La Linea Adriatica della Snam. Un’opera inutile che devasta l’ambiente

I racconti di resistenza degli attivisti contro il mega gasdotto della Linea Adriatica su cui punta il Governo Meloni

Linda Maggiori
Gli attivisti che lottano contro la Linea Adriatica © Linda Maggiori
Linda Maggiori
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Mentre gli effetti dei cambiamenti climatici sono sempre più devastanti, la più grande opera fossile in Italia non arresta la sua corsa. Si tratta del mega gasdotto Linea Adriatica della Snam. Ultimo tratto del corridoio energetico meridionale che parte dall’Azerbaijan e approda in Puglia tramite la Tap (Trans Adriatic Pipeline). Un progetto che languiva da anni, e che è stato rispolverato dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

Il tratto ancora da realizzare è lungo 430 km, da Sulmona in Abruzzo a Minerbio in Emilia Romagna, diviso in tre lotti. Passerà sull’Appennino, sacrificando almeno due milioni di alberi, tra territori ricchi di biodiversità, ma anche molto fragili, ad alta sismicità e rischio idrogeologico. Questa gigantesca, inutile e dannosa opera, su cui punta molto il Governo Meloni che la considera strategica, sta però incontrando molti oppositori nel suo cammino. Come tanti piccoli Davide contro Golia.

A Sulmona la Linea Adriatica devasta un villaggio dell’Età del bronzo

A Sulmona, da oltre 16 anni resiste un combattivo comitato. Mario Pizzola e Alba Silvani, due storici attivisti dei Comitati cittadini per l’ambiente Sulmona e della Campagna “Per il Clima, Fuori dal Fossile”, il tre settembre scorso si sono incatenati al cantiere Snam di Case Pente a Sulmona. Per protestare contro la costruzione della centrale di compressione a supporto del gasdotto Linea Adriatica.

Non è la prima azione di protesta e disobbedienza civile nonviolenta che il gruppo di Sulmona porta avanti. «Il costo della centrale e del metanodotto è di 2 miliardi e 500 milioni di euro. Pagati dai cittadini italiani attraverso la loro bolletta energetica e dalle tasse dei cittadini europei. Per cosa?» si chiede Pizzola.

Come se non bastasse, l’area dove dovrebbe sorgere la centrale di Sulmona è di grande valore archeologico e storico. Durante i lavori di archeologia preventiva, non ancora terminati, è stato scoperto un villaggio dell’Età del bronzo (3500 anni fa), una necropoli con circa 100 tombe e mura di costruzioni risalenti all’epoca italica e romana. Nonostante l’eccezionale valore di tali scoperte, il Ministero della Cultura ha dato alla Snam il via libera per costruire nel sito.

Ma il Consiglio di Stato si piega al volere della Snam

«Il cantiere della centrale di Sulmona è palesemente illegale. Perché l’autorizzazione a costruire è decaduta il 7 marzo 2023 ed è stato aperto senza l’ottemperanza delle prescrizioni “ante operam” stabilite dal decreto V.i.a n. 70 del 7 marzo 2011», spiega l’attivista Mario Pizzolla. Ma pochi giorni fa è arrivata una doccia gelata. Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Comune di Sulmona contro la V.i.a per il tratto di metanodotto Sulmona-Foligno. Contestando la sua validità in quanto erano passati più di cinque anni. E ha condannato il Comune di Sulmona al rimborso delle spese giudiziarie (8mila euro) in favore della Snam.

«Una sentenza palesemente illogica e iniqua, e pertanto assolutamente non condivisibile», commenta Pizzola. «Essa, infatti, si pone in aperto contrasto con un’altra sentenza dello stesso Consiglio di Stato, e perfino della stessa sezione IV, che sullo stesso tema anni fa si è pronunciato in modo diametralmente opposto».

Inoltre, denunciano gli attivisti, con il metanodotto aumenteranno le polveri sottili e gli ossidi di azoto. Peggiorando la qualità dell’aria dell’intera valle dove gli inquinanti ristagnano. Ma non è finita qui. «La centrale toglierà anche spazio vitale all’orso bruno marsicano», continua Pizzola. «Il Parco nazionale della Maiella considera infatti l’area di Casa Pente un corridoio faunistico e sito di alimentazione di questa specie ad altissimo rischio di estinzione, della quale si contano solo una sessantina di esemplari».

A Cesena la Linea Adriatica distrugge flora e fauna

Non solo Sulmona. Anche a Cesena altri due piccoli Davide si oppongono al Golia della Linea Adriatica. Sono Marta Garaffoni e Federico Raspadori, con la loro casetta, i loro animali e il bosco da poco piantumato. «Siamo come il villaggio di Asterix e Obelix, in mezzo al passaggio dell’Impero», scherza amaramente Federico mostrandomi la foto dall’alto. Tutt’attorno hanno iniziato gli sbancamenti, restano solo loro. Un’oasi di verde sotto attacco.

I ragazzi hanno ricevuto un avviso di esproprio e asservimento di una parte del loro terreno per il passaggio del metanodotto Linea Adriatica nel tratto Sestino-Minerbio, lo scorso anno. «Ci è crollato il mondo addosso. Il cantiere del metanodotto e la conseguente servitù di passaggio attraversa il nostro piccolo podere in diagonale, distruggendo tutto il nostro lavoro e i nostri sogni. In seguito al cantiere che spazzerà via tutto, la servitù garantirà l’impossibilità da parte nostra di ripiantumare a bosco quei terreni e di utilizzarli per gli animali. Poiché saranno di ostacolo a Snam per eventuali altri lavori e controlli sul metanodotto», raccontano.

Hanno recentemente scritto anche al presidente Mattarella, per raccontargli «la situazione che, da un anno ad oggi, schiaccia le nostre vite e i nostri sogni. A tal punto che entrambi abbiamo perso la salute e la serenità». Ma nonostante una petizione con oltre 67.000 firme, e due lunghi scioperi della fame portati avanti da Marta, la Snam ha tirato dritto.

Ma la lotta degli attivisti continua

Il 3 settembre scorso è arrivato l’asservimento coatto, ma Marta e Federico sono riusciti in extremis a strappare un accordo alla Snam. Il cantiere è posticipato all’autunno, quando i 100 giovani alberi saranno trapiantati, a spese di Snam, in una parte del terreno non toccata dal cantiere. E anche gli animali saranno spostati sempre a spese di Snam. Presumibilmente questo avverrà ad ottobre.

«Abbiamo preteso che la Snam si prendesse almeno la responsabilità di spostare alberi e animali, di tasca sua, dopo averci stravolto la vita», sospira Federico. Ma per i due milioni di alberi nei boschi dell’appennino, e relativa biodiversità, non ci sarà questo riguardo.

Dall’Abruzzo alla Romagna sono quindi tanti i comitati che si stanno mobilitando per salvare i territori dallo sbancamento. L’opera sta quindi iniziando i lavori a nord (nel tratto Sestino-Minerbio) senza che sia stato ancora realizzato il tratto precedente. Né tantomeno la centrale di Sulmona. «Questa infrastruttura è inutile. La rete Snam è già sovradimensionata visto che il consumo di metano in Italia è letteralmente crollato a 60 miliardi di metri cubi. Ben 26 in meno rispetto al 2005, quando si è toccato il picco massimo. Nei prossimi anni dovrà diminuire ulteriormente», conclude Mario Pizzola.