Le Olimpiadi vanno in guerra. E dicono sì a Israele e no alla Russia

Il Cio ha deciso di vietare la partecipazione di atleti russi a Parigi 2024 ma accoglierà senza remore quelli israeliani

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Nell’antichità i Giochi Olimpici servivano a fermare le guerre. Oggi invece le Olimpiadi servono a schierarsi, e a prendere parte ai conflitti in corso. O almeno così ha deciso il Cio (Comitato Olimpico Internazionale) in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024, quando il 25 ottobre sul suo sito ha confermato che gli atleti russi non avrebbero potuto partecipare ai giochi, se non come atleti neutrali senza inni né bandiere. E poi, una settimana dopo, ha rilasciato un comunicato all’agenzia di stampa tedesca sostenendo che non discriminerà gli atleti israeliani e li inviterà a gareggiare ai Giochi.

Qui non si tratta di prendere le parti di uno o dell’altro nei conflitti più drammatici oggi in corso, che sono quelli in Russia e Ucraina e quelli in Israele e Palestina. E che sono solo due delle ventotto guerre in corso al momento secondo le Nazioni Unite, guerre che mietono centinaia di migliaia di vittime innocenti per ingrassare il mercato delle armi, il cui fatturato globale si assesta sui cinquemila miliardi di dollari. A noi interessano solo le vittime. E la pace, se si può usare ancora questa parola. Anche perché, a schierarsi e a prendere parte nei conflitti, ci ha pensato appunto il Cio. Con una decisione senza precedenti. 

Perché è vero che lo sport moderno è la prosecuzione della politica con altri mezzi, come la politica lo è della guerra. E infatti nell’ultimo secolo abbiamo visto le Olimpiadi saltare tre volte per i conflitti mondiali: nel 1916, 1940 e 1944. Abbiamo visto i boicottaggi incrociati di Unione Sovietica e Stati Uniti e dei loro Paesi satellite durante la Guerra Fredda. Il Cio che giustamente non invita gli atleti sudafricani durante il regime di apartheid, e lo stesso Cio che pavidamente invita gli atleti di altri Paesi in cui vigono atroci dittature. O addirittura fa ospitare loro i Giochi, come a Berlino nel 1936. Ma che, con due conflitti così importanti in corso, il Cio decida chi è buono e chi è cattivo, questo non era mai successo.

E così ha buon gioco il ministro degli Esteri russi Sergey Lavrov a parlare di doppi standard e di discriminazione, di ambiguo utilizzo dello spirito di pace olimpico. Già sospesi nel 2017 per le questioni relative al doping, gli atleti russi sono stati esclusi dai Giochi di Pechino 2022 per aver violato la Carta Olimpica a causa dell’invasione dei territori ucraini. E adesso saranno sospesi anche a Parigi 2024. A differenza degli atleti israeliani. Perché evidentemente per il Cio l’invasione armata della Striscia di Gaza, i bombardamenti su profughi e ospedali (lasciando perdere le politiche di apartheid molto simili a quelle in vigore ai tempi in Sudafrica) non violano la Carta Olimpica. Sono atti di pace. Beati loro che sanno da che parte stare.