Diarra e Manchester City: i tribunali del calcio e il diritto del più forte

Una serie di sentenze sui principi di libera concorrenza nel calcio raccontano come oggi in Europa la libertà sia solo quella del più forte

Il caso Lassana Diarra avrà effetti dirompenti sul calciomercato © Alejandro Ramos/Wikimdia Commons

Liberi tutti. Ogni regola che limiti il diritto del più forte è ingiusta. Ogni norma che non protegga il potere del più ricco è sbagliata. Una serie di sentenze, emesse nelle ultime settimane da corti britanniche o europee, ci raccontano come ancora una volta il calcio sia un perfetto barometro per capire la temperatura della società. In particolare di quella europea dove domina la variante ordoliberale del tardo capitalismo. Una scuola di pensiero che, in buona sostanza, sostiene che la libertà assoluta (del mercato, non delle persone) si ottiene solo attraverso norme, leggi e divieti. E il pallone è un eccellente strumento per raccontare questo controsenso.

Tutto ha inizio qualche anno fa, quando l’Unione europea è ancora in formazione. Allora una serie di sentenze, e di rimandi a corti sempre più titolate a giudicare, fece arrivare alla Corte di giustizia di Bruxelles il caso dell’oscuro centrocampista belga Jean-Marc Bosman. Fu una svolta epocale. Non solo per il calcio, ma per tutti gli abitanti del Vecchio Continente. In pratica si stabilì che il calciatore diventava libero dal giogo del vincolo, o del cartellino. E più in generale che il cittadino europeo aveva assolute libertà (di vendere la propria forza lavoro, di attraversare i confini) solo in quanto merce. E non in quanto essere umano. Basta vedere cosa accade ancora oggi con i migranti. Trent’anni dopo altre sentenze, sempre calcistiche, ribadiscono gli stessi principi. Più produci valore economico, più sei libero.

Il caso Manchester City, la rondine che farà primavera

La prima sentenza arriva da un arbitrato indipendente nel Regno Unito in cui si stabilisce che le regole della Premier League sulle sponsorizzazioni sono inique perché limitano la concorrenza. Era successo infatti che la società privata che gestisce il campionato inglese aveva bloccato due sponsorizzazioni del Manchester City con First Abu Dhabi Bank e con Etihad Aviation Group. Entrambe le società, come è evidente, fanno riferimento alla galassia del fondo sovrano Abu Dhabi Investment Authority che dal 2008 possiede il City. Secondo la Premier League, quindi, si trattava di iniezioni di denaro mascherate da parte del padrone del club, che confliggevano con le regole del fair play finanziario.

Ma la corte che ha assolto il Manchester City ha stabilito che queste regole erano «scritte male». E ha però aggiunto come indicazione che queste regole sono anche «sbagliate», perché ledono i principi di libera concorrenza. Gli stessi su cui si era basata la sentenza Bosman. Questa vittoria del City da un lato non ha nulla a che fare con la ben più pesante accusa da 115 capi di imputazione su cui un altro tribunale britannico si esprimerà la prossima primavera. Ma dall’altro sì. Perché anche quelle accuse, riferite al periodo 2009-18, vertono sempre sul mancato rispetto dei parametri finanziari voluti dal fair play e sull’aver iniettato nel denaro della proprietà attraverso accordi mascherati. E quindi il City avrà buon gioco a utilizzare questa sentenza. E gli altri club a seguire.

Il caso Lassana Diarra, la nuova sentenza Bosman

L’altro caso, su cui si è espressa la Corte di giustizia europea, la stessa del caso Bosman, riguarda invece Lassana Diarra. Il calciatore francese nel 2014 aveva lasciato il Lokomotiv Mosca prima della scadenza del contratto, facendosi licenziare per potere andare altrove. Dopo il ricorso del club, Fifa lo aveva obbligato a pagare 10 milioni di euro in compensazione alla Lokomotiv. E per Diarra era stato difficile trovare una nuova squadra, altrimenti sarebbe stata questa a dover pagare la multa al vecchio club. Tra carte private e carte bollate, la storia va avanti per dieci anni. Fino a che, due settimane fa, un giudice a Bruxelles stabilisce che le regole della Fifa sono ingiuste perché limitano «i principi della libera concorrenza» all’interno dell’Unione europea.

Questa sentenza potrebbe avere effetti dirompenti sul calciomercato. Come li ebbe la sentenza Bosman. E infatti la Fifa, la settimana scorsa, ha detto che «si impegnerà a rivedere l’intero sistema dei trasferimenti». Ma per adesso quello che ci interessa sono quei principi di libertà che sono alla base di tutte le sentenze fin qui esaminate. E anche di quella, sempre emessa dalla Corte di giustizia europea lo scorso anno, che in pratica stabiliva il diritto dei club a formare una Superlega privata. E accusava Uefa e Fifa di abuso di posizione dominante, dando il via libera nel prossimo futuro alla creazione di leghe private di ogni tipo. Tutti questi verdetti, lungi dal difendere i diritti dei lavoratori o dei più deboli, raccontano solo che oggi in Europa la libertà è solo del più forte. E questa libertà può essere tale solo se diventa norma in tribunale. Come prescrivono i principi della scuola ordoliberale.