De Raho, ecco come le imprese criminali gestiscono il ciclo dei rifiuti
Il procuratore nazionale Antimafia a Valori: per battere il crimine organizzato servono informazione, banche dati e partecipazione dei cittadini.
“I rifiuti rappresentano ancora il maggior business per le mafie, più della cocaina”. Non lascia dubbi il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, nel suo intervento alla presentazione a Montecitorio di Ecomafia 2018, il rapporto di Legambiente con le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia.
Classe 1952, già Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, è successo a Franco Roberti, lo scorso novembre. Ma esattamente come il suo predecessore, Cafiero De Raho, nell’intervista concessa a Valori, non usa mezzi termini per descrivere il forte impatto sull’ambiente del crimine d’impresa e della malavita organizzata, che bisogna combattere per “tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini”. Anche alla luce dei 331 clan censiti da Legambiente, attivi nella penisola, da nord a sud e le 17 amministrazioni sciolte per mafia dall’inizio del 2018.
Qual è il meccanismo che permette l’infiltrazione delle mafie nella gestione ambientale?
Il sistema criminale che è adottato, attualmente, è quello del cartello delle imprese che partecipano ai pubblici appalti. Questo si evidenzia anche in materia di rifiuti: attraverso una rotazione concordata dalle aziende, che di volta in volta vengono individuate nei diversi territori. Meccanismo che consente di distribuire gli appalti e quindi finisce per far controllare alle imprese criminali a livello nazionale, la gestione dei rifiuti.
Ed è proprio su questo versante, quello del trattamento, che vediamo come le mafie si siano inserite in modo determinante, arrivando a detenerne quasi il monopolio. Stiamo parlando del trattamento “legale” dei rifiuti, che poi finisce per coprire quel trattamento illegale, di fronte al quale diventa sempre più difficile individuare le modalità di smaltimento.
Anche perché vi è, a volte, una contiguità: tra le imprese che gestiscono il traffico illegale di rifiuti e quelle che sono autorizzate. Da tutto questo deriva una maggiore difficoltà nel contrastare il fenomeno.
Che cosa può fare la Direzione Nazionale Antimafia?
La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ha, innanzitutto, un compito nell’ambito delle proprie funzioni: quello del coordinamento, facendo circolare le informazioni tra tutte le procure. La conoscenza è fondamentale perché consente ai singoli uffici investigativi di acquisire un quadro conoscitivo globale. Questo permette, grazie all’intervento della procura nazionale, di distinguere gli ambiti di intervento propri di ciascuna procura. Non solo, attraverso le conoscenze che vengono riversate in banca dati, la direzione nazionale esercita poi un’attività di impulso. Questo è il secondo aspetto più significativo: è nostro compito spingere le procure ad operare laddove non vi è un’azione investigativa in atto.
A proposito dell’entrata in vigore della legge contro gli ecoreati, quale può essere un bilancio a distanza di quasi tre anni dalla sua entrata in vigore?
I risultati evidenziati dal rapporto Ecomafia 2018 determinati dalla legge 68 del 2015, sono stati veramente enormi. C’è stato quasi un raddoppio delle attività di indagine, delle denunce. Sono aumentati gli arresti, i sequestri. Si è avuto anche un’applicazione importante delle nuove fattispecie di reato come l’inquinamento ambientale e il disastro ambientale. Questo dimostra come l’esigenza di nuove ipotesi di reato che fossero più corrispondenti alle esigenze del territorio, che da più parti veniva acclamata, ha trovato una piena realizzazione.
Ora bisogna guardare anche all’altra parte. Bisogna tutelare la salute dell’ambiente per quanto riguarda la flora, la fauna. E bisogna poi che il cittadino riesca a dare una propria collaborazione. Con le forze in atto, si sta facendo tantissimo, ma avere un intervento mirato, anche grazie alle segnalazioni dei cittadini, credo che sia molto importante”.