Leonardo: le armi fanno male al bilancio. Ma il governo tace

Utili in crollo, export a Paesi sensibili. Il Ministero dell'Economia, maggiore azionista, non fa una piega. E incassa un magro dividendo

Che paese singolare il nostro. In molti settori essenziali per la sua vita, lo Stato, il “pubblico”, si ritira lasciando libero spazio all’intrapresa privata in osservanza delle sacre leggi del liberismo. Ve n’è uno invece – quella della produzione e commercio delle armi – in cui al contrario lo Stato sembra un personaggio rossiniano: il factotum di qualità, il barbiere che non fa solo barba e capelli, ma molti altri mestieri insieme.

Ne abbiamo avuta riprova durante la nostra attività di azionariato critico verso Leonardo (già Finmeccanica), una fra le maggiori società del settore Aerospazio, Difesa e Sicurezza al mondo.

MEF: azionista di maggioranza silente

Chi è l’azionista di riferimento di Leonardo? Il Governo italiano attraverso il Ministero dell’Economia e della Finanza, con il 30,2% delle azioni. Quando sei in assemblea degli azionisti, chiamata a votare un bilancio 2017 particolarmente bigio, grazie alla performance negativa del comparto “elicotteri”, però la voce del maggiore azionista, il MEF, non la senti. Non una indicazione strategica, una valutazione sull’andamento della società, un indirizzo al management. Fino all’unico punto, evidentemente ritenuto decisivo, sulla retribuzione del Collegio dei Revisori. Eppure mica produce bruscolini Leonardo, ma in modo sempre più preponderante (il 68%, mentre nel 1995 era meno del 25% e solo nel 2014 il 54%) – sistemi d’arma.

Un dividendo illogico

Una “partecipata” non brillante, si diceva. Il risultato netto ordinario nel 2017 crolla del 44%. Ma, invece di destinare l’utile a patrimonio per consolidare l’azienda (come noi abbiamo proposto), il CdA e l’Assemblea hanno deciso di staccare un (magro) dividendo pari a 0,14 euro per azione. E il Governo (MEF) con il suo 30,2% ne beneficia più di tutti, incassando silenziosamente 24,4 milioni di euro.

I bilanci degli ultimi due anni si sono salvati grazie all’utilizzo dell’anticipo sulla mega commessa per la fornitura di 28 caccia intercettori Eurofighter al Kuwait, paese alleato dell’Arabia Saudita nella guerra in Yemen, che ha causato la più grave crisi umanitaria del pianeta secondo l’Unicef.

Ma ora gli Eurofighter vanno costruiti e consegnati quindi saranno un costo per l’azienda. E chi c’era a garantire che Leonardo si accaparrasse questa ricca commessa? Ma il Governo, ça va sans dire, attraverso il Ministero della Difesa, che ha stipulato un memorandum d’intesa con l’omologo kuwaitiano. Dunque, il Governo (MdD) funge da “facilitatore” per consentire al Governo stesso (MEF, azionista) di staccare dividendi milionari. E così facendo “aiuta” una grande impresa privata.

L’intreccio grigio delle autorizzazioni

Ma per vendere questi aerei da combattimento prodotti da Leonardo (partecipata dallo Stato), occorrono autorizzazioni che attestino la regolarità legislativa, cioè che si esportino armi verso paesi non compresi nel divieto apposto dalla L.185/1990 della Repubblica Italiana. E chi dà queste autorizzazioni? Bravi, avete indovinato: lo Stato italiano attraverso il Ministero degli Affari Esteri. Così il cerchio si chiude: produttore, controllato e controllore tutto in una sola persona, lo Stato, per il beneficio di un’impresa privata. Non è proprio quella idea di “Stato imprenditore” di cui ha scritto Mariana Mazzucato, bensì un intreccio di interessi in conflitto, pubblici e privati.

Va detto anche che la Legge 185/90 dice che l’esportazione e il traffico di armamenti è vietato “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite…”.

E il Kuwait? Ma via ragazzi, son dettagli! Cosa volete che sia, guerra più guerra meno! Tutto per la gloria e le tasche dello Stato.

* L’autore è direttore della Fondazione Finanza Etica