Chi è Sheinbaum, la scienziata climatica alla guida del Messico

Claudia Sheinbaum è la nuova presidente del Messico. Prima donna alla guida del Paese, porterà con sé la sua esperienza all'IPCC.

Claudia Sheinbaum è la nuova presidente del Messico © CC BY 2.0 , via Wikimedia Commons

Claudia Sheinbaum ha vinto le elezioni presidenziali messicane. Già sindaca di Città del Messico ed erede politica dell’attuale presidente Andrés Manuel López Obrador (AMLO per i suoi supporter), la sua è la storia di molti primati infranti. Secondo capo di Stato di sinistra nella storia del Paese, prima donna, è anche la prima ex componente dell’IPCC – il foro scientifico delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – a guidare una nazione.

Chi è Claudia Sheinbaum

Sessantun’anni, ex sindaca, ex scienziata. La sua è una vita divisa tra accademia e politica. Figlia di una biologa ed un chimico della borghesia messicana, entrambi i suoi genitori erano ebrei fuggiti dall’Europa dell’Est. La sua carriera accademica inizia alla prestigiosa National Autonomous University of Mexico: prima la laurea in fisica, poi il dottorato in ingegneria energetica a Berkley. Alla fine degli anni ‘90 entra a far parte dell’Accademia delle Scienze messicana, nel 2007 diventa membro dell’IPCC, il foro scientifico delle Nazioni Unite sul contrasto al riscaldamento globale. Appena in tempo per il premio Nobel, assegnato all’IPCC proprio quell’anno. 

Il percorso politico di Sheinbaum è lungo almeno quanto quello tecnico. I suoi genitori erano entrambi attivisti di sinistra, e lei per tutta la vita si definirà una figlia del ‘68 – che in Messico ben più che in Europa si risolse in repressione e violenza poliziesca. Ancora studentessa aderisce ai movimenti per la difesa dell’università pubblica. Il Messico in cui cresce è dominato dal Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), forza politica originariamente laburista e via via spostatasi a destra. Quando la componente di sinistra del PRI fonda un nuovo soggetto, il Partito della Rivoluzione Democratica (PRD), lei vi aderisce.

Nel 2000 Andrés Manuel López Obrador, leader del PRD e futuro presidente, la sceglie come segretaria all’ambiente di Città del Messico. È l’inizio della sua ascesa politica. Nel 2014 aderisce a Morena, il nuovo partito di sinistra guidato da López Obrador. Nel 2015 è eletta sindaca di Tlalpan, nel 2018 di Città del Messico. Nello stesso anno il suo mentore, López Obrador, diventa presidente. Per la prima volta la sinistra è al potere in Messico e lei da subito fa parte del ristretto entourage che gode della fiducia del leader. E quando AMLO è costretto a farsi da parte dopo il primo mandato – così prevede la Costituzione – il testimone passa a lei. Il voto di ieri l’ha consacrata presidente con oltre il 60% dei consensi.

L’IPCC al potere?

La parola chiave della campagna elettorale di Claudia Sheinbaum è stata continuità. Il suo predecessore e padrino politico lascia il palazzo del governo con un tasso di popolarità vicino all’80%. Negli anni di governo AMLO ha diminuito le disuguaglianze e la povertà, inaugurando un’inedita stagione di politiche welfaristiche. Il suo esecutivo si è allontanato per la prima volta dalla sfera d’influenza statunitense, stringendo i legami coi governi di sinistra del Continente e polemizzando di frequente con Washington. Sheinbaum promette di portare avanti questa eredità senza grossi scossoni.

Al contempo da destra e da sinistra si chiede alla nuova presidente di correggere le debolezze del precedessore. López  Obrador non ha sconfitto la piaga della violenza: oltre novantadue omicidi al giorno di media, in gran parte legati al mondo dei cartelli del narcotraffico. I movimenti femministi gli rimproverano il disinteresse rispetto al fenomeno dei femminicidi, sedici al giorno. C’è poi l’agenda ambientale, vero punto debole del governo Obrador. Le misure welfaristiche sono state finanziate anche coi soldi del petrolio, e la politica di sovranità energetica promossa da Città del Messico si è tradotta nel dare luce verde a Pemex, l’azienda estrattiva di Stato, per trivellare ovunque possibile. Le organizzazioni indigene non hanno mai perdonato al presidente la costruzione del Tren Maya, grande infrastruttura portata avanti contro il parere delle comunità locali e ricorrendo anche alla militarizzazione dei cantieri.

Proprio su quest’ultimo aspetto si sono concentrate le previsioni degli analisti: saprà l’ingegnera energetica fino a un quindicennio fa in forze all’IPCC ribaltare le scarse performance verdi del suo padrino politico?

C’è chi la critica proprio per il programma ambientale troppo vago

«Pur volendo mantenere la sovranità energetica del Messico, Sheinbaum ha annunciato una nuova strategia per le energie rinnovabili», scriveva poche settimane fa l’autorevole rivista statunitense Foreign Policy. «Sheinbaum ha proposto che Pemex partecipi anche all’estrazione del litio, produca energia termica ed elettrica da fonti rinnovabili e si impegni nella produzione petrolchimica e di fertilizzanti. Sulla scia di quanto fatto a Città del Messico, ha promesso di promuovere i veicoli elettrici per il trasporto pubblico e privato e l’uso di pannelli solari. Ha anche un piano ambizioso per la gestione delle risorse idriche messicane a fronte della siccità».

I critici guardano alla vaghezza del suo programma e all’eccessiva fedeltà ad AMLO. «L’agenda ambientale è assente nel programma di Sheinbaum» è il titolo di un’analisi del giornalista specializzato in tematiche ecologiche Eugenio Fernández Vázquez. Gli ottimisti guardano, oltre che al suo passato accademico, alle sue scelte da sindaca di Città del Messico. Da prima cittadina promosse l’elettrificazione degli autobus, l’installazione di pannelli solari sui tetti degli edifici pubblici e lanciò una campagna per il miglioramento della qualità dell’aria. Alcuni analisti ricordano anche la sua reazione di fronte all’emergenza covid: mentre il presidente minimizzava, lei invitava i cittadini alla prudenza e varava misure anti-contagio. Un segno di indipendenza da AMLO, ma anche – sperano gli attivisti – la dimostrazione di un’approccio di governo attento alle indicazioni della comunità scientifica

Il Messico alla prova della transizione

Le opposizioni quasi del tutto unite hanno provato a sfidare il dominio della sinistra con Xochitl Galvez, imprenditrice di origine indigena. Anche lei, a differenza di buona parte delle destre latine e nordamericane, ha deciso di rassicurare gli elettori sul tema della transizione ecologica. «Sconfiggeremo la dipendenza da combustibili fossili» ha dichiarato in campagna elettorale, illustrando la sua proposta di privatizzazioni verdi. Più di quanto non si possano permettere i conservatori a nord del Rio Grande.

Claudia Sheinbaum è un’ecologista che parla poco di ecologia, guida di un Paese che è l’undicesimo produttore di petrolio al mondo e in cui la sinistra si fa vanto delle performance dell’azienda estrattiva di Stato. Ma è anche il primo vero esempio di esponente della comunità scientifica climatica che va al potere. A Sud troverà alcuni governi amici anche dal punto di vista ambientale: la Colombia di Gustavo Petro ha deciso di fermare nuove esplorazioni in cerca di idrocarburi; il Cile di Boric ha messo a capo del Ministero dell’ambiente un’altra ex-IPCC, Maisa Rojas. A Nord saranno le presidenziali di novembre a stabilire con chi dovrà dialogare.

Prima donna, prima scienzata, secondo volto di quella svolta a sinistra che già molti messicani chiamano quarta trasformazione – in riferimento alle tre rivoluzioni della storia del Paese. Claudia Sheinbaum ha su di sé il peso di molte aspettative: nei prossimi anni potrà provare a non deluderle.