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Il vento dell’ILVA che sparge morte (alimentato da scelte bipartisan)

L'impatto sanitario dell'acciaieria è drammatico. Mortalità dei bambini alle stelle. Ma la politica ha sempre ignorato il problema pur di non fermare la produzione

La città di Taranto © KonstantinMaslak/iStockPhoto

«Taranto non può aspettare, vogliamo certezze su ambiente e salute». Anche Legambiente torna alla carica per sollecitare il governo ad un’azione di tutela per salvaguardare la qualità della vita dei cittadini tarantini. Lo fa, con una lettera aperta al Ministro Sergio Costa, il presidente nazionale Stefano Ciafani.

«Sul caso Ilva la partita ambientale è ancora da risolvere, insieme alla questione dei nodi irrisolti. In primis quello della valutazione di impatto ambientale sanitario preventiva e quello riguardante il limite alla produzione» dichiara Ciafani. «Il futuro dello stabilimento deve prevedere, a nostro avviso, produzioni che non siano più pericolose per la salute e l’ambiente e il governo deve agire senza ricalcare le scelte che negli ultimi 20 anni hanno sempre privilegiato gli interessi dell’industria a scapito di quelli della popolazione».

A partire dal blocco delle emissioni fuggitive, che come ha dimostrato dati alla mano Valori, sono ben superiori, fino a 10 volte tanto a quelle emesse dai camini, che ArcelorMittal potrebbe bloccare con nuovi filtri.

Da dove provengono, lo spiega Luciano Manna di Peacelink: «Dobbiamo ricordare che, dopo lo spegnimento dell’altoforno AFO5, (di cui si paventa la riaccensione, ndr), abbiamo comunque attivi altri tre altiforni, 4 batterie di cokerie con in funzione almeno 60 forni che sfornano coke ogni 24 ore e un reparto completamente fuori norma come il GRF (impianto gestione residui ferrosi) con contaminanti a contatto con il terreno».

I famigerati Wind days

Il dibattito pubblico su Ilva torna quindi sull’eterno conflitto tra lavoro, ambiente e salute che, nonostante le rassicurazioni del ministro Di Maio e del Ministro Costa, difficilmente, senza interventi drastici sulle emissioni, potrà essere sanato.

Ad essere colpiti non solo gli operai di Ilva, ma è tutta la città. A partire dai bambini. Mentre scriviamo è tempo di Wind Days. Il vento spira su Taranto da Nord-Ovest a una velocità maggiore di 7 metri al secondo. Tanto basta perché Asl, Arpa e Regione Puglia “invitino” i cittadini dei quartieri a ridosso dello stabilimento, a partire da Tamburi, a rimanere chiusi nelle loro abitazioni mentre il vento spira le polveri minerarie cancerogene. Un mix mortifero di pm10, benzo(a)pirene e metalli pesanti, provenienti dal sito industriale.

Sito Interesse Nazionale SIN Taranto
L’area del Sito Interesse Nazionale SIN di Taranto.FONTE: Ministero dell’Ambiente

Un teatro dell’assurdo. Certificato da dati certi

La situazione, per chi non è di Taranto, è irreale. Ma tutto ciò si ripete nel tempo e ha ricadute ormai certe sulla salute della popolazione. L’ultimo documento che lo attesta è il report di Valutazione di Danno Sanitario dello stabilimento ILVA, pubblicato sul sito del Ministero dell’Ambiente: «è emersa un’associazione positiva e statisticamente significativa per la mortalità per cause cardiovascolari, cardiache, e respiratoria nel quartiere Tamburi di Taranto a distanza di 2-3 giorni dal giorno in cui si è verificato l’evento Wind Day».

Parole che confermano ciò che tutti sanno ma su cui nessuno è intervenuto finora: a Taranto il vento dell’ILVA uccide.

ILVA emissioni nocive
Da dove provengono le PM10 di Taranto.

Quello che pochi raccontano e che non è semplice descrivere leggendo centinaia e centinaia di pagine di documenti, report e indagini epidemiologiche è che è in atto all’interno delle istituzioni un “dibattito”. Talmente acceso ed aspro che forse sarebbe più corretto definirlo “conflitto”.

Stato vs. Stato

Da una parte i funzionari del ministero dell’Ambiente come Giuseppe Lo Presti, direttore generale per le Valutazioni e le autorizzazioni ambientali, che rifiutano di recepire all’interno delle procedure di Autorizzazione Integrata Ambientale(AIA), una valutazione preventiva dell’impatto sanitario delle emissioni sulla popolazione.

Dall’altra l’epidemiologo e medico del lavoro Giorgio Assennato, quando era alla guida del Consiglio Federale ISPRA su Ambiente e Salute, che già dal 2015 aveva rilasciato le Linee-guida VIIAS, Valutazione Integrata dell’impatto Ambientale e Sanitario. Procedure in grado di poter prevedere gli effetti nocivi degli inquinanti sui cittadini e fornire ai decisori gli strumenti per intervenire e fermare l’esposizione, ma mai applicate.

Mappa concentrazione media annuale di BaP 2010-2016
Mappa concentrazione media annuale di benzo(a)pirene (BaP) 2010-2016. FONTE: Rapporto sulla Valutazione del Danno Sanitario – Stabilimento ILVA di Taranto 2013

Dal fitto carteggio si evince un drammatico dejà vu che potrebbe ripetersi. «Già nel 2011 Ilva aveva ricevuto una regolare autorizzazione ministeriale ma, pochi mesi dopo, fu oggetto di sequestro e confisca da parte della magistratura, sulla base dei dati ambientali forniti da ARPA e di due solide perizie epidemiologiche». A curarle, due epidemiologi di chiara fama: Annibale Biggeri e Francesco Forastiere. «Le loro perizie dimostravano l’impatto sanitario delle emissioni di ILVA, a prescindere dal rispetto dei limiti emissivi autorizzati».

I tanti favori per ILVA

Tanto che lo stesso Assennato ribadisce a Valori «Arpa Puglia non ha mai dichiarato che il limite dei 6 milioni di tonnellate prodotte non sia pericoloso per la salute».

Eppure l’Istituto Superiore di Sanità, con un’altra procedura, la Valutazione di Impatto Sanitario, già prevista per legge dal collegato ambientale nel 2015, ha previsto che, prima di costruire grandi impianti di produzione di energia e centrali di nuova costruzione, si debbano valutare le loro ricadute sulla salute dei cittadini.

Ma tutto questo per ILVA pare non valere. Su di essa, si sono invece costruiti 12 decreti “salva ILVA”. Il tutto a dispetto di un processo in corso, seguito al il rinvio a giudizio di 47 tra dirigenti e aziende con la costituzione in giudizio di 1484 parti civili, ma nessuna garanzia per la salute dei tarantini e l’immunità penale concessa ai gestori della nuova ILVA.

Bambini, i più esposti al pericolo

Intanto chi paga? In termine di salute sono i bambini I più esposti. Per loro, un aumento di malattie respiratorie, tumori, a partire da leucemie e sarcomi: un bel menu già messo nero su bianco nelle anticipazioni dell’ultimo rapporto Sentieri, lo Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento.

Taranto e non solo: il documentario Polmoni d’acciaioIn realtà, già i precedenti rapporti Sentieri del 2012 e del 2014 descrivevano  «un quadro sanitario compromesso per i residenti nel SIN (Sito di interesse nazionale, ndr) di Taranto e, tra questi, in particolare per i bambini».

I NUMERI DELL’IMPATTO SANITARIO DI ILVA

+24%

Ricoveri per malattie respiratorie dei bambini residenti nel quartiere Tamburi

+26%

Ricoveri per malattie respiratorie dei bambini residenti nel quartiere Paolo VI

+4%

Percentuali di morti legate a esposizione alle polveri industriali

+5%

Aumento di morti per tumore polmonare legate a esposizione alle polveri industriali

+10%

Aumento di morti per infarto del miocardo legate a esposizione alle polveri industriali

+17%

Aumento di mortalità per tumore polmonare legato a esposizione alla SO2 (anidride solforosa) industriale

Nonostante ciò, il 29 settembre 2017 è stata approvata la nuova Autorizzazione di Impatto Ambientale, che permette all’ILVA di continuare a produrre . Lo stesso richiamato dai ministri Di Maio e Costa nell’allegato all’accordo che Valori ha pubblicato.

Stando così le cose, anche su ILVA nessun cambiamento.