Non solo l’Inter, anche l’Atalanta è in piena bolla finanziaria

Anche i bergamaschi, spesso portati a esempio di vecchia e solida proprietà, viaggiano tra fondi d’investimento e paradisi fiscali

Nella prima stagione con Percassi proprietario l’Atalanta vince la Serie B © WikiCommons

Nei giorni scorsi si è parlato molto del cambio di proprietà dell’Inter, passato dalle mani del colosso cinese Suning a quelle della società di gestione patrimoniale americana Oaktree Capital Management. Il tutto a seguito del mancato rimborso dei cinesi agli americani di un prestito triennale da 275 milioni di euro. Un prestito a tassi d’interesse altissimi, circa il 12%, che scadeva il 21 maggio e che non è stato ripagato per le evidenti difficoltà economiche e giudiziarie in cui versa Suning. E nonostante i tentativi in extremis di trovare un altro prestito per coprire il precedente. Questo però lo avete già letto tutti.

Un’altra cosa che avete letto ovunque, visto che negli stessi giorni l’Atalanta vinceva l’Europa League, è un azzardato – e assai sbagliato – paragone tra Inter e Atalanta. In cui i nerazzurri milanesi erano presi a esempio dei mali «delle proprietà straniere» e del «calcio in mano alla finanza». Mentre i nerazzurri bergamaschi venivano presentati come una proprietà solida, «italiana» e «di vecchio stampo». A rimpiangere un capitalismo industriale che, in quanto a fallimenti di società calcistiche, non era secondo a nessuno. Ma oltre a essere azzardato, il paragone è sbagliato. L’Atalanta è nella bolla della finanza tanto quanto l’Inter.

Gli incredibili giochi finanziari dell’Inter

Perché Steven Zhang, dell’imprenditore cinese Zhang Jindong fondatore di Suning, non sia riuscito a rimborsare il prestito a Oaktree non lo sapremo mai. A giugno 2023 l’Inter metteva a bilancio debiti per oltre 800 milioni di euro, di cui più della metà erano bond loan, ovvero prestiti obbligazionari. Ma sono debiti comuni nel pallone, tranquillamente rifinanziabili con altri debiti. Più probabilmente il mancato pagamento ha a che fare con alcuni processi in cui è coinvolto in Cina Zhang che, infatti, non ha presenziato alle varie feste scudetto. Ma questa è un’ipotesi.

Più interessante notare che, oltre al prestito obbligazionario che aveva in corso con Oaktree, nel 2022 l’Inter ha emesso altri bond alla Borsa di Lussemburgo del valore di 415 milioni di euro. Bond con interessi del 6,75%, scadenza nel 2027 e un piano di rimborso che prevede il pagamento di quasi l’intera cifra nell’ultima rata, pochi giorni prima della scadenza. Esattamente lo stesso tipo di accordo con Oaktree che, adesso che è proprietaria, però si trova in mano questi nuovi bond da 415 milioni. E non è finita qui. Questi nuovi bond infatti hanno una strana clausola.

Una clausola che prevede che, in caso di «change of control» (ovvero di cambio di proprietà nella società che ha emesso le obbligazioni), dovessero essere subito rimborsati al pieno del loro valore. Il 101%. Una clausola che rischiava di mettere seriamente nei guai Oaktree, che di questo bond è uno dei principali investitori. Ma la questione sembra risolta. Pare non si siano verificate le condizioni del «change of control». Vai a capire come sia possibile. Una cosa è certa però: l’esposizione debitoria e obbligazionaria dell’Inter, chiunque sia il suo proprietario, è tale e quale a prima.

E quelli non certo da meno dell’Atalanta

Certo, la situazione dei nerazzurri di Bergamo sembrerebbe assai diversa da quella dei nerazzurri di Milano. Quando la famiglia Percassi (vari marchi, centri commerciali e gestione della rete vendita di big come Gucci, Nike, Starbucks e altri in Italia) la compra in serie B nel 2010, la paga 15 milioni. Dopo quattordici anni, utili per 160 milioni di euro, grazie a otto bilanci di fila chiusi con il segno più anche per la strabiliante capacità di vendere giocatori, la sua valutazione si aggira sui 500 milioni di euro. O almeno, questa è la cifra su cui si è costruita la trattativa che nel 2022 ha portato la società di investimenti Bain Capital a rilevare il 55% del club.

Perché hai voglia a parlare «dell’imprenditore» Stephen Pagliuca, comproprietario dei Boston Celtics. In realtà l’Atlanta è in mano a una società specializzata in compravendita di fondi di private equity e venture capital. Pura alchimia finanziaria. E infatti, al momento del presunto acquisto del 55% delle quote, ecco che subito ci si perdeva tra holding create all’uopo nei paradisi fiscali del Lussemburgo e del Delaware. Gli stessi dove risiedono i misteriosi proprietari di Milan e Roma, e di metà del calcio europeo. Come per tutte le altre sappiamo quindi chi sono i presidenti, i copresidenti e i vice presidenti. Ma identificarli come proprietari risulta assai difficile.

Ma non è finita qui. Perché al momento dell’acquisto dell’Atalanta è stato emesso un bond in Austria di 152 milioni, poco più della metà cifra pagata (come l’Inter), con scadenza nel 2027 (come i nuovi bond dell’Inter) e con un tasso annuale del 8% (più o meno anche qui come l’Inter). Anche qui, come l’Inter, il bond grava sugli investitori e non sul club, ma poco cambia. Diciamo che i club non sarebbero falliti lo stesso. I bond sono in pegno a Carlyle e Ares, due fondi americani che hanno fatto da sottoscrittori (come Oaktree per l’Inter). Insomma, non sappiamo come finirà nel 2027. Ma di sicuro oggi le similitudini tra le proprietà finanziarie di Inter e Atalanta sono molto ma molte di più di quanto non sia raccontato.