Nuova Champions League: il torneo chiuso sognato dai grandi club
La nuova Champions League, grazie ai soldi che produce e distribuisce, diventerà un torneo chiuso. A partecipare saranno sempre i soliti noti
Domani, 29 agosto, ci saranno i sorteggi della nuova competizione calcistica europea riservata alle squadre più ricche e famose. Quella che tanto fece discutere tre anni fa, quando fu lanciata e subito ritirata nel giro di pochi giorni con il nome di Superlega. Certo, non sarà un torneo privato organizzato dai club. Certo, si chiamerà ancora Uefa Champions League. Ma per la formula innovativa adottata, con una prima fase a girone unico. Per il numero aumentato delle squadre partecipanti. Per la montagna di soldi che verrà distribuita e che farà sì che, in pochi anni, si trasformerà in un torneo chiuso a cui potranno partecipare solo i soliti noti. Per questi motivi ecco che si tratta, a tutti gli effetti, di una competizione quasi privata.
Ecco come funziona la nuova competizione Uefa. Le squadre passano da 32 a 36 (e sono 81 se contiamo anche le qualificazioni). All’inizio ci sarà un girone unico a 36 squadre, con un complicatissimo sistema di incroci. Poi i playoff e la fase a eliminazione diretta. Così, solo a partire dalla fase che sarà sorteggiata domani, si giocheranno in totale 203 partite. Quasi il doppio rispetto alle 125 della scorsa stagione. E più di tre volte tanto rispetto alle 59 che si giocavano quando la prima Champions prese il posto della vecchia Coppa dei Campioni. E questo significa ovviamente più soldi e, quindi, meno competizione: chi è fuori ci rimarrà per sempre. Proprio come voleva la Superlega.
I soldi della Uefa e i soldi dalla Uefa
La Uefa pubblica bilanci quadriennali. Nell’ultimo si evidenziano ricavi per 15,2 miliardi di euro, di cui il 76,2% arriva dalle competizioni per club. Ovvero dalla Champions League e, in misura minore, dall’Europa League e dalla Conference League, che insieme assommano quasi altre 400 partite l’anno. Per la stagione 2024-25 la Uefa ipotizza ricavi in crescita per 5,1 miliardi di euro, di cui 4,3 miliardi dai diritti tv: ovvero dalla Champions League. Nella stessa stagione la Serie A da Dazn incasserà poco più di 900 milioni. Pur tenendo conto che sono 20 squadre, rispetto alle 36 della competizione europea, è evidente da dove arrivano i soldi. E dove convenga giocare.
La Uefa incassa e la Uefa distribuisce. Ai 36 club partecipanti della Champions saranno infatti distribuiti 2,47 miliardi di euro per i diritti tv. Il che vuol dire che solo per partecipare, perdendo tutte le partite, un club incassa dai 30 ai 50 milioni di euro, secondo il calcolo fatto da Calcio & Finanza. Chi vince il torneo, o arriva vicino alla fine, incassa invece oltre 150 milioni, senza contare tutto l’indotto che ne consegue. La cifra è leggermente più bassa rispetto ai ricavi tv di una squadra della Premier League, e di quelli di Real e Barça, ma è molto più alta rispetto agli altri grandi campionati europei. In Serie A, per capirci, lo scorso anno dalle tv l’Inter ha preso 100 milioni, Milan e Juve poco più di 80. Lo stesso vale per Liga e Bundesliga. Prendono molto meno in Francia, Olanda, Portogallo e così via.
Verso una Champions League blindata: giocheranno sempre i soliti
Risulta quindi evidente dove sia più conveniente giocare. Quale competizione sacrificare al momento di fare la formazione (ovviamente quella nazionale) e qual è quella su cui puntare tutto. Con buona pace dei nostalgici, i grandi club calcistici sono oramai dei veicoli finanziari in mano a fondi d’investimento globali. Per queste proprietà, l’unico scopo è fare soldi. E siccome, come abbiamo raccontato più volte, oramai i soldi non si fanno vincendo, restano due strade: il player trading e la partecipazione alla Champions League. La sperequazione tra grandi e piccoli club è già in atto tempo, e da un decennio è diventata insostenibile. Secondo Forbes il valore di Real, City, Psg, United e così via è già dieci volte tanto quello di un club medio e quasi cento volte tanto quello di un piccolo club del loro stesso campionato. Figuriamoci adesso con i soldi della nuova Champions.
E siccome – grazie anche ai vari fair play finanziari – chi più guadagna più può spendere, ecco che la partecipazione alla nuova Champions assicurerà la partecipazione a quella dopo. E a questo punto ancora di più a quella dopo ancora. Fino a farne un torneo chiuso, come la Superlega che queste stesse squadre si erano immaginate e avevano lanciato, e poi ritirato, nella primavera di tre anni fa. Il Bologna, clamorosamente qualificato quest’anno, se perderà tutte le partite incasserà tanto quanto ha inserito come ricavi lo scorso bilancio tra diritti tv, sponsor, stadio e merchandising (plusvalenze di mercato escluse). Ma non basterà. Nella nuova Champions ci saranno sempre molti meno Bologna e, presto, non ci sarà più nessun Bologna.