Materie prime. Ripresa o speculazione?

C'è grossa crisi, la rubrica di Andrea Baranes che vi spiega perché dovete interessarvi di finanza. Prima che la finanza si interessi di voi

I dati annunciano una forte ripresa dell’economia in tutto il mondo, dopo il crollo legato alla pandemia. Al di là delle proiezioni sulla crescita del PIL, uno degli indici che più sembrano testimoniare tale andamento è quello delle materie prime.

Secondo la Banca Mondiale la crescita è particolarmente evidente per alcune tipologie di materie prime come i metalli. Il prezzo del rame, riportato nel grafico, è crollato lo scorso anno. Ma è ora a prezzi ben superiori a quelli precedenti alla pandemia.

Andamento del prezzo del rame © Banca Mondiale


In generale, lo stesso andamento si registra per l’insieme delle materie prime, come mostrano i dati del Fondo Monetario Internazionale che evidenziano una vera e propria impennata dei prezzi dalla fine dello scorso anno.

Andamento dei prezzi delle materie prime © Fondo Monetario Internazionale


Ci si interroga però sui motivi che sono dietro a un tale repentino rialzo. Se è vero che le notizie di ripresa, in particolare in Cina e Stati Uniti, sembrano trainare la domanda, è altrettanto vero che l’ampiezza e la velocità degli aumenti destano preoccupazione.

Come abbiamo purtroppo visto diverse volte, anche nel recente passato, la finanza speculativa potrebbe giocare un ruolo di primo piano. Un aumento cosi rapido è legato alla richiesta di materie prime o alle aspettative di una possibile richiesta di materie prime?

Non è una domanda banale. Se tutti dicono che nel prossimo futuro il prezzo di un’azione o di un titolo salirà, molti investitori correranno a comprarlo. Questi acquisti spingeranno il prezzo al rialzo, attraendo altri investitori, e la previsione iniziale si auto-avvera. Non perché era giusta, ma perché i mercati l’hanno seguita.

In altre parole, se è vero che la finanza dovrebbe anticipare gli andamenti dell’economia, oggi è tale lo strapotere dei mercati che spesso più che anticiparli, la finanza li determina o per lo meno li influenza pesantemente.

Lo abbiamo visto dopo la crisi del 2008, con un aumento del valore delle materie prime legato non a una domanda reale ma al massiccio afflusso di capitali in fuga dagli investimenti tradizionali. Difficile dire nella situazione attuale se e quanto stiamo assistendo a un fenomeno simile.

Usando una nota metafora degli ambienti finanziari, per l’ennesima volta potremmo osservare la “coda che fa scodinzolare il cane”, ovvero una finanza che domina l’economia, di cui dovrebbe essere invece al servizio.