Guerra, prezzi, crisi climatica e tensioni sociali. I nuovi rischi globali
Secondo il Global Risks Report 2023, nei prossimi anni i grandi rischi saranno guerre, inflazione, crisi climatica e tensioni sociali
Se volete una fotografia del prossimo futuro può essere utile leggere l’ultimo Global Risks Report del World Economic Forum. Il rapporto analizza i rischi “globali”, ovvero quelli che, se si avverassero, impatterebbero negativamente e in maniera significativa sul Pil, la popolazione o le risorse naturali globali. Tra guerra e inflazione, cambiamenti climatici e tensioni sociali, crisi energetica e alimentare, quello che si prospetta è una policrisi. Ovvero l’interazione contemporanea tra diverse crisi il cui effetto complessivo è maggiore della somma dei singoli impatti.
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Rischi completamente nuovi ma paurosamente vecchi
Nello scorso anno si sono ripresentati problemi che sembravano ormai lontani nello spazio (come la guerra in Europa), e anche nel tempo (come l’inflazione). Così come la crisi alimentare e quella energetica, che in Occidente sembravano essere soltanto un lontano ricordo (tanto che gran parte della classe dirigente pubblica e privata di oggi non ne ha avuto esperienza diretta).
Ma non solo. Tra i rischi che il mondo si trova già ad affrontare in questo inizio anno troviamo l’aumento del costo della vita, guerre commerciali, fughe di capitali dai mercati emergenti e disordini sociali. Oltre a un continuo confronto geopolitico tra Stati e la minaccia di una guerra nucleare. Criticità quasi tutte già emerse nello scorso anno, ma che nel nuovo rischiano di accentuarsi o degenerare. Anche a causa del quadro economico negativo, del declino degli investimenti in capitale umano dopo decenni di progressi, e dello sviluppo rapido e senza restrizioni di tecnologia dual-use (ovvero ad uso sia civile che militare).
I rischi più gravi? Quelli legati al cambiamento climatico
Oltre alle vecchie minacce tornate improvvisamente d’attualità, quelli che non sorprendono sono i rischi legati alla crisi climatica. È ormai noto a cosa rischiamo di andare incontro se non adottiamo subito misure decisive. Eppure, non sembrano esserci passi avanti significativi.
Anzi, questi appaiono come i rischi che siamo meno preparati ad affrontare. E lo conferma il sondaggio sulla percezione del rischio contenuto nel rapporto e a cui hanno risposto più di 1.200 esperti tra accademici, imprenditori, membri di governi e società civile.
Dalle interviste emerge che tra i dieci rischi più severi dei prossimi due anni, ben 5 sono di tipo ambientale. Mentre, nei prossimi dieci anni, saranno addirittura 6. E quattro occupano le prime posizioni. Tra questi troviamo il rischio di catastrofi naturali e di eventi climatici estremi, quello di incidenti con danni ambientale su larga scala e quello di crisi legate alle risorse naturali. Ma anche il rischio di fallire nel mitigare il riscaldamento climatico e nell’adattarsi ad esso, oltreché la perdita di biodiversità e il collasso degli ecosistemi.
L’inflazione e l’aumento del costo della vita
Ma al primo posto, nel sondaggio sulla percezione dei rischi globali per i prossimi due anni, troviamo la crisi legata al costo della vita. Sembra essere questi il fattore che preoccupa di più nel breve termine (ma non nel medio, dato che non è neppure presente nei dieci rischi più severi dei prossimi dieci anni).
I motivi principali sono la crisi energetica, quella alimentare e l’alta inflazione, causata dalla ripresa post-Covid prima e dalla guerra in Ucraina poi. Un’inflazione duratura – associata ad una crescita quasi nulla o negativa – che potrebbe portare a una stagflazione dalle conseguenze imprevedibili dati gli alti livelli di debito pubblico.
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Debito che, tra l’altro, è stato e può essere utilizzato per cercare di contrastare gli effetti dall’inflazione solo dai Paesi con maggior margine di spesa. E non, ad esempio, dagli Stati del terzo mondo. In questo modo si accentuano ancora di più le disuguaglianze tra Paesi ricchi e poveri. Su quest’ultimi peseranno di più non solo l’aumento del costo della vita ma anche i cambiamenti climatici e i problemi relativi alla sicurezza alimentare. Rischiando di trasformare una crisi economica in una crisi umanitaria.
Tensioni sociali e polarizzazione della società? È anche colpa dell’aumento dei tassi di interesse
Ma anche il debito privato dà qualche preoccupazione, poiché potrebbe aumentare a causa delle tensioni geopolitiche e, soprattutto, per la fine dell’era dei tassi di interesse bassi o nulli. I nuovi tassi andranno a colpire soprattutto gli individui più vulnerabili della società. Ma anche a erodere il reddito della classe media.
A questo bisogna affiancare la diminuzione della disponibilità di credito e l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Con un conseguente ulteriore aumento di povertà e fame, ma anche di malcontento e frustrazione. Che, oltre a sfociare in proteste più o meno violente, porteranno ad un ampliamento delle disuguaglianze tra Stati e all’interno di essi, oltreché ad una maggiore polarizzazione della società non solo nei mercati emergenti.
A questo potrebbe seguire poi l’elezione di leader politici con posizioni più estreme o a vittorie con risultati risicati (molte recenti elezioni ne sono un esempio). Riducendo lo spazio per la cooperazione internazionale, incrinando le alleanze e aumentando l’instabilità politica mondiale.
Tensioni geopolitiche e instabilità. Tra guerre commerciali, corse agli armamenti e tecnologie
Un ruolo rilevante nel panorama dei rischi globali paiono averlo non solo il conflitto in Ucraina, ma anche le guerre economiche, che sembrano ormai essere diventata la norma. Le politiche economiche verranno usate in maniera difensiva dagli Stati per cercare di costruirsi una sorta di auto-sufficienza e per limitare l’ascesa delle potenze rivali.
Tra le politiche “offensive” rientrano anche le restrizioni commerciali. Come quelle, per esempio, imposte da ben 30 Paesi per limitare l’esportazione di alcuni beni al fine di ridurre l’inflazione domestica (ma alimentando quella globale). Inoltre, l’aumento delle spese militari e la proliferazione di nuove tecnologie potrebbero portare ad una corsa globale ad armi sempre più tecnologiche e potenti. Sostenuta sia dalla competizione industriale che da maggiori interventi statali.
Infine, le nuove tecnologie avranno un ruolo fondamentale anche relativamente all’aumento delle disuguaglianze tra Stati. Infatti, sarà uno dei settori in cui investiranno di più sia governi che imprese. Ma solo nei Paesi che possono permettersi ingenti investimenti in ricerca e sviluppo. E dove le invenzioni forniranno parziali soluzioni a vecchi problemi.
Ma con alcuni rischi collegati, come quelli relativi alla cyber sicurezza, alla diffusione di informazioni false, alla diminuzione di posti di lavoro. Un’ultima sfida sarà quella costituita dai grandi dataset che consentiranno un uso improprio ma legale di informazioni personali, ledendo il diritto alla privacy. Anche in democrazie ben regolate.