Il fair play finanziario e quello che non si racconta sulla Roma (Volume Uno)

Dietro le multe del fair play finanziario della Uefa ci sono incredibili operazioni contabili che vengono così tollerate e incentivate

Il fair play finanziario e la Roma © BalkansCat/iStockPhoto

Nella canicola estiva della capitale, tra un parco che brucia e un benzinaio che esplode, tiene banco il calciomercato della Roma. O meglio, visto che oggi il tifoso si è trasformato in contabile, tiene banco quello che la Roma può o non può spendere rispetto alle altre squadre. Il club giallorosso infatti è soggetto alle restrizioni del fair play finanziario della Uefa, che questa settimana lo ha multato per tre milioni di euro per non avere rispettato appieno l’accordo sui parametri di sostenibilità. Il tutto dopo le multe e le limitazioni sul calciomercato degli scorsi anni. La domanda del tifoso romanista a questo punto diventa: perché noi sì e le altre squadre no? Perché siamo onesti? O perché siamo stupidi? Nessuna di queste. La risposta è altrove, e molto più complessa. E per come sono state raccontate le cose finora potrebbe sorprendervi.

Il nuovo fair play finanziario è iniquo e classista come il vecchio fair play finanziario

In buona sostanza il nuovo Protocollo di sostenibilità della Uefa in vigore dal 2023 è un sistema iniquo e classista. Serve a tutelare il diritto del più forte. Sulla falsariga del vecchio fair play finanziario, voluto nel 2009 dall’allora presidente Michel Platini, il nuovo fair play finanziario permette a chi ha più soldi di spendere di più. E quindi rinforzarsi sempre di più, a discapito degli altri che guadagnando di meno possono spendere meno. E cristallizza così le posizioni dominanti nel calcio europeo.

Le novità sono tecniche e normative. La regola principale del nuovo fair play finanziario è la Football Earnings Rule. Semplificando molto permette perdite di 60 milioni in tre anni. Poi c’è la Squad Cost Rule. Impone che il costo degli stipendi, del personale e delle commissioni non superi il 90% delle entrate dei club al momento della sua entrata in vigore. L’80% nella stagione 2024-25 appena conclusa. E il 70% a partire dal 2025-26 in poi. Interessante, tra l’altro, che questa regola sui costi contenga anche le commissioni ai procuratori. Detto ciò, proprio la balbettante applicazione di queste regole e le ridicole sanzioni derivanti dal loro mancato rispetto ci permettono di mostrare il classismo insito in questo sistema. E anche, come vedremo in seguito, di osservare le infinite vie dei trucchi di bilancio e del maquillage finanziario.

I trucchi contabili di Barcellona e Chelsea

Quest’anno per non avere ottemperato alle regole di cui sopra, o agli accordi precedentemente presi con la Uefa, sono stati multati diversi club. Tra questi Chelsea, Barcellona e Lione. I primi due sono colossi del calcio europeo, i cui debiti (che siano verso la società controllante o nei confronti di banche e istituti finanziari) superano il miliardo. Too big to fail, sono state multate per decine di milioni, ma sopravviveranno. Sono soldi che i due club sono in grado di pagare, dilazionati o meno nel tempo. Il piccolo Lione invece è stato multato, e ha rischiato di essere retrocesso in Ligue 2 dall’organo di controllo federale francese che recepisce le norme Uefa. Nella prossima stagione, in caso di qualificazione, sarà escluso dalle coppe europee. A dimostrazione che la regola è stata scritta per proteggere i forti e colpire i deboli.

Ma la cosa più incredibile sono i motivi per cui Chelsea e Barcellona sono stati multati. Il due club infatti non sono stati multati nonostante i loro trucchi di bilancio più volte raccontati da Valori.  Ma proprio per il maquillage finanziario messo in piedi. Come a dire, se siete capaci di fare dei trucchi fate pure, vi multeremo solo per quello e non per il mancato rispetto delle regole del fair play finanziario. Il Barcellona è stato quindi multato per aver fatto finta di vendere parte dei suoi mostruosi debiti. Per essersi impegnato futuri introiti dei diritti tv, dei biglietti del nuovo stadio e della vendita di giocatori. E il Chelsea è stato multato per le due operazioni incredibili di cui vi abbiamo raccontato diverse volte su Valori: la vendita a prezzi assurdi di due alberghi e della squadra femminile a società controllate dagli stessi proprietari del club.

I curiosi scambi tra Aston Villa e Juventus, chez Exor

C’è poi il caso dell’Aston Villa, multato per l’operazione Douglas Costa con la Juventus dell’anno scorso. Anche di questa vicenda ci eravamo occupati su Valori. Prima della chiusura del bilancio, con il club inglese sotto di 50 milioni, arriva in soccorso la Juve che compra per 50 milioni il giocatore brasiliano, che poi si rivela un flop. Ma la Juve non ha 50 milioni. E così l’Aston Villa il giorno dopo compra, iper valutandoli a 26 milioni, Iling-Junior e Barrenechea: due ragazzini della Juve, che poi sono subito girati in prestito a squadre di media classifica. Ciliegina sulla torta, presidente dell’Aston Villa è Nassef Sawiris, imprenditore che siede nel board di Exor, la holding olandese proprietaria della Juventus. Un caso? Sicuramente sì.

Per la stessa operazione è ora sotto osservazione la Juve, che ha però rinviato ogni possibile sanzione al prossimo anno. Con tutta probabilità finirà a tarallucci e vino come per Chelsea e Barcellona. Il sistema del fair play finanziario, come detto, serve a proteggere il diritto del più forte. E torniamo quindi alla Roma. Perché in giro si racconta che a differenza delle altre squadre il club giallorosso ha il mercato bloccato dal fair play finanziario? Perché è un club debole a livello politico? O perché non ha utilizzato gli stessi trucchetti delle altre squadre? Perché è una squadra buona e onesta, che crede nelle regole e nei principi? O forse perché non sono furbi abbastanza da mettere in pratica trucchi di bilancio? La risposta non è in nessuna di queste domande. E lo capiremo nella seconda parte di questo approfondimento.

Fine prima parte

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