Cop29, le prime opzioni di accordo sul tavolo dei negoziatori
Alla Cop29 sulle prime ipotesi è arrivato il “no” del gruppo G77+Cina. Si tratta su nuove proposte, che però nel frattempo si sono moltiplicate
I negoziati alla Cop29 di Baku sono entrati nel vivo, con le prime possibilità di accordo che circolano sui tavoli dei delegati. Non si tratta ancora di una bozza ufficiale, perché quella uscita dalla sessione intermedia di Bonn, a giugno, è stata rigettata dal gruppo G77+Cina. Quelle arrivate sono però proposte concrete, elaborate dai Paesi in via di sviluppo, e come facile immaginare sono piuttosto ambiziose (benché comunque insufficienti). L’idea è di mettere nero su bianco un sistema in grado di mobilitare capitali per un totale di almeno 1.300 miliardi di dollari all’anno.
Ipotesi 1.300 miliardi di dollari come obiettivo. Ma chi dovrà pagare?
Si tratterebbe di una cifra nettamente superiore ai 100 miliardi di dollari che erano stati ipotizzati all’epoca della Cop15 di Copenaghen, nel 2009. Ma che comunque rappresenterebbe poco più della metà di quanto necessario. Secondo le Nazioni Unite i Paesi in via di sviluppo – che patiscono gravi conseguenze legate ai cambiamenti climatici, pur essendone solo in minima parte responsabili – avrebbero bisogno di almeno 2.400 miliardi di dollari all’anno. Ciò sia per potersi adattare agli impatti del riscaldamento globale, sia per contribuire a mitigarli attraverso una transizione ecologica.
Concretamente, la bozza prevede tre proposte di metodo per poter raggiungere la cifra indicata. Una prima arriva dagli stessi Paesi in via di sviluppo: senza sorpresa, l’idea è che siano le nazioni più ricche a farsi carico della totalità degli stanziamenti. Proprio partendo dal presupposto che loro, per parecchi decenni, hanno prosperato grazie alla combustione di carbone, petrolio e gas.
La seconda ipotesi, di contro, è sostenuta vince dal Nord del mondo, e prevede che anche le economie emergenti facciano la loro parte. C’è ad esempio il nodo della Cina, che è considerata ancora un’economia in via di sviluppo dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite, sulla base di classificazioni che appaiono ormai datate. La terza opzione in campo è un compromesso tra le due.
I Paesi in via di sviluppo: proposte avanzate troppo favorevoli agli Stati ricchi
Come accaduto in tutte le ultime conferenze, insomma, anche alla Cop29 il mondo appare diviso, stavolta sul finanziamento del New collective quantified goal, o Ncqg, che dovrà appunto consentire di rastrellare il denaro necessario per contrastare i cambiamenti climatici.
La bozza che è stata rifiutata dai G77 + Cina era stata redatta da Egitto e Australia, ovvero le due nazioni alle quali era stato conferito l’incarico di cercare di trovare un possibile compromesso tra Nord e Sud del mondo. Il “no” da parte delle nazioni in via di sviluppo è arrivato martedì. La ragione: il testo è stato giudicato troppo favorevole alle nazioni ricche.
Anche sulle nuove proposte però, la discussione è serrata. A premere sono soprattutto i Paesi più poveri del mondo, che chiedono siano assicurati loro almeno 220 miliardi all’anno. I piccoli Stati insulari, riuniti nel gruppo Aosis, chiedono poi che a loro ne arrivino 39.
Ancora molte divisioni: l’avvio dei negoziati veri e propri alla Cop29 potrebbe tardare
«Il nuovo testo propone azioni concrete per arrivare ad un accordo sul montante complessivo, così come obiettivi specifici per i Paesi meno avanzati o più vulnerabili», ha spiegato all’agenzia Afp Friederike Röder, dell’organizzazione non governativa Global Citizen. «Purtroppo, ci si ferma qui. Le proposte che puntano a definire chiaramente in che modo saranno costituiti i finanziamenti climatici, e a garantire che ci sia un monitoraggio stringente e trasparente, restano insufficienti». «L’ultimo testo, di 34 pagine, riflette ancora tutte le opzioni sul tavolo», osserva David Waskow, del World Resources Institute. «I negoziatori devono ora lavorare a restringerlo ad alcune decisioni-chiave sulle quale i ministri dovranno concentrarsi la prossima settimana».
Alla Cop29, infatti, come a tutte le Conferenze mondiali sul clima delle Nazioni Unite, la prima settimana è dedicata al lavoro dei tecnici, che devono facilitare le decisioni politiche assunte poi nella seconda settimana. Quella cruciale. E se alcuni negoziatori appaiono piuttosto ottimisti, altri sottolineano come numerose delegazioni siano in una fase di riposizionamento. Basti pensare che la proposta sul finanziamento climatico che circola attualmente a Baku è passata da 9 a 34 pagine, ovvero alla stessa dimensione del documento emerso a giugno. E le tre opzioni sono state spacchettate in 13 “sotto-opzioni”.
Il che, concretamente, potrebbe significare che l’inizio dei veri e propri negoziati sarà ritardato di alcune ore. Se non di alcuni giorni. La Cop29, insomma, si annuncia in ogni caso molto complicata.