Land grabbing: in due anni acquisiti 203 milioni di ettari
Secondo quanto rivelato dalla presidentessa di una Ong francese, in meno di due anni è stata comprata una superficie pari ad oltre 11 volte il territorio italiano.
La speculazione sulle materie prime agricole – responsabile delle fasi di crescita incontrollata dei prezzi dei generi alimentari e che, a causa di un ovvio effetto-domino, affama ciclicamente le popolazioni più vulnerabili del mondo – è tutt’altro che in fase di declino. E l’impegno che è stato profuso dai consessi del G20 negli ultimi anni è, al di là, dei proclami effettuati dai leader, insufficiente.
A lanciare l’allarme è Stephanie Rivoal, presidentessa dell’associazione francese Action contre la Faim, che ha espresso il proprio punto di vista in un articolo a propria firma pubblicato sulle colonne del quotidiano economico Les Echos. «Al di là delle manovre delle banche sui prezzi del grano o della soia (che in Francia, ad esempio, sono state di recente vietate dalla legge, ndr), ciò che preoccupa di più le organizzazioni non governative che, come la nostra, lottano contro la denutrizione nel mondo, è la speculazione sulle terre agricole», ovvero il fenomeno noto come " land grabbing".
Le statistiche, ammette Rivoal, sono sempre difficili da reperire, «ma possiamo stimare a 203 milioni il numero di ettari che sono stati acquisiti da investitori internazionali nel mondo a partire dal gennaio 2012». Parliamo di qualcosa come più di 11 volte la superficie dell’intero territorio nazionale italiano.
«I due terzi di tali terre – prosegue la presidentessa di Action contre la Faim – si trovano in Africa subsahariana. Nella grande maggioranza dei casi, queste terre acquistate da Stati, imprese, banche e fondi d’investimento, non saranno utilizzate per nutrire le popolazioni locali». Spesso chi compra, infatti, converte le colture in agrocarburanti o in fiori da recidere: il che consente di ottenere margini più elevati di guadagno.
La soluzione? «Rendere obbligatorie le regole volontarie firmate da tutti i membri della FAO nel 2012». Un’eventualità che, almeno per ora, non sembra aver trovato posto nell’agenda dei governi. Nel frattempo, chi vorrà potrà continuare ad agire indisturbato.