I trend 2018 che trasformano l’e-commerce e il negozio sotto casa
Spazi fisici per vivere esperienze, realtà aumentata per "toccare" gli acquisti on line, chatbot che rispondono ai callcenter. Ecco il commercio elettronico del futuro
Il commercio elettronico è solo all’inizio della sua storia. E non pensiate di poterne rimanere fuori. Perché l’innovazione tecnologica e la necessità sempre più pressante, per il settore retail, di integrare l’e-commerce con l’esperienza del negozio fisico, cambierà lo shopping per tutti. Ma come?
Individuare la scia delle innovazioni che più probabilmente investiranno nel breve e nel medio periodo l’e-commerce non è cosa semplice. Tuttavia almeno una certezza esiste: i centri d’irradiazione principali di questi trend sono lontani dall’Europa.
A Ovest, negli USA, dove tutto è cominciato, si sperimentano nuove strade e operano alcuni dei più importanti pure player, cioè le compagnie votate allo shopping senza possedere una rete di negozi. Da Amazon a Booking, da eBay a Groupon. A Est, nella Cina sterminata, e, più in generale, nei Paesi asiatici, dove, oltre ad avere sede colossi come Alibaba e JD, la spinta del commercio online si fa davvero trainante. Soprattutto grazie al boom di attività che passa per i dispositivi mobili: smartphone e tablet.
E allora, anche se la lista annuale di Moody’s delle catene a rischio di default finanziario e chiusura nel 2019 non lascia tranquilli molti, “Il negozio al dettaglio non sta morendo, ma è iniziata una sua dolorosa trasformazione”. Così pensa gran parte degli esperti di shopping online.
I trend che cambiano l’e-commerce
1 Negozi sì, anche senza merce
In particolare, dalla capacità di valorizzare l’esperienza di acquisto in negozio. Di calibrare showrooming e webrooming – ovvero la presentazione e l’offerta di prodotti dal vivo e sul Web – con continui rimandi e rilanci. Dalla trasformazione dei negozi fisici in spazi pronti per eventi e dimostrazioni. Da tutto ciò scaturiranno i vantaggi competitivi dei punti vendita che riusciranno a sopravvivere. A patto di introdurre nuove funzionalità basate sull’esperienza e la convenienza del cliente, con un forte sapore digitale.
Tant’è che nel nord America le prove sul campo in certe direzioni sono diverse.
- Il marchio online di abbigliamento maschile Frank And Oak, ad esempio, ha aperto 16 negozi fisici in cui sono disponibili servizi premium come caffè e barbiere.
- Nordstrom ha inaugurato un negozio da quasi mille metri quadrati senza merce in vendita (free-inventory shop). Chi entra può concentrarsi sui servizi e l’esperienza del marchio, dalla sartoria alla prova vestiti, al consiglio di stile. Il tutto è accompagnato da spremute fresche e servizio di manicure, mentre lo spazio funge da punto di raccolta e restituzione per gli acquisti fatti online.
- Il marchio canadese di parka Kanuk ha introdotto in alcuni negozi una camera fredda da -25˚C dove l’acquirente può testare le giacche in condizioni invernali reali.
- Il negozio IRL (In Real Life) nel centro commerciale Water Tower Place di Chicago è uno showroom fisico a disposizione dei marchi che hanno solo la vetrina virtuale.
2 La “realtà aumentata” farà vendere più divani
Che ci piaccia o no, viviamo nella società dell’immagine. E per molti acquirenti proprio nei limiti dell’immaginazione individuale il commercio elettronico trova un difetto insormontabile. Come comprare un divano o un frullatore – ma soprattutto un divano – se non riesco a figurarmi come starebbe a casa mia?
Un problema che non è solo estetico ma economico. E che le applicazioni sempre più numerose e raffinate di Augmented Reality (AR) stanno abbattendo. Permettendo al consumatore di visualizzare mobili o accessori più o meno ingombranti, vasche da bagno, come se fossero parte del proprio arredamento.
La diffusione dell’AR, infatti, favorirebbe l’acquisto di prodotti di grandi dimensioni, e il business delle spedizioni che ruota intorno a certi oggetti. Riducendo inoltre la quantità di resi, ovvero un costo complessivo di centinaia di miliardi di dollari per i big dell’e-commerce (Amazon è già corsa ai ripari).
Realtà aumentata per tutti, insomma. E che sia gestita attraverso applicazioni di sviluppatori terzi Frnshx, o direttamente emesse dai maggiori marketplaces virtuali, i conti per chi vende tornano. La funzionalità AR dell’App Houzz, che consente di inserire una selezione di 500mila immagini di prodotti per disegnare la propria abitazione, avrebbe incrementato di 11 volte la probabilità di acquisto e di 2,7 il tempo speso sull’applicazione dai suoi utilizzatori.
3 L’invasione di bot e A.I.
Siete proprio sicuri che l’ultima volta che avete “chattato” per chiedere informazioni sui prodotti del vostro marchio preferito ci fosse un essere umano dall’altra parte della connessione? Perché secondo alcune stime solo nel 2017 il 16% dei marchi Internet ha reso disponibile un chatbot.
Si tratta di sistemi informatici di risposta automatica in grado di emulare la semantica umana al punto che non tutti gli interlocutori in carne e ossa si rendono conto di dialogare con una macchina. Intelligenza artificiale al servizio del commercio, elettronico e non solo, quindi, con ritmi i diffusione altissimi per quanto riguarda l’utilizzo nei servizi di assistenza clienti su internet.
Tecnologie in grado di superare il test di Turing rendendo un efficace servizio al consumatore senza danneggiare l’identità aziendale. Anzi migliorandola. Ma ancora perfettibili. E con l’indubbia preoccupazione che siano una minaccia seria per la vita già grama di molti lavoratori dei call center, per esempio, in attesa di insidiare altre categorie di occupati. I chatbot non si ammalano, infatti, non vanno in ferie e non chiedono aumenti e pause.
4 Voce e immagini valgono sempre più
“Nel 2018 i consumatori parleranno con i loro dispositivi e useranno la voce per interagire (AI) come mai prima d’ora”, si leggeva già tempo fa. E anche se la previsione non è stata ancora pienamente rispettata la tendenza, complice l’impennata di acquisti da smartphone e altri device mobili, pienamente in corso.
Investimenti e soluzioni si moltiplicano nel tentativo di adattare e semplificare la ricerca, con sistemi di risposta che sappiano gestire la varietà del linguaggio umano. E grazie ad un sempre più raffinato studio del naming dei prodotti, cioè le parole con cui si possiamo individuarli rapidamente.
Così l’applicazione della catena americana di pizzerie Domino consente già agli utenti di ordinare la pizza a voce, controllando anche lo stato dell’ordine. Walmart ha invece creato centinaia di migliaia di articoli facili da ordinare a voce sulla piattaforma di e-commerce Google Express.
E se la voce impone di mettersi d’accordo almeno sulla lingua usata, l’uso delle immagini abbatte anche quest’ultimo fastidio per le vittime dello shopping compulsivo. Una regressione all’infanzia dell’acquirente, che punta col dito – tramite un touchscreen – e compra, senza neppure doversi stancare digitando parole. Oppure fotografando col proprio telefonino il prodotto visto in negozio o indossato dall’amico, per identificarlo e acquisirlo online. Avete presente Shazam per la musica?
La strada è tracciata, insomma, e c’è chi sostiene, del resto, che la ricerca attiva fatta tramite immagini e voce potrà costituire il 50% di tutte le ricerche entro il 2020.