogare un prestito perché troppo rischioso. Realizza una cartolarizzazione e lo rivende. A chi? Ad altre banche. Il risultato è per che il sistema bancario nel suo complesso il rischio aumenta a dismisura, i controlli diminuiscono e le regole vengono eluse. 

Ma – ovviamente – «questa volta è diverso». Almeno, fino alla prossima crisi

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