Le Olimpiadi di Parigi 2024 dividono i cittadini tra degni e indegni

In Francia ci sarà un vero e proprio ritorno all’ancien regime, dove i cittadini saranno esclusi in base al reddito e al prestigio

© Chris Karidis/Unsplash

I grandi eventi sportivi come le Olimpiadi sono da sempre un atto di sottrazione dello spazio pubblico. A partire alla fase iniziale. Dove si devastano ecosistemi e si rade al suolo tutto quello che impedisce la costruzione delle nuove infrastrutture. Durante lo svolgimento, dove si creano zone temporaneamente autonome dal punto di vista legale, economico e fiscale a favore delle multinazionali. Fino alla conclusione e oltre, dove ciò che rimane è santificato sugli altari del profitto e nulla rimane alla popolazione.

La Francia non fa eccezione. E per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024 del 26 luglio il governo ha deciso di espropriare buona parte della città. In cielo come in terra. E adesso, dopo la terribile strage al Crocus City Hall di Mosca, la scusa del terrorismo diventerà ancora una volta un pretesto per militarizzare la città. E per occuparne dall’alto una serie di spazi che non saranno mai più restituiti. Le armi, come sempre, servono a proteggere i privilegi dei poteri. E mai i cittadini dagli abusi di questi poteri.

Olimpiadi, simbolo di pace e stato di guerra

Una settimana prima del tragico attentato di Mosca, infatti, il ministro degli Interni Gérald Darmanin aveva già annunciato per il giorno della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi la chiusura dello spazio aereo intorno a Parigi. Per un raggio di oltre 150 km, dalle sette di sera a mezzanotte. Inoltre aveva avvisato che i decolli e gli atterraggi dagli aeroporti di Roissy, Charles De Gaulle, Orly, Le Bourget e Beauvais sarebbero stati interrotti. Fino alla fine della cerimonia.

Dopodiché, ha pure rivendicato la decisione come «un fatto storico per la Francia». Come se, essendo storico, il fatto debba per forza anche essere positivo. Una «no fly zone» totale quindi, da stato di guerra, giustificata col fatto che le Olimpiadi sono il simbolo della pace. E vanno difesi con le armi. Un cortocircuito degno di un romanzo di Philip K. Dick.

Ciò che accadrà a terra però, sarà ancora peggio. Per la prima volta nella storia, infatti, la cerimonia non si terrà nello stadio che ospita le gare. Ma sul fiume che attraversa la città. Nulla può fermare i deliri di grandeur francese. E così gli atleti sfileranno lungo la Senna. A bordo di un centinaio imbarcazioni, in un percorso di sei chilometri che da Austerlitz alla Torre Eiffel attraverserà tutti i luoghi iconici, dal Louvre a Notre Dame. Ma non sarà una manifestazione per tutti.

Parigi città chiusa

Subito abbandonata l’idea di permettere al previsto mezzo milione di cittadini di assistere liberamente alla cerimonia, il numero è stato prima ridotto e poi addirittura azzerato. Sugli spalti e sulle gradinate costruite per l’occasione, guardati a vista da cinquantamila agenti e dalle forze speciali dell’antiterrorismo, ci saranno solo duecentomila cittadini degni di tale titolo. Ovvero i paganti.

E poi, come ha spiegato il ministro dell’Interno, «gli unici spettatori non paganti ammessi saranno quelli che accederanno con un invito e saranno accuratamente selezionati attraverso partner di fiducia». Sì, avete capito bene. Con la scusa della «sicurezza» saranno le multinazionali e gli sponsor a stabilire chi è degno di essere considerato un cittadino del regno. E assistere al grande evento. Un ritorno all’ancien regime, riadattato in salsa neoliberale.

Grazie alle Olimpiadi, oltre a tutti i danni economici e ambientali, ci sarà quindi l’azzeramento dei diritti conquistati con la Rivoluzione francese. Due secoli dopo la presa della Bastiglia, il prossimo luglio i cittadini transalpini saranno divisi in due categorie dai vari McDonald’s e Coca Cola. I grandi sponsor dei Giochi della pace e dell’amicizia. Ci saranno i cittadini degni di essere considerati tali, ovvero chi se lo può permettere per rendita economica o prestigio. E ci saranno gli esclusi dalla cittadinanza, gli indegni per censo.