Il curioso caso di Daniel Levy e del Tottenham Hotspur

Negli ultimi 25 anni il Tottenham è il club con la maggiore crescita a livello economico, eppure c’è un piccolo dettaglio di cui tenere conto

Il nuovo stadio del Tottenham © Tomi Adedeji/iStockPhoto

Quando si parla del calcio neoliberale o finanziario spesso si fanno altri nomi. In molti guardano al Manchester City o al Paris Saint-Germain in mano ai fondi sovrani dei Paesi del Golfo. Altri al Manchester United o al Liverpool controllati dai fondi d’investimento americani. O meglio da complesse architetture finanziarie con sedi nei paradisi fiscali, ma questa è un’altra storia.

In Italia si fa un gran parlare di Inter e Milan, o della Roma, club accomunati dalla pressante necessità di costruire nuovi stadi. O meglio di fare speculazioni edilizie più complesse, ma questa è ancora un’altra storia. Eppure c’è un club di cui si parla poco o nulla e che invece può e deve essere preso come rappresentazione plastica del calcio neoliberale e finanziario. Questa squadra è il Tottenham Hotspur.

I mirabolanti 24 anni di Daniel Levy alla guida del Tottenham

Le dimissioni della scorsa settimana del suo storico presidente e co-proprietario Daniel Levy, dopo 24 anni alla guida del club, ci permettono infatti di tracciare una serie di diagrammi incredibili. Quando Levy comprò il Tottenham nel 2001 il club inglese valeva circa 80 milioni di sterline. Oggi che lo ha lasciato vale circa 3,3 miliardi di sterline. Al netto della crescita economica generale del prodotto calcio, quello del club londinese è un aumento di valore senza paragoni. Come il Tottenham di Levy nessun altro al mondo.

Ma non è finita qui. Nel 2019 il club ha costruito un nuovo stadio. Un impianto da 63mila posti sempre aperto, che genera ricavi a ripetizione. Oltre al calcio ospita partite della Nfl (il football americano), concerti, incontri di boxe e attività varie. Il costo dello stadio è stato di 1,2 miliardi di sterline. I ricavi sono di circa 150 milioni di sterline l’anno. Escluso il naming right, che da solo dovrebbe valere il doppio, e che è oggetto di asta tra diversi soggetti interessati. Grazie a questo investimento il fatturato complessivo del club si è moltiplicato.

Secondo il rapporto Deloitte, infatti, il Tottenham nel 2024 ha fatturato oltre 550 milioni di sterline. Una cifra che lo inserisce al nono posto della top ten calcistica globale, davanti ad altri presunti colossi del pallone. Certo, la costruzione dello stadio ha messo a bilancio un debito che oggi si assesta sugli 850 milioni di sterline, ma come sappiamo in finanza molto spesso il debito è un valore. Non sarà certo il debito a frenare eventuali futuri compratori, anzi.

Il Tottenham sembra la storia di un incredibile successo planetario

In questi 24 anni al Tottenham i soldi Daniel Levy li ha portati anche attraverso la pubblicità con partner importanti come Nike, AIA, Autonomy, Cinch, Getir. Secondo il rapporto Deloitte infatti oltre la metà dei 550 milioni di sterline di fatturato proviene dagli accordi commerciali. A seguire diritti tv e, come abbiamo visto, ricavi da stadio. E anche attraverso il calciomercato, dove il club è famoso per spendere poco e incassare molto.

Guardando ai dati di Transfermarkt negli anni il Tottenham di Levy ha infatti venduto Gareth Bale al Real Madrid per l’allora cifra record di 105 milioni di euro. Henry Kane al Bayern Monaco per 95 milioni. Poi Walker al City (53 milioni), Berbatov allo United (38) e Modric sempre al Real (35). Tutte fenomenali plusvalenze. Per capirci, Bale era stato pagato 14 milioni di euro al Southampton, con un guadagno al momento della vendita di oltre 90 milioni. Kane era addirittura un prodotto della giovanili. Quindi nel suo caso il guadagno è stato totale.

Insomma, quella del Tottenham di Daniel Levy (che ricordiamo è stato acquistato nel 2001 attraverso Enic Group, una holding finanziaria che si occupa di sport e spettacolo, e di cui Levy è socio insieme alla famiglia Lewis) sembra la storia di un incredibile successo planetario. E lo sarebbe anche, se non ci fosse un piccolo dettaglio che ha a che fare con il calcio. Il Tottenham è una squadra costruita per dominare nel panorama finanziario. E per… non vincere mai nulla sul campo.

Se non fosse stato per un piccolo dettaglio

Nei 24 anni alla guida del club, infatti, Daniel Levy ha licenziato una ventina di allenatori, ha collezionato diverse semifinali, un paio di finali e qualche secondo posto. Ma non ha vinto praticamente niente. Eccetto nel 2008 una Coppa di Lega (trofeo che in Inghilterra vale tra il poco e il nulla). E, giusto lo scorso maggio, una Europa League contro il Manchester United. Una rondine troppo ritardataria per fare primavera, e per spiegare bilanci in crescita esponenziale per un quarto di secolo.

La forza del pallone risiede anche nella sua dimensione mitologica e feticista, si vive nel ricordo. Solo che i ricordi del Tottenham sono troppo sbiaditi. Basti pensare che l’ultimo campionato vinto è stato nel 1961. E così, siccome prima di ogni partita nel nuovissimo stadio passano le immagini dei vecchi trionfi, queste sono inevitabilmente in bianco e nero. E queste vecchie immagini, reiterate nel bagliore della nuova ricchezza acquisita, fanno l’effetto di una slapstick comedy di Stanlio e Ollio. Così il Tottenham e la sua storia diventano ogni volta una barzelletta per i tifosi avversari. E una sofferenza per i suoi stessi tifosi.

Ecco qui il dettaglio che stona. Ecco perché, in questo quarto di secolo in cui è stato plastica rappresentazione di un incredibile successo finanziario e di un altrettanto incredibile fallimento in campo, il Tottenham di Daniel Levy è stato soprattutto il vero paradigma del calcio neoliberale e finanziario. Un calcio dove vincere diventa inutile. Un calcio giocato contro i propri tifosi. Tanto che, come scrive Jonathan Wilson sul Guardian: «Se non fosse stato per il calcio, Daniel Levy sarebbe considerato uno dei più grandi dirigenti della storia del calcio».

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