Ha vinto Lula. Il Brasile sceglie la democrazia, l’Amazzonia e i diritti
In Brasile il candidato progressista Lula ha battuto il presidente in carica di estrema destra Jair Bolsonaro
In Brasile vince l’ex presidente e candidato della sinistra Luiz Inacio Lula da Silva con il 50,9%. Ed uno scarto di 2,1 milioni di voti rispetto al presidente uscente di estrema destra Jair Bolsonaro. Lula è così il primo a vincere tre elezioni presidenziali in Brasile. E Bolsonaro diventa il primo presidente in carica nella storia a non essere rieletto. Il successo del candidato progressista è stato garantito da una larga coalizione cha abbraccia anche il futuro vicepresidente di Lula, Geraldo Alckmin, politico di centro-destra sconfitto dallo stesso Lula alle presidenziali del 2006.
Secondo turno che si è confermato tesissimo in seguito ad un confronto elettorale con pochi contenuti, molte accuse e offese personali. Sono aumentati nel Paese gli episodi di violenza ed abusi di potere da parte delle forze dell’ordine che sono state accusate, negli Stati dove Lula ha vinto, di aver bloccato gli autobus pubblici diretti ai seggi elettorali. Ora sta a Lula riunificare una nazione lacerata e governare armonizzando le tante anime della sua coalizione.
Scontro tra titani, ma ad armi impari
«Per usare una metafora dal calcio, è come se fosse stata una finale di coppa del mondo tra due nazionali “classiche”, che hanno già vinto il titolo. Non è una finale Spagna-Finlandia: è una finale tra due giganti di popolarità. Sono i due leader più importanti in Brasile dell’ultimo decennio», ha commentato per Valori.it Carlos Marcelo, direttore del quotidiano Estado de Minas.
Una Brasile-Argentina, in un confronto “sui generis” per un Paese che ha riscoperto la democrazia negli anni Ottanta. Questo è il primo scontro elettorale al ballottaggio tra un ex presidente ed un presidente in carica. Già dal primo turno non c’è stato un terzo candidato in grado di competere con le due forze egemoniche del Partito dos Trabalhadores (PT) di Lula e il Partito Liberal (PL) di Bolsonaro. «L’unica presenza significativa è stata quella di Simone Tebet, che ha ottenuto il terzo posto ribaltando le previsioni che vedevano Ciro Gomes favorito dopo Lula e Bolsonaro», aggiunge Carlos Marcelo.
Il secondo turno è stato caratterizzato da un grande quantitativo di voti già definiti: sono stati pochi gli indecisi in un Brasile polarizzato. Come mostravano gli ultimissimi sondaggi elettorali infatti, le risposte «non sa, non risponde» ammontavano solo al 2%. In questo senso, il primo turno ha anticipato la tendenza del 30 ottobre.
Oltre alle certezze non sono mancate violenza, armi e abusi di potere
Il giorno prima delle elezioni, la deputata Bolsonarista Carla Zambelli ha inseguito un uomo nero proveniente dalla periferia di Sao Paolo, puntandogli una pistola contro all’interno di un bar e intimandogli di sdraiarsi sul pavimento. «Hanno usato un uomo nero per andarmi contro», ha dichiarato la deputata in un video postato sui social.
A Rio de Janeiro durante la mattinata di votazioni, da una macchina posteggiata davanti ad un seggio elettorale, dei bolsonaristi hanno puntato armi finte agli elettori. Per concludere, nella giornata elettorale la Polizia Rodoviaria Federale (PRF) ha eseguito più di 600 blitz su autobus pubblici diretti ai seggi elettorali, di cui 272 operazioni nelle regioni del Nord-Est, dove Lula tradizionalmente vince. Questi blitz sono inediti nella storia delle elezioni e hanno rallentato il processo elettorale. Il capo della PRF, sostenitore di Bolsonaro, è stato denunciato dal partito di Lula e ora rischia il carcere.
Il discorso della vittoria e la fine dell’arroganza bolsonarista
«Non esistono due Brasile», ha affermato Lula in conferenza stampa, «è l’ora di abbassare le armi e scegliere la vita». Ieri, durante un discorso tenuto a Sao Paolo, il nuovo presidente ha sintetizzato i principali punti del suo programma, parlando di contrasto alle diseguaglianze, alla povertà, di ritorno a relazioni internazionali sane e di un Brasile non più isolato.
Deforestazione
L’era di Bolsonaro. Da 15 anni l’Amazzonia non soffriva così
Con Bolsonaro presidente deforestazione ai massimi da 15 anni. Finanza e agrobusiness senza freni, impunità e indigeni messi a tacere
«Il Brasile e il Pianeta hanno bisogno di una Amazzonia viva», ha esclamato il leader progressista in merito alla questione ambientale. Aggiungendo che durante il suo mandato sarà azzerata la deforestazione. Mentre i militanti lulisti invadono le strade del Brasile con grandi cortei pieni di bandiere nazionali, danze e allegria, un reportage della testata Globo mostra i fan di Bolsonaro raccogliersi in pianti collettivi. Il leader del PL ancora non si è complimentato con l’avversario ed è scomparso anche dai radar dei suoi alleati e del suo staff.
Confermata la vittoria di Lula dal Tribunale Superiore Elettorale, Bolsonaro sarebbe andato a dormire senza rispondere alle sollecitazioni del suo staff e degli alleati. Ancora non si sa quando rilascerà le prime dichiarazioni post-sconfitta. Quello che è certo è che la bandiera del Brasile da oggi torna ad essere un elemento di unità per il Paese e non più simbolo di una parte politica. «Adesso potremo guardare la Coppa del Mondo con la maglietta della nostra nazionale!», commenta entusiasta un’elettrice di Lula.
Si realizza di nuovo la profezia di Minas Gerais. Lula recupera voti nel sud-est del Paese
A Minas Gerais, in particolare, Lula ha vinto con il 50,2%, contro il 49,8% del presidente in carica. «Chi vince a Minas, vince in Brasile», si è spesso vociferato nei buteco (bar di strada) di Belo Horizonte, capitale di Minas Gerais. Qui dove nel 2018 Bolsonaro aveva vinto al secondo turno, contro Fernando Haddad (Partido dos Trabalhadores), il 2 ottobre Lula aveva vinto con il 48,29% e Bolsonaro si era attestato secondo con il 43,6%. Risultati quasi identici a quelli nazionali (48,43 contro 43,2).
Per questo motivo, entrambi i candidati hanno visitato più volte Minas Gerais. «Minas è di nuovo lo Stato pendolo. Qui si decidono le elezioni», ha commentato Marcelo. Oltre a Minas, sono stati fondamentali per la vittoria i 9,3 milioni di voti che Lula ha riconquistato nel sud e sud-est del Paese. E i 2,2 milioni in più raccolti nel nord-est rispetto alle elezioni del 2018, quando a competere per il PT era stato Haddad.
Come Lula riconquisterà gli Stati conservatori di destra?
Se Minas è stata visitata più volte dai candidati, uno Stato che ha visto poco Lula e Bolsonaro durante la campagna è quello di Santa Catarina, dove il leader del PL ha vinto al secondo turno con il 69,2% dei voti validi.
Qui dove nel 2002 Lula si era imposto con il 63%, oggi si osserva un’onda conservatrice di estrema destra, ormai consolidata nel Sud del Paese. Lula ha concentrato l’azione politica dei suoi due governi sul contrasto alle disuguaglianze e alla povertà. Creando sussidi e programmi indirizzati prevalentemente alle regioni del nord-est, storicamente più povere e meno produttive.
Santa Catarina rappresenta oggi una realtà economica esportatrice, ben industrializzata e con un forte settore agroalimentare. Così il tasso di cambio basso nel corso dell’era-Bolsonaro, che ha favorito le esportazioni, ha creato una situazione ideale per la crescita economica. Solo nel 2021 l’economia qui è cresciuta dell’8,8%.
«Dobbiamo dare risposte alla classe media del Brasile: in questo momento Lula parla ai poveri, ai lavoratori e ai piccoli imprenditori. Il nostro dialogo deve ripartire dai settori produttivi medi e dalle classi medie», spiega a Valori.it il deputato federale del PT Pedro Uczai. «Credo che l’unico tema che in questo momento convince la classe media (che guadagna fino a 5mila reais al mese, circa 960 euro) sia l’esenzione dell’imposta sul reddito», ha commentato riferendosi al futuro del partito vincente.
Che succede con i governatori bolsonaristi?
Durante la campagna elettorale, molti governatori eletti hanno garantito il loro supporto al presidente in carica Bolsonaro. Il PL governerà in due Stati mentre il PT in quattro, ma gli endorsement arrivati da governatori di partiti minori sono stati numerosi.
«La caratteristica del Brasile come repubblica federale è che i governatori statali hanno un grande bisogno del presidente della repubblica», commenta Uczai. «I governatori saranno pragmatici, dialogheranno con il governo federale per ottenere risorse, portare avanti le opere e fornire servizi ai cittadini», commenta.
A Santa Catarina, ad esempio, dove Jorginho Mello del PL ha vinto al secondo turno con il 70% dei voti validi, è urgente l’investimento in infrastrutture. Lo Stato conta il maggior numero di morti per chilometro di strada. «I governatori hanno bisogno della spesa del governo federale per andare avanti. Per questo motivo non vedo all’orizzonte grandi conflitti», afferma Uczai.
I governatori in campagna elettorale hanno realizzato molte promesse, a Belo Horizonte il neoeletto Zema ha riportato nelle prospettive future la metropolitana, antico sogno della capitale. «Con Lula presidente, dovranno trovare insieme le risorse per questa opera costosa», osserva Marcelo. «Anche durante questa legislatura, laddove il presidente Bolsonaro abbia avuto rapporti conflittuali con i governatori, ad esempio nelle regioni del nord-est, non abbiamo registrato carenze di risorse o di investimenti, anzi», aggiunge il giornalista.
Le prossime sfide di Lula: un Congresso di destra e una ampia coalizione
Oltre alla collaborazione con i governatori, Lula dovrà armonizzare anime molto diverse all’interno della coalizione e affrontare un Congresso di destra da cui dovrà provare ad ottenere voti per le misure più urgenti.
«Lula avrà un primo anno molto difficile nel Congresso il cui presidente è stato eletto nelle frange del Partito Liberale che ha la maggioranza oggi», commenta il direttore Marcelo. «Dobbiamo però ricordare che quando Lula è stato presidente non ha governato con il solo appoggio della sinistra, ma anche di una parte della destra e del centro», aggiunge. Il cosiddetto centrão brasiliano, ovvero l’area di centro-destra che appoggia tutti i governi in carica a prescindere dalla connotazione ideologica, fornirà al governo Lula un supporto significativo durante la legislatura.
Tuttavia, «questo sarà un governo in disputa: ci saranno posizioni più liberali e posizioni più progressiste. Ma la leadership di Lula e la sua esperienza politica, permetteranno di governare e convivere con le contraddizioni», ritiene Uczai. «La via d’uscita dai conflitti interni nell’alleanza e dal congresso egemonicamente di destra, sarà far tornare pubblico il bilancio federale, che oggi è segreto», commenta il deputato del PT.
«Lula farà valere la sua esperienza e riuscirà a governare»
Uczai parla di un bilancio federale partecipativo che vincoli l’alleanza alle necessità della popolazione. Sulla presenza di Simone Tebet nella coalizione, coinvolta nel settore agroalimentare nel Mato Groso do Sul e liberale convinta, Uczai non nutre preoccupazioni. «Lula non ha incorporato nel programma di governo le sue proposte di politica economica. Questa potrà avere in un primo momento una prospettiva di stabilità e controllo fiscale, per creare una relazione di confidenza con la società ed il settore produttivo, ma successivamente bisognerà mostrare profondi cambiamenti rispetto al governo Bolsonaro», analizza Uczai.
Per la coalizione a trazione PT, Simone Tebet è l’elemento funzionale di dialogo con i settori agroalimentari con cui il partito ha tradizionalmente delle tensioni, «ma non avrà forza sufficiente per intervenire nelle decisioni fondamentali e maggioritarie del governo», aggiunge il neoeletto deputato federale.
I camionisti pro-Bolsonaro bloccano le strade
Malgrado il suo prolungato silenzio, Bolsonaro il 1 gennaio dovrà partecipare alla cerimonia di inaugurazione presidenziale, lasciando il suo posto a Lula. Mentre i suoi alleati hanno riconosciuto la sconfitta, Bolsonaro continua a fare rumore, ma questa volta senza parlare. Un Paese polarizzato da ricostruire, un congresso di destra ed un governo di sinistra.
Il Brasile è un Paese che fa continente. Grande, diseguale ed eterogeneo. Il primo gennaio 2003 Lula assumeva per la prima volta la presidenza della repubblica. Oggi, a 77 anni, l’ex presidente ha la grande sfida di convivere con un pluralismo politico di ampio respiro, un congresso ostile e una grande parte ed una popolazione da pacificare. Il movimento di estrema destra di Bolsonaro non finisce qui infatti: nella notte del 31 ottobre, nell’assenza di parole da parte del presidente in carica, camionisti bolsonaristi hanno occupato le strade del paese nella speranza di un intervento militare.