Clima e parità di genere: i pochi passi avanti raggiunti alla Cop29

Alla Cop29 le Parti hanno preso solo parzialmente in considerazione le istanze riguardanti la giustizia di genere nei negoziati sul clima

Il dibattito su clima e parità di genere alla Cop29 di Baku © UN Climate Change - Kamran Guliyev

Rosso, simbolo di solidarietà con le comunità indigene. Bianco, un promemoria del valore imprescindibile dei diritti umani nella crisi climatica. Viola, a ribadire l’urgenza di una finanza giusta e inclusiva. Blu, evocativo dei mari e degli oceani, i silenziosi regolatori del bilancio termico del pianeta.

Alla Cop29 la Women and Gender Constituency, il gruppo riconosciuto dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) per garantire la giustizia di genere nei negoziati sul clima, ha fatto dei colori il suo linguaggio visivo. Le sue 35 organizzazioni rappresentanti si sono mosse come un’unica voce: compatte, decise e con una visione chiara. Tuttavia, le Parti hanno preso solo parzialmente in considerazione le loro richieste.

Cosa dice il documento finale Gender and climate change

Il documento finale intitolato Gender and climate change, che si discosta solo marginalmente dall’ultima bozza che era stata pubblicata, inizia ponendo l’accento sull’importanza del Lima Work Program, il programma lanciato durante la Cop20 del 2014 per integrare la parità di genere nelle politiche e nei processi decisionali sui cambiamenti climatici. E sottolineando le profonde differenze con cui gli impatti della crisi climatica si manifestano su uomini e donne, sui Paesi in via di sviluppo e sulle comunità indigene, incoraggiando una ricerca a dati disaggregati per genere ed età.

Questo appello, tuttavia, era già stato lanciato durante il Global Gender Stocktake della Cop28. E, ancora una volta, manca di chiarezza sui meccanismi necessari per attuare tali azioni, insieme a come si intende monitorarne i progressi.

Al punto 11 si legge poi la dichiarazione più importante: il Programma verrà esteso per altri 10 anni, richiedendo lo sviluppo di un nuovo piano d’azione a giugno 2025. Questa è una buona notizia, poiché offre alle parti l’opportunità di creare nuove politiche più ambiziose e di stabilire obiettivi concreti e finanziamenti specifici.

Finanza climatica e dimensione di genere: a che punto siamo

Le Parti, gli enti pubblici e privati sono poi invitati a rafforzare la capacità di risposta alle problematiche di genere nel finanziamento climatico ponendo particolare attenzione alle donne e a facilitare l’accesso ai fondi per le organizzazioni locali, le donne indigene e le comunità emarginate. Questo si inserisce in un contesto di grande rilevanza, in quanto anche il New Collective Quantified Goal (NCQG) sottolinea la necessità di includere la dimensione di genere nella finanza climatica. Garantendo che i finanziamenti non solo vadano a beneficio di donne e gruppi emarginati, ma siano anche un mezzo per tutelare i diritti umani.

Il Segretariato è stato poi esortato a considerare l’utilizzo del bilancio di genere nella propria struttura organizzativa. Con la proposta di nominare punti focali in tutti i dipartimenti, ovvero individui responsabili di garantire che le questioni di genere siano integrate in politiche, programmi e progetti. Questo approccio mira ad assicurarsi che
tutte le proposte di bilancio valutino l’impatto sull’uguaglianza di genere, a condizione, però, che ciò non aumenti i costi complessivi ma migliori l’efficienza. Non la più saggia delle affermazioni, considerando che le ricerche suggeriscono che investire in questo settore non solo generi numerosi benefici sociali, ma comporti anche vantaggi economici e finanziari.

Si sottolinea poi l’importante ruolo delle Parti, invitandole a sostenere i Paesi in via di sviluppo rafforzando l’integrazione di una prospettiva di genere nelle politiche climatiche globali.

I due passi indietro rispetto alle prime bozze su clima e questioni di genere

Fin da una prima lettura, emergono chiaramente due grandi passi indietro compiuti rispetto alle prime bozze. Innanzitutto, non c’è nessun riferimento al concetto di intersezionalità, ovvero al riconoscimento di come la discriminazione sociale e la crisi climatica colpiscano in modi diversi e intersecati la popolazione globale, a seconda di genere, orientamento sessuale, etnia, religione, ecc.

In secondo luogo, è stato eliminato ogni riferimento al lavoro di cura, sia retribuito che non, che ricade prevalentemente su donne e ragazze. Inizialmente, infatti, era stato riconosciuto dalle Parti un incremento di tali responsabilità derivato dalla sempre crescente scarsità di risorse indotta dai cambiamenti climatici. Il testo, tuttavia, non è stato adottato per mancanza di consenso tra le parti negozianti.

Le difficoltà e i compromessi dei negoziati della Cop29

Il comunicato stampa dalla Women and Gender Constituency in risposta al documento non ha tardato ad essere pubblicato. «Dobbiamo
assicurarci che il Programma raggiunga il suo pieno potenziale e sia veramente ambizioso. Per noi, ambizione significa un piano d’azione di genere intersezionale, inclusivo, misurabile, coerente e finanziato. Abbiamo tutto da guadagnare centrando la diversità delle esperienze vissute […] e abbiamo tutto da perdere se non lo facciamo».

La dichiarazione evidenzia le difficoltà della negoziazione, caratterizzata dalle resistenze sui temi legati ai diritti umani e all’uguaglianza (alcuni Paesi, come Egitto e Russia, si erano opposti all’utilizzo di una terminologia già adottata nel Programma del 2014). Al contempo celebra il coraggio e la determinazione di chi, fra le Parti, ha lottato per un approccio più inclusivo, garantendo che le esperienze di donne, ragazze e persone di genere diversificato fossero riconosciute e non ignorate.

Si è fatta sentire forte anche la voce di SHE, una delle principali organizzazioni che si occupano di questioni di genere in relazione ai cambiamenti climatici. «Le comunità di tutto il mondo stanno vivendo la realtà dell’emergenza climatica, affrontando alluvioni, siccità, ondate di calore e migrazioni forzate. Non è uno scenario futuro, ma una situazione attuale. La Cop deve trasformarsi da un luogo di negoziazione a uno di responsabilità e giustizia, dove le voci dei più colpiti siano ascoltate», ha dichiarato.

Sottolineando che l’estensione del Lima Work Program è un grande traguardo, ma che al contempo, pur riconoscendo in parte le donne come beneficiarie, l’obiettivo di finanziamento di 300 miliardi di dollari non prevede impegni specifici per un finanziamento sensibile al genere, né target misurabili o meccanismi di monitoraggio. In assenza di una chiara responsabilità per approcci sensibili a questi parametri, il rischio di consolidare le disuguaglianze preesistenti è sempre più rilevante.

Un documento non abbastanza concreto e ambizioso

Il documento quindi, non differentemente dagli altri testi adottati in questa Cop, non ha saputo rispondere alle attese, risultando privo della necessaria precisione, ambizione e concretezza. Nonostante il contesto favorevole alla revisione del piano decennale, è parso che non tutte le Parti siano arrivate ai tavoli di lavoro con le stesse ambizioni.

La mancanza di impegni chiari e misurabili evidenzia inoltre una persistente reticenza nell’affrontare le disuguaglianze di genere nel contesto climatico. Ora gli occhi sono puntati su Cop30 che, con le parole di Marina Silva, la ministra all’ambiente del Brasile, già si è identificato come luogo di confronto più incisivo e significativo.