Costi folli e detenzioni forzate: la disumana finanziarizzazione della salute
Due nuovi studi di Oxfam fotografano gli effetti perversi della finanziarizzazione della salute nel sud del mondo
«È terribile vederla così, il suo corpo è trasformato. Non sembra più nemmeno un corpo, ma un ammasso di pietra». Franciska Wanjiru parla della salma di sua madre, trattenuta da due anni presso il Nairobi Women’s Hospital, in Kenya, per il mancato pagamento delle spese ospedaliere. «Imploriamo l’ospedale di restituirci il corpo, almeno come regalo di Natale. Non saremo mai in grado di saldare quel conto, non ha senso che si tengano il cadavere».
Quella di Franciska è solo una delle storie che sgorgano, con rara potenza di denuncia, dalle pagine del rapporto gemellare Sick Development e First, do no Harm. Un lavoro che è frutto di una complessa e coraggiosa ricerca dell’organizzazione umanitaria Oxfam sulla finanziarizzazione della salute che comprende un volo radente sul mondo e un approfondimento specifico sull’India.
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Pazienti detenuti negli ospedali come forma di intimidazione
Il debito di Franciska equivale a 43mila dollari. Aumenta ogni giorno, man mano che la detenzione in morte di sua madre continua. La notizia della detenzione dei pazienti e delle salme come forma di intimidazione e di estrazione finanziaria ha attirato l’attenzione della stampa kenyana sin dal 2016. Ma le cattive abitudini sono dure da estirpare. Nel 2017 una donna si è vista trattenere il figlio appena partorito per oltre tre mesi, per l’impossibilità di pagare i 3mila dollari richiesti.
A nulla è servito il pronunciamento di un tribunale contro l’ospedale per violazione della Costituzione. Nel marzo 2021, la Corte Suprema ha imposto al Nairobi Women’s Hospital un risarcimento di oltre 27mila dollari a favore di Emmah Muthoni Njeri, illegalmente detenuta per oltre cinque mesi. Non si contano le ritorsioni contro il personale sanitario per aver affrettato le dimissioni, le pressioni sui medici per richiedere nuove diagnosi, il consiglio di interventi chirurgici inutili. Tutto documentato nel rapporto, inclusa la paura dei familiari che temono ritorsioni sui loro cari.
Se la salute diventa profitto
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Dal Kenya all’India, il problema è sistematico
Sia chiaro. Il Nairobi Women’s Hospital non è una mela marcia. E il problema non riguarda solo il Kenya. In molti paesi del sud del mondo, gli ospedali privati sfruttano i bisogni di comunità spesso prive di strutture sanitarie pubbliche. E abusano sistematicamente dei pazienti. Imprigionandoli se non pagano il conto, negando loro il pronto soccorso se sono poveri, strattonandoli finanziariamente con tariffe improponibili anche quando spetterebbero loro cure gratuite. Sospingendoli in un abisso di dolore e impoverimento di cui vengono investiti familiari e amici, e da cui è praticamente impossibile riscattarsi.
Non guardano in faccia a nessuno. In India due ospedali convenzionati, rispettivamente negli stati di Chhattisgarh e Odisha, hanno rifiutato cure gratuite a titolari di assicurazioni governative e altre esenzioni. Costringendo le famiglie di questi pazienti a «conseguenze finanziarie catastrofiche». Oxfam racconta dettagli raccapriccianti: medicinali messi in conto al prezzo gonfiato del 50%, cateteri monouso riutilizzati e addebitati più volte, casi da medicina d’urgenza rifiutati per insufficienza finanziaria (in India vige l’obbligo di cure d’emergenza per gli incapienti).
Neppure il Covid-19 è servito per immunizzare questi avvoltoi. Quale migliore occasione della pandemia, dopo tutto? Hanno volteggiato sulla paura e sui sintomi dei pazienti senza farsi scrupoli. In Uganda, il Nakasero Hospital di Kampala faceva pagare un letto in terapia intensiva l’equivalente di 1.900 dollari al giorno. Al TMR Hospital, i familiari di un paziente poi deceduto a causa del virus si sono ritrovati l’esorbitante cifra di 116mila dollari da pagare.
Le storture della finanziarizzazione della salute
La vera patologia sta a monte: i proprietari e gestori di questi ospedali pensano alla salute solo come profitto. I protagonisti di queste storie sono personaggi del calibro di Arif Naqvi, il fondatore del Gruppo Abraaj che ha convinto le istituzioni finanziarie e le Nazioni Unite a indirizzare miliardi di soldi pubblici per incentivare i finanziamenti privati. Il tutto per la realizzazione dell’Agenda 2030. Semplice il mantra di Navqi: finanziando fondi di azionariato privato come Abraaj, il capitalismo agisce da leva per arricchire gli investitori e intanto «porre fine alle sofferenze dei poveri». Ma la favola si è incagliata nel 2018. Il gruppo è stato coinvolto in una delle più grandi frodi della storia, quando si sono volatilizzati centinaia di milioni di dollari dal Global Health Market Fund finanziato anche da Bill Gates.
Questo scandalo ci riguarda. Gli ospedali privati raccontati di Oxfam sono foraggiati dalle istituzioni finanziarie europee per la cooperazione allo sviluppo. Inseguendo le tracce di circa 400 investimenti si approda a tre distinte entità europee: la British International Investment (BII), la Proparco francese e la tedesca Deutsche Investitions und Entwicklungsgesellschaft (DEG). Ma anche alla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e alla International Finance Corporation (IFC), il braccio privato della Banca Mondiale. La ricerca individua 358 investimenti in aziende sanitarie private nel sud globale fra il 2010 e il 2022, per un totale di 3,2 miliardi di dollari. Il 56% degli investimenti europei è destinato a ospedali privati e a una miriade di provider privati che operano tramite intermediari finanziari del comparto sanitario.
Fondi per la salute che finiscono nei paradisi fiscali
La mobilitazione finanziaria verso i privati per la salute dei Paesi in via di sviluppo si aggancia oggi agli Obiettivi di sviluppo sostenibile, in particolare alla copertura sanitaria universale, nel più avvilente deficit di trasparenza e accountability. Le molteplici operazioni, in crescita dopo la pandemia, si articolano in una invisibile trama di intermediari finanziari, perlopiù fondi di azionariato privato. Impenetrabili. Hanno sede, infatti, nei paradisi fiscali – l’80% dei 140 intermediari intercettati da Oxfam sono domiciliati alle Mauritius e alle Isole Cayman.
Privatizzazione e finanziarizzazione della salute vanno allegramente a braccetto nel sud del mondo con i nostri soldi, a nostra insaputa. Ma il rapporto di Oxfam dà la sveglia anche a noi: l’alternativa alla salute pubblica, che stiamo perdendo in Italia, è una disumanizzazione sanitaria.