La finanza net zero mette al bando le fossili
Il nuovo standard SBTi per la finanza net zero esclude carbone, petrolio e gas: banche e assicurazioni dovranno dire addio ai nuovi progetti fossili
Travolta dal greenwashing. Dal fuggi fuggi generale dalle tante alleanze “net zero” nate negli ultimi anni. Da tassonomie e criteri Esg che fanno acqua da tutte le parti, dove addirittura c’è chi pretende che le bombe nucleari siano sostenibili e chi sta ridefinendo lo stesso significato di Esg per renderlo più aperto a settori che fino a ieri erano esclusi senza se e senza ma.
È questa la situazione in cui si trova oggi la finanza sostenibile. Alla disperata ricerca di un modo per riconquistare credibilità.
Arriva FINZ: il nuovo standard per la finanza net zero
Prova a offrire un assist in questo senso la Science Based Targets initiative (SBTi), punto di riferimento internazionale nell’indicazione di obiettivi di decarbonizzazione per il settore privato. Essa stessa non esente negli anni da pesanti critiche, anche recenti. SBTi ha infatti pubblicato a fine luglio la prima versione di FINZ-Financial Institutions Net Zero Standard, lo standard net zero per le istituzioni finanziarie.
Il progetto è stato avviato nel 2021 sulla base dell’esperienza dei precedenti Financial Institutions Near-Term Criteria. Tra agosto e dicembre dello scorso anno, una prima bozza di FINZ è stata testata in un progetto pilota. Con 33 istituzioni finanziarie internazionali coinvolte.
Il nuovo standard, ovviamente volontario, è stato presentato come un passo avanti importante per l’azione sul clima in ambito finanziario. SBTi ha affermato che esso permetterà alle istituzioni finanziarie di fissare target basati sulla scienza allineati con l’obiettivo delle zero emissioni nette entro il 2050 per quanto riguarda le loro pratiche di investimento, assicurazione, prestiti, attività sui mercati dei capitali. Lo standard è descritto in un documento di un’ottantina di pagine. Accompagnato da un più agile brief e da un one-page Summary (in nove lingue, fra cui arabo e cinese) con i punti essenziali. C’è anche un video in cui a introdurre FINZ è Nate Aden, responsabile in SBTi degli standard finanziari.
Stop ai combustibili fossili: lo standard FINZ dice basta a carbone, petrolio e gas
La buona e principale notizia è che quello delineato da FINZ sembra in effetti un quadro piuttosto rigoroso. In particolare su un punto: gli istituti finanziari – banche, assicurazioni, asset manager e asset owner, società di private equity, di ogni dimensione e a livello globale – che vorranno ottenere da SBTi la convalida dei propri piani di transizione climatica, dovranno pubblicare policy che escludono gli investimenti in società che continuano a sviluppare nuovi progetti legati ai combustibili fossili.
Una previsione che è stata infatti apprezzata anche dal sempre attento e agguerrito watchdog Reclaim Finance. «La SBTi invia un messaggio chiaro e positivo – ha dichiarato Paul Schreiber, analista di Reclaim Finance –. Non si dovrebbero più fornire servizi finanziari alle aziende che sviluppano progetti su carbone, petrolio e gas». Chi intende fregiarsi della validazione di SBTi dovrà quindi mettere uno stop ai finanziamenti a miniere di carbone e centrali elettriche a carbone. Ciò sia a livello di singoli progetti, sia a livello di aziende che li sviluppano. Stop immediato anche al finanziamento di nuovi progetti per la produzione di oil&gas. Come pure alle infrastrutture per quel gas naturale liquefatto (LNG) che va tanto di moda sulla rotta Stati Uniti-Europa. Specie dopo i diktat di Trump all’Ue. E stop anche, entro il 2030, ai finanziamenti alle stesse aziende che sviluppano questi nuovi progetti.
Il ruolo dei watchdog nella finanza net zero
Oltre alle fossili, nel mirino ci sono poi la deforestazione, per la quale si chiede di valutare l’esposizione e di pubblicare un no-deforestation plan, e il real estate, al cui riguardo si chiedono policy che prevedano lo stop al finanziamento di nuovi edifici non allineati a obiettivi net zero e l’aumento dei finanziamenti per ristrutturazioni green di quelli esistenti. In generale FINZ spinge gli attori finanziari ad abbandonare il finanziamento di attività incompatibili con i target net zero e a incrementare invece il sostegno a quelle che supportano una transizione dell’economia reale allineata con gli obiettivi climatici globali. Per far ciò, li invita ad accrescere qualità, portata e trasparenza dei dati sulle emissioni delle attività finanziate. E a fare attenzione all’accuratezza e verificabilità degli obiettivi net zero che si dichiarano.
Un’altra buona notizia è che nel gruppo di consulenti costituito da SBTi per collaborare alla definizione di FINZ c’erano rappresentanti non solo del mondo finanziario, accademico e dei principali enti di riferimento del mondo della finanza sostenibile (PRI, Unep Fi, Institutional Investors Group on Climate Change, fino a Beijing Green Finance Association e Korea Sustainability Investing Forum), ma anche dei watchdog che spesso bacchettano severamente questo mondo: oltre alla citata Reclaim Finance, figurano ad esempio InfluenceMap, Profundo, The Sunrise Project, Urgewald.
Net zero: obiettivo realistico o illusione finanziaria?
Per chi vuole saperne di più direttamente da chi ha elaborato lo standard, SBTi organizza un webinar il 10 settembre (con due sessioni, alle 10 e alle 16 ora italiana) in cui guiderà all’esplorazione degli elementi fondamentali del nuovo standard e a come utilizzarlo.
In ogni caso corre l’obbligo di ricordare che non sono pochi quelli che contestano la credibilità e soprattutto l’efficacia, ai fini del reale contrasto alla crisi climatica, dello stesso obiettivo delle zero emissioni nette al 2050. Cioè quello che sta alle fondamenta di FINZ. Ma questa è un’altra storia.


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