Cop29, una nuova “nota informale” mostra il grande disaccordo tra i governi

Pubblicata nella serata di mercoledì 13 una nuova nota informale, dalla quale le divisioni tra governi appaiono ancora più ampie del previsto

A metà della prima settimana di negoziati, la situazione alla Cop29 appare particolarmente difficile © Habib Samadov/UN Climate Change

Nella serata di mercoledì 13 novembre una nuova “nota informale” sul cosiddetto “UAE dialogue”: il confronto avviato dopo la Cop28 di Dubai finalizzato a trovare le strade utili per dare attuazione ai contenuti del Global Stocktake. Ovvero il documento che ogni cinque anni fa il punto su ciò che è stato fatto per rispettare l’Accordo di Parigi, e indica cosa occorre fare in futuro per allinearsi ad esso. La notizia è che la divisione tra i governi appare forse persino più ampia di quanto ipotizzato.

42 opzioni illustrano un mondo contrapposto alla Cop29

Dal testo della nota – che appunto è tale e non ancora neppure un draft (una bozza) – si evince come sia in atto una vera e propria battaglia tra gli Stati. Il documento presenta una serie di 42 “opzioni” opposte tra di loro, e non è neppure esaustivo.

Alcune nazioni vorrebbero che alla Cop29 di Baku si parlasse soltanto delle questioni relative alla finanza climatica. Quelle cioè che sono indicate nella nota come opzioni “1” e “4”. Altri Stati chiedono invece di discutere l’opzione “3”. Quest’ultima include una lunga serie di questioni, come «le ambizioni in materia di adattamento, mitigazione, mezzi di attuazione e sostegno», la questione del loss and damage (le perdite e i danni patiti soprattutto dai Paesi più vulnerabili), la pianificazione dei negoziati futuri, il monitoraggio dei progressi effettuati al fine di assicurare che le azioni siano allineate con l’obiettivo limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 gradi centigradi.

Infine, altri governi vogliono che in discussione ci siano tutti i punti del Global Stocktake, inclusi quelli che nella nota sono indicati all’opzione “2”. Che fa riferimento alla criticata locuzione utilizzata al termine della Cop28 di Dubai, “transition away” dalle fonti fossili. Un processo di transizione, dunque, che dovrà portare il mondo ad abbandonare gradualmente carbone, petrolio e gas. E che sebbene includa per la prima volta tutte le fonti fossili lascia aperte innumerevoli interpretazioni su cosa significhi concretamente.

Non c’è accordo neppure su quando, come e per quanto tempo si dovrà dialogare

C’è insomma disaccordo sulle stesse questioni da porre sul tavolo. Prima ancora di cominciare la discussione vera e propria. Ma le divergenze spaziano anche su quale debba essere il formato, la frequenza e la durata di tale dialogo. Così come sulla proposta di fissare un punto di confronto sull’implementazione concreta del Global Stocktake ad ogni riunione. Infine, c’è disaccordo sul tipo di risultati che l’UAE dialogue dovrà portare. E perfino sull’opportunità che tali risultati portino a delle final decision (dei testi finali approvati) al termine delle Cop29, Cop30 e Cop31.

La strada, a metà della prima settimana, appare dunque decisamente in salita. C’è ancora molto tempo per tentare di districare la matassa, ma in questi casi un ruolo determinante giocato dalla presidenza della Cop. E l’Azerbaigian non sembra intenzionato a spingere in maniera decisiva, almeno ascoltando le parole del presidente Aliyev.