Gli incontri del think tank di Israele al Parlamento europeo
Anche l'eurodeputata Pina Picierno tra chi ha incontrato a Bruxelles il think tank Israel Defense and Security Forum
C’è anche l’eurodeputata del Pd Pina Picierno tra i politici europei che hanno incontrato a Bruxelles membri di un think tank israeliano di estrema destra. La parlamentare è stata accusata in un’inchiesta del sito olandese Follow The Money di non aver seguito le corrette procedure di informazione e trasparenza, ovvero di non aver reso pubblico l’incontro, nonché di non aver chiarito il motivo di tale scelta. Lo stesso portale olandese indica come siano stati diversi gli esponenti politici ad avere incontrato nei locali del Parlamento europeo i membri della famigerata organizzazione Israel Defense and Security Forum (Idsf), un think thank di ex militari che si prodiga nel fare pressioni politiche fuori dal Paese. Secondo l’inchiesta a questi incontri avrebbero partecipato anche Andrius Kubilius, attuale Commissario europeo per la difesa e lo spazio, il ceco Tomáš Zdechovský, l’olandese Bert-Jan Ruissen e diversi altri membri del Partito Popolare Europeo.
La replica di Pina Picierno e la ricostruzione dei fatti
Picierno ha replicato a Valori.it che «l’incontro è stato da me registrato secondo le normative di trasparenza del Parlamento Europeo» e che «l’oggetto è stato di natura espositiva da parte dell’associazione riguardo la situazione relativa al Medio Oriente e la connessione con la lotta all’antisemitismo in Europa». L’eurodeputata ha quindi precisato che «in qualità di vice-presidente del Parlamento europeo le mie deleghe riguardano questi ambiti di lavoro. Questo non significa che condivida il pensiero di ogni associazione che incontro per ragioni istituzionali».
Le informazioni ufficiali presenti sui canali del Parlamento europeo indicano che un incontro con i rappresentanti di IDSF è avvenuto effettivamente il 20 novembre 2024. L’organizzazione israeliana risulta essersi però registrata nel Transparency register dell’Ue soltanto otto giorni dopo, il 28 novembre. Gli uffici dell’eurodeputata italiana hanno spiegato che i rappresentanti di IDSF avrebbero avuto accesso attraverso un’altra organizzazione che, alla data del 20 novembre, era già registrata.
La nostra redazione ha contattato l’autore dell’inchiesta di Follow The Money, che ha risposto in questo modo: «Durante la nostra investigazione abbiamo scoperto l’esistenza dell’incontro del 20 novembre, che in quel momento non risultava dichiarato. Abbiamo contattato Pina Picierno – prosegue l’autore dell’inchiesta – prima della pubblicazione dell’articolo chiedendole di commentare la mancata pubblicazione del meeting con IDSF. Ha eluso la domanda e non ha negato tale mancata pubblicazione. Dopo la messa online dell’inchiesta, ho notato che la sua pagina sulla trasparenza era stata aggiornata, includendo a quel punto la riunione. Non conosco la data esatta in cui ciò è stato fatto, ma la riunione è rimasta non dichiarata a lungo».
Una pagina del sito web.archive sembra dimostrare che quanto riferito da Follow The Money sia stato vero per lo meno fino al 6 gennaio scorso, data in cui è stata archiviata la pagina in questione. Ora, va detto che iscriversi nel registro per la trasparenza è ancora (purtroppo) non obbligatorio. Non rispettare tale richiesta non comporta perciò in sé una violazione di alcuna disciplina, e la stessa Picierno non ha mancato in nulla da questo punto di vista. Resta però una questione di opportunità politica, trattandosi tra l’altro, nel caso di Israele, di una questione particolarmente delicata.
Valori.it ha sollecitato anche l’ufficio stampa del Parlamento europeo che ha spiegato: «Non possiamo commentare casi specifici, ma possiamo spiegare le regole generali in vigore. Si noti che gli enti iscritti al Registro per la trasparenza e i loro rappresentanti devono attenersi a determinati principi etici e comportamentali nel corso della loro attività di rappresentanza di interessi presso le istituzioni dell’UE. Tali principi sono definiti in un codice di condotta allegato all’Accordo interistituzionale. L’Israel Defense and Security Forum è iscritto al Registro per la trasparenza dal 28/11/2024. Questa organizzazione aveva già fatto richiesta di registrazione il 10/12/23, ma la domanda non è stata considerata completa e non era visibile nel Registro per la trasparenza». Non è stato però chiarito se sia vero o meno che è possibile, di fatto, accedere attraverso altre organizzazioni registrate.
Il lobbying del think tank di Israele al Parlamento europeo non rispetta le regole di trasparenza
A differenza del vocabolario italiano, all’estero fare lobbying non è una parolaccia, né tantomeno un’attività illecita. Nei Paesi anglosassoni ammettere dei portatori d’interessi economici nei luoghi dove si presentano le leggi è prassi politica riconosciuta da secoli. E così lo è, fin dalla sua nascita, al Parlamento europeo. Queste pratiche di lobbying devono avvenire alla luce del sole, essere trasparenti e seguire determinate procedure. Soprattutto all’indomani dello scandalo del Qatargate scoppiato alla fine del 2022. Un caso che, anche lì, riguardava questioni di soldi e diritti umani calpestati.
Secondo Follow The Money, invece, i membri dell’Idsf negli ultimi mesi sarebbero entrati più volte nel cuore legislativo dell’Europa senza essersi registrati come legittimo gruppo di interesse. E quindi senza avere gli accrediti necessari. Sarebbero infatti entrati utilizzando dei pass a disposizione degli eurodeputati.
Il lavoro sotterraneo di Israele mette a rischio la credibilità del Parlmento europeo
In totale sarebbero una ventina i membri del Parlamento che hanno accettato di incontrare rappresentanti dell’Idsf. E molti di questi siedono nella Commissione per gli affari esteri, che lavora sulla politica di sicurezza dell’Unione europea. Ma non è finita qui. L’Idsf avrebbe addirittura co-ospitato un evento all’interno del Parlamento lo scorso novembre. E lo avrebbe fatto pur non essendo incluso nel registro della trasparenza. Anzi, i documenti dell’Europarlamento disponibili al pubblico mostrano che Idsf è stato inserito nel registro solo una settimana dopo l’evento. E in generale un anno dopo l’inizio della sua opera di lobbying a Bruxelles.
Raphael Kergueno, Senior Policy Officer presso la Ong Transparency International Eu, ha condannato così gli incontri non registrati e l’organizzazione di conferenze mentre il think tank israeliano non era nell’elenco. «Questo caso evidenzia ancora una volta la grave mancanza di applicazione delle norme sulla trasparenza esistenti da parte del Parlamento europeo», ha detto. «Abbiamo visto più e più volte che questo può essere favorevole a lobbying sottotraccia e indebita influenza. Spetta agli eurodeputati proteggere un’istituzione che non può permettersi un altro scandalo etico».
Idsf rivendica gli insediamenti illegali, e così fanno i politici che incontra
A differenza dello scandalo del Qatargate, in cui c’erano in ballo anche tangenti e corruzione, qui resta la questione dei diritti umani. L’Idsf, spesso rappresentato dalla persona del suo leader Amir Avivi, ex generale dell’esercito israeliano, è una formazione di estrema destra che punta alla guerra perpetua con i nemici di Israele. E vede nelle colonie illegali «le fondamenta della sicurezza di Israele», come raccontano loro stessi sul loro sito. Oltretutto raccoglie soldi in maniera opaca, proprio attraverso gli insediamenti illegali o mascherando i suoi affari dietro società di comodo registrate negli Stati Uniti, come racconta questa inchiesta del quotidiano israeliano Haaretz.
E il problema è che proprio dopo gli incontri segreti avvenuti al Parlamento europeo, alcuni politici che hanno avuto questi incontri hanno rilasciato dichiarazioni in linea con le proposte dell’Idsf. Due esempi. Idsf chiede sul suo sito la chiusura dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi. La settimana dopo incontra l’eurodeputato olandese Bert-Jan Ruissen e questo rilascia una dichiarazione sulla necessità di sciogliere l’Unrwa. Oppure Maurice Hirsch, uno degli ufficiali di alto rango dell’Idsf, ha ammesso durante l’incontro al Parlamento di avere fatto pressioni contro i finanziamenti dell’Ue per i progetti dell’Autorità Nazionale Palestinese. Nelle ore successive, il deputato ceco Zdechovský ha scritto alla Commissione europea dicendo esattamente le stesse cose di Hirsch.