La Cina non è più così vicina

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

C’è stato un tempo in cui il mondo del calcio era più filocinese di un film di Godard. Si raccontava che il Partito fosse il padrone del pallone, Xi Jinping tifasse Roma, Mao avesse in camera il poster di Gigi Riva e Deng girasse per Pechino con la maglia della Fiorentina. In effetti il capitale cinese era a vario titolo nel Milan e nell’Inter, nell’Atletico Madrid e nel Manchester City, nell’Aston Villa e in altre squadre britanniche, olandesi e portoghesi. Per non parlare dell’infornata di campioni o presunti tali, comunque strapagati, nel campionato locale: la Super League dove hanno allenato Lippi, Capello, Scolari e Benitez. Poi la bolla d’un tratto si è sgonfiata. L’immagine più plastica è Mister Li che cerca di tranquillizzare i tifosi del Milan da un bunker arredato da una sola credenza di Mondo Convenienza, poi scompare nel nulla. Negli ultimi anni quasi tutte le proprietà sono state dismesse, e oggi solo l’Inter tra le grandi è cinese. Ma per poco. La prima è una ragione personale. Per tipologia di azienda, che richiede assemblaggi basati sulla logistica, Suning ha pagato la pandemia: in settimana ha svenduto il 20% a fondi statali della provincia di Shezen, e negli stessi giorni non ha iscritto il Jiangsu, campione in carica, al campionato cinese che parte tra poco. E qui il discorso si allarga. Sono diversi i club falliti o ridimensionati negli ultimi anni, e nel processo di ristrutturazione della Super League i grandi nomi o presunti tali stanno sparendo, rispecchiando un’economia del paese che continua sì a crescere, ma a ritmi meno vertiginosi. E qui il discorso si allarga ancora di più. Il calcio – come in generale lo sport, dalle Olimpiadi di Pechino 2008 a quelle del 2022 – è stato una fondamentale operazione di soft power, funzionale alla vendita di una determinata immagine. Ora ce ne è meno bisogno, vuoi per le contrazioni pandemiche, vuoi perché nel frattempo il paese ha fatto passi da gigante nell’innovazione tecnologica e nel hard power. E così il Partito ha scaricato il pallone, con buona pace di Godard. Ma già sono pronti nuovi mirabolanti racconti da mille e una notte sui prossimi padroni dell’Inter e del pallone mondiale: emiri e sceicchi impazziscono per Lukaku, le danzatrici del ventre indossano la maglia di Eriksen, la Mesopotamia fu edificata a immagine e somiglianza di San Siro.