Il Manchester United è l’emblema del dominio neoliberale

Incapace di vincere, con i bilanci in rosso da cinque anni, il club inglese risponde licenziando i lavoratori

Il Manchester United da cinque anni ha i bilanci in rosso © Enrique Guzmán Egas/Unsplash

Quando si indica la luna, è giusto anche guardare il dito. La luna è quella della Premier League, il campionato di calcio maschile più bello (a gusto) e più ricco (di sicuro) del pianeta. Lo raccontano di dati di Forbes riferiti alla stagione 2022/23, l’ultima disponibile. I club della massima serie inglese hanno registrato un fatturato aggregato di 7,2 miliardi di euro, con un aumento dell’11% rispetto all’anno precedente. Al confronto i ricavi della Bundesliga tedesca sono di 3,8 miliardi di euro, quelli della Liga spagnola di 3,5, della Serie A di 2,9 e della Ligue 1 francese di 2,4.

In Inghilterra crescono ogni anno i ricavi. E questi numeri sono destinati ad aumentare, dato che i club della Premier League hanno firmato un nuovo contratto per la trasmissione dei diritti tv interni per il prossimo quadriennio, dal 2025 al 2029, per 7,8 miliardi di euro. Due miliardi all’anno. A questi vanno aggiunti i diritti tv per le trasmissioni all’estero, che sono altri 5 miliardi. Così i miliardi all’anno diventano tre, più del triplo di quanto prende la Serie A con 900 milioni. Bene, questa è la luna. Poi c’è il dito che ci racconta come il più ricco tra i club più ricchi del pianeta sia in realtà ridotto sul lastrico.

Il Manchester United: too big to fail

Sempre Forbes, quando stila la classifica dei dieci club più ricchi del pianeta, racconta che sei di questi sono inglesi. Ci sono, in ordine di ricchezza, il Liverpool, il City, il Chelsea, il Tottenham e l’Arsenal. Ma c’è soprattutto il Manchester United, il cui valore stimato di poco meno di 6 di miliardi di euro lo mette al secondo posto assoluto, un pelo dopo il Real Madrid. Eppure a guardare il dito proprio lo United, il più ricco tra i club del campionato dei più ricchi, non è messo per nulla bene. Anzi, avrebbe potuto non avere i requisiti per iscriversi al campionato. E adesso rischia una penalizzazione in classifica. Il motivo è che, per il quinto anno di fila, lo United chiude il bilancio con un segno meno.

Il bilancio della stagione 2023-24 si chiude infatti con una perdita di 113,2 milioni di sterline. Poco meno di 135 milioni di euro. Quello della stagione 2022-23 si era chiuso con meno 42,2 milioni di sterline. E quello della stagione 2021-22 con meno 115,5 milioni. In tre anni sono più di 270 milioni di sterline. Eppure il fair play finanziario della Premier League impone che la perdita complessiva sugli ultimi tre anni non possa superare i 105 milioni di sterline. Per questo motivo lo scorso anno erano stati tolti punti a Everton e Forest. Ma molto probabilmente lo United non incorrerà in alcuna penalizzazione, essendo too big to fail.

Il Manchester United è l’emblema del dominio neoliberale

Non solo nei bilanci. Anche in campo il Manchester United, la squadra più titolata d’Inghilterra, va malissimo. Al di là di un’Europa League e un paio di coppe nazionali, lo United non vince un campionato da oltre dieci anni. E una Champions da più di quindici. Lo scorso anno è arrivato ottavo e non si è nemmeno qualificato. In pratica, verrebbe da dire, lo United ha smesso di vincere quando è stato comprato dalla famiglia Glazer. Diventando la prima squadra a essere gestita come un prodotto finanziario.

Basti pensare che i Glazer lo acquistarono tramite leverage buyout con un’opa sulla borsa di Londra nel 2005 per nemmeno 300 milioni di euro, lo delistarono e listarono poi a New York. Lo scorso anno ne hanno ceduto il 25% per 1,3 miliardi. Come aggiustare una situazione così florida nelle casse sociali, con il Manchester United che ha fatto guadagnare ai suoi proprietari poco meno di 6 miliardi di euro, interessi esclusi, ma così drammatica in campo, dove la squadra non è più capace di vincere? Ma con gli strumenti del dominio neoliberale senza dubbio: facendo quindi ricadere la responsabilità sui lavoratori. Non i calciatori ovviamente – ne vengono comprati ogni anno in quantità industriale e i loro stipendi continuano a crescere – ma i dipendenti del club.

Un disastro continuo, tra pollo crudo e lavoratori licenziati

In estate sono state licenziate 250 persone che guadagnavano, in media, 40mila sterline all’anno a testa. Per un risparmio totale di 10 milioni. Lo stipendio garantito di uno qualsiasi dei dirigenti responsabili dei disastrosi bilanci. O di una sconosciuta mezz’ala colombiana comprata solo per fare player trading. Agli altri dipendenti, riportano i quotidiani inglesi, sono invece stati tagliati i pasti e l’accesso ai bar dello stadio e dei campi di allenamento. Se vogliono mangiare il panino che si sono portati da casa devono farlo in piedi davanti ai bagni, dove non disturbano nessuno.

Ancora una volta l’insipienza e la codardia dei padroni, incapaci di fare il loro mestiere, ricade sui lavoratori. Ma, se in questo immane scempio vogliamo trovare un lato positivo, possiamo dire che ai lavoratori rimasti forse è convenuto non potere più mangiare nelle aree di ristoro ufficiali del club. Lo scorso anno infatti era venuto fuori che il Manchester United non aveva passato i requisiti minimi di igiene alimentare, dato che serviva polli scongelati cotti pochissimo e quindi pericolosi. Una figura barbina epocale, di cui si era occupato anche il New York Times. L’ennesima del dominio neoliberale.