Yemen: la guerra che uccide donne e bambini. E annienta decenni di progresso
89 miliardi di dollari di danni, 140mila morti tra i bambini sotto i 5 anni, 233mila in tutto. Sono i numeri del conflitto in Yemen secondo l'Undp
«Il conflitto in Yemen ha causato danni tali da aver fatto tornare indietro il Paese di 26 anni in termini di sviluppo umano (circa una generazione), se dovesse terminare nel 2022, 40 anni se dovesse continuare fino al 2030». A fare questa drammatica previsione è un recente rapporto pubblicato dall’Undp, (il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) che ha acceso i riflettori sui devastanti impatti umanitari ed economici della guerra in Yemen, una guerra sanguinosa in corso dal 2015.
Il report si intitola Assessing the Impact of War on Development in Yemen (Stimare l’impatto della guerra sullo sviluppo in Yemen), è stato commissionato dall’Undp ed è stato realizzato dai ricercatori dal Frederick S. Pardee Centre for International Futures, dalla Josef Korbel School of International Studies e dalla University of Denver
«Anche se dovesse tornare la pace domani, ci vorrebbero decenni perché lo Yemen torni ai livelli di sviluppo di prima della guerra», ha spiegato Auke Lootsma, rappresentante dell’Undp per lo Yemen.
Una distruzione da 89 miliardi
Secondo i ricercatori ad oggi i danni economici provocati dal conflitto in Yemen ammontano a 88,8 miliardi di dollari. Nel 2030 diventerebbero 657 miliardi di dollari di perdite, con il 71% della popolazione in condizioni di povertà estrema (dovrebbe cioè sopravvivere con meno di 2 dollari al giorno), l’85% sarebbe malnutrito.
I decessi indiretti, causati dall’impossibilità di accedere a cibo, cure sanitarie e infrastrutture per colpa dei continui bombardamenti – si legge nel rapporto – sarebbero 5 volte superiori ai decessi provocati direttamente dalle bombe.
I bambini, vittime della guerra
“Il conflitto più distruttivo dopo la guerra fredda”, l’ha definito il report dell’Undp. 140mila morti tra i bambini sotto i 5 anni, 233mila i decessi totali: di cui 102mila in combattimento e 131mila indiretti, per la mancanza di cibo, di assistenza sanitaria e di infrastrutture. Il conflitto in corso da 5 anni infatti sta impendendo la circolazione nel Paese. Raggiungere un ospedale spesso è impossibile o richiede talmente tanto tempo che i malati arrivano troppo tardi.
E se il conflitto dovesse durare fino al 2022 i decessi tra i bambini sotto i 5 anni saliranno a 331mila, uno ogni 7 minuti, 482mila in tutto.
La storia di Hassan, un bambino di 3 anni, portato in ospedale in condizioni critiche
Madri e bimbi muoiono senza cure. L’allarme di MSF
Le considerazioni dell’Onu sono avvalorate dall’allarme lanciato da Medici senza frontiere: “In Yemen donne incinte, neonati e bambini sotto i quindici anni muoiono perché non riescono a raggiungere le cure per cause legate al violento conflitto in corso”. Lo rileva il rapporto di Medici senza frontiere “Parti complicati, madri e bambini yemeniti muoiono senza cure”
Tra il 2016 e il 2018, 36 donne e 1.529 bambini, di cui 1.018 neonati, sono morti nell’ospedale MSF a Taiz Houban e nell’ospedale supportato di Abs. A Taiz, quasi in un terzo dei bambini erano già deceduti all’arrivo in ospedale.
L’elevata mortalità è causata soprattutto dalla mancanza di strutture sanitarie funzionanti e dalle difficoltà di raggiungere gli ospedali aperti, attraversando le linee del fronte, negoziando il passaggio dei posti di blocco.
Dopo quattro anni di guerra, le parti in conflitto e i loro alleati internazionali hanno provocato il collasso del sistema sanitario pubblico nel Paese, che non riesce a soddisfare i bisogni di 28 milioni di yemeniti. Non a caso, l’alto numero di decessi di bambini e neonati è in gran parte legato a fattori causati direttamente dal conflitto: la scarsità di strutture sanitarie funzionanti, le difficoltà delle persone nel raggiungerle, l’impossibilità di soluzioni alternative. Molte persone devono attraversare le linee del fronte, passare attraverso terre di nessuno o negoziare il passaggio attraverso più posti di blocco per raggiungere un ospedale ancora funzionante.
Ospedali colpiti dai bombardamenti…
Oltre ai pericoli lungo il tragitto per raggiungere gli ospedali, gli yemeniti temono anche che le stesse strutture sanitarie possano essere attaccate. Cosa che accade di frequente, violando le convezioni internazionali.
«L’ospedale di Abs è stato già colpito in passato e tutta l’area di Abs ha subito molti attacchi aerei nel corso della guerra», afferma Khattab, responsabile per i servizi di salute mentale di MSF. «Le persone hanno paura di essere attaccate per strada e che l’ospedale possa essere colpito di nuovo. Molti dei pazienti che riescono a raggiungerci mostrano sintomi di disturbo da stress post-traumatico».
MSF chiede a tutte le parti in conflitto di garantire la protezione dei civili e del personale medico, di permettere a feriti e malati di accedere all’assistenza sanitaria e di allentare le restrizioni alle organizzazioni umanitarie per permettere loro di rispondere in modo tempestivo agli ingenti bisogni della popolazione.
…con bombe anche italiane
Su Valori lo avevamo scritto più volte: per la crisi in corso in Yemen l’Italia ha un’enorme responsabilità. Perché arrivano dalla Sardegna, dall’azienda RWM, le bombe dirette in Arabia Saudita, per essere poi usate anche nel conflitto in Yemen.
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Cure mediche che gli yemeniti non si possono più permettere
Gli ostacoli che impediscono a madri e bambini di raggiungere gli ospedali sono rafforzati dalla vulnerabilità economica di molte famiglie. Prima dell’inasprirsi del conflitto nel 2015, la maggior parte dei servizi medici in Yemen era fornita da strutture sanitarie private, a costi relativamente sostenibili. Oggi, la capacità degli yemeniti di accedere a cure sanitarie di qualsiasi tipo è diminuita drasticamente perché il conflitto ha devastato l’economia e svalutato i risparmi, lasciando la maggior parte delle persone dipendente dalla limitata sanità pubblica disponibile.
E si aggiunge l’epidemia di colera: un’altra conseguenza della guerra
Più di 100 mila casi sospetti di colera sono stati registrati dall’inizio dell’anno in Yemen, tra i bambini di età inferiore ai 15 anni, più del doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’allarme arriva da Save the Children.
«Le violente piogge che hanno colpito di recente il Paese, le inondazioni improvvise, la scarsità di carburante e gli scontri in corso – sottolinea Save the Children – stanno contribuendo a peggiorare la situazione, dopo quattro anni di guerra, e a creare le condizioni perfette perché il colera possa diffondersi nei prossimi mesi ancora più velocemente».
La mancanza di carburante e l’aumento del prezzo di quest’ultimo stanno mettendo a dura prova la capacità di funzionamento dei sistemi fognari, di fornitura di acqua pulita e di raccolta dei rifiuti. Molte famiglie, infatti, non riescono ad accompagnare i propri figli nelle strutture sanitarie perché non possono permettersi il costo dei trasporti e in molti sono costretti a fare uso di acqua sporca perché l’acqua pulita, a causa dell’incremento del prezzo della benzina, è troppo cara.
Secondo Save the Children i casi di colera potrebbero crescere drasticamente soprattutto nelle zone dove imperversano gli scontri.
Ad Hajjah, nel nord-ovest del Paese, per esempio, si teme che i combattimenti possano impedire l’accesso all’unica fonte d’acqua a 200.000 persone, già particolarmente vulnerabili in seguito alla fuga dalle proprie abitazioni ed esposte ad alti livelli di insicurezza alimentare.
E i fondi promessi non arrivano
Dopo che l’epidemia di colera aveva colpito più di 1 milione di persone nel 2017, la malattia è stata parzialmente contenuta nel 2018. A febbraio scorso, la comunità internazionale ha annunciato lo stanziamento di 2,6 miliardi di dollari nell’ambito della risposta alla guerra in Yemen, il 65% dei fondi necessari per affrontare i bisogni umanitari in tutto il Paese. A due mesi di distanza, tuttavia, quegli impegni non hanno ancora trovato concretezza e alle agenzie impegnate sul terreno sono arrivati solo il 4% dei fondi necessari per gli interventi in materia di salute e il 10% di quelli per i servizi igienico-sanitari, acqua e igiene, cruciali nella lotta alla diffusione della malattia.