Il colosso Vinci sotto accusa in Francia per i cantieri di Qatar 2022

Un tribunale francese ha aperto un'istruttoria per accertare eventuali responsabilità della francese Vinci nei cantieri dei Mondiali in Qatar

Un cantiere della società francese Vinci © Alexandre Prevot/Flickr

Si apre finalmente uno squarcio sulle responsabilità occidentali nella tragedia umana e sociale che è la Coppa del Mondo di Qatar 2022. Un tribunale francese ha infatti aperto un procedimento contro Vinci Construction Grands Projets, una multinazionale transalpina che si occupa di edilizia e costruzioni, per aver costretto i suoi dipendenti a «condizioni di lavoro o di vita incompatibili con la dignità umana».

Tre grandi cantieri gestiti in Qatar da Vinci

Una prima vittoria per le organizzazioni di difesa dei diritti umani, che da un decennio si battono contro questi Mondiali della vergogna, in cui sarebbero già morte oltre 6.500 lavoratori migranti solo per la costruzione degli stadi e delle infrastrutture necessarie allo svolgimento della manifestazione. Un torneo che prevede guadagni milionari per la Fifa e i suoi sponsor, tra cui Budweiser, Adidas, Coca-Cola, Visa e McDonald’s.

Tre sono i siti gestiti da Vinci sotto accusa: una metropolitana leggera che collega Doha a Lusail, nuova città che ospiterà la finale dei Mondiali; i parcheggi sotterranei della stessa Lusail; e il cantiere dell’hotel Sheraton, nel cuore di Doha.

Secondo le testimonianze raccolte dalla ong Sherpa, ai lavoratori migranti che lavoravano in questi siti gestiti direttamente da Vinci sarebbero stato sequestrati i passaporti. E poi sarebbero stati costretti a lavorare fino a 80 ore la settimana, stipati in stanze anguste e affollate, senza servizi igienici. Il tutto sotto costante minaccia di non rivedere in propri documenti, né la propria libertà.

L’istruttoria aperta in Francia a pochi giorni dall’inizio dei Mondiali in Qatar

Le testimonianze raccolte da Sherpa risalgono al 2015 e una prima denuncia del 2018 al tribunale di Nanterre, periferia nordoccidentale di Parigi, era stata respinta. Ma una nuova azione civile promossa da Sherpa insieme all’altra ong Comité contre l’esclavage moderne (CCEM) e sei lavoratori indiani e nepalesi che hanno lavorato in quei cantieri, è stata finalmente accolta nel 2019. Proprio grazie alla denuncia dei lavoratori.

qatar operai
Lavoratori a Doha, in Qatar © Adam Jones/Wikimedia Commons

E mercoledì 9 novembre, a dieci giorni dall’inizio dei Mondiali, è stata aperta l’istruttoria con le accuse a una multinazionale occidentale di operare in regime di schiavitù. I cantieri sono infatti gestiti da QDVC, società qatariota di cui però la francese Vinci Construction Grands Projets detiene il 49% del capitale. Ecco perché finalmente si può inchiodare anche l’Occidente alla sue responsabilità.

Gli avvocati della multinazionale francese davanti al giudice per le indagini preliminari hanno dichiarato di avere avuto «poco tempo per preparare la difesa». E poi hanno sostenuto che «fin dal 2014 Vinci ha promosso indagini di società terze e indipendenti per monitorare la regolarità del lavoro nei cantieri».

«Un segnale forte contro l’impunità delle multinazionali»

Ma forse non erano così terze o indipendenti. La stessa Vinci, non si capisce per quale motivo, cerca anche di allontanare le ombre dalla Coppa del Mondo. Sostenendo che «nessuno dei progetti è correlato ai Mondiali», essendo «essenzialmente sulle infrastrutture di trasporto». Ma è noto che sono proprio le infrastrutture non adiacenti sono quelle su cui si concentrano i guadagni e le speculazioni nei grandi eventi. E in questo caso anche la riduzione in schiavitù dei lavoratori.

Il processo istituito dal tribunale di Nanterre è decisivo. Da un lato apre finalmente anche in Europa quella che molti si augurano sia solo la prima di una serie di denunce nei confronti delle multinazionali occidentali che lucrano sulle tragiche condizioni di lavoro possibili negli emirati del Golfo.

Dall’altra mostra che non è solo la Fifa, ma sono le stesse aziende occidentali a trarre guadagno dai Mondiali della vergogna. Che non sono un problema di un Paese lontano. Ma un nostro problema. «Questa accusa è un segnale forte contro l’impunità delle multinazionali», ha dichiarato infatti Sandra Cossart, direttrice elle ong Sherpa. Ciò poiché «dimostra che anche queste possono essere sanzionate penalmente quando sfruttano le condizioni della moderna schiavitù».