«Il metaverso è un’etichetta vuota»

Si parla tanto di metaverso ma sono ancora tante le domande e poche le risposte su cosa sia. Intervista all’esperto Andrea Signorelli

Che cos'è il metaverso? © Tumisu/Pixabay

È un periodo in cui sembrano rallentare o ridimensionarsi le attenzioni – spesso eccessive – rispetto alle “next big thing”, cioè quelle idee destinate a cambiare il mondo intero. È probabilmente il caso del metaverso, che potrebbe perfino entrare in un periodo di scetticismo o svalutazione. Questo a causa dell’inconsistenza del progetto, prima sospinto dalla necessità mediatica di comunicare la novità, per poi spegnersi in un nulla di fatto.

L’invenzione, di fatto lanciata da Mark Zuckerberg, consiste in una piattaforma ancora più immersiva. Un internet “incarnato”. In cui sei parte dell’esperienza (ne abbiamo parlato qui). È una creatura intorno alla quale ruotano tante domande e ancora poche risposte. Di recente, Meta – insieme a Microsoft, Epic Games e altre 30 aziende – ha fondato un gruppo per creare i futuri standard del Metaverso e, fra le altre cose, dare una definizione di metaverso. Già, perché prima di tutto bisogna capire di cosa si tratta.

Andrea Signorelli, giornalista che si occupa di nuove tecnologie e del loro rapporto con la società e la politica, spiega la sua posizione in merito.

Partiamo dall’inizio. Nei tuoi articoli hai scritto che il metaverso non esiste. Che cosa intendi dire?

Al momento, “metaverso” è un’etichetta vuota. Racchiude diverse piattaforme diverse tra di loro, virutali e no, dedicate al lavoro oppure alle criptovalute, o ancora ai gamer. Insomma, tutte piattaforme chiuse che non comunicano tra di loro, con funzioni estremamente diverse. Quindi, adesso non esiste alcun metaverso. Alcun universo digitale immersivo in cui ci caleremo e ci sposteremo con agilità da una piattaforma all’altra.

Si tratta più di una trovata di marketing: Mark Zuckerberg ha abilmente ripescato un termine dal lessico cyberpunk per far dimenticare i fallimenti di Meta e Facebook. Un termine coniato più per dare un’avveniristica visione all’orizzonte, che magari si tradurrà in realtà tra 5 o 10 anni. Oppure, per quel che ne sappiamo adesso, non si realizzerà mai.

Metaverso
Il metaverso potrebbe rivoluzionare le nostre vite, in futuro. Ma potrebbe anche non arrivare mai © Maxim Hopman/Unsplash

A quali fallimenti fai riferimento?

Parlo del declino di Facebook a opera dei suoi concorrenti, vedi Tik Tok per esempio. Ma anche della sequela di scandali che hanno coinvolto la nota piattaforma social in termini di privacy e protezione dei dati personali. Quello del metaverso è sicuramente un mercato sul quale Zuckerberg ha puntato gli occhi diverso tempo fa: nel 2014 ha acquistato Oculus, la più importante società produttrice di visori per la realtà virtuale.

Da allora sta cercando in tutti i modi di aumentare l’interesse per la realtà virtuale ma finora il successo è stato piuttosto scarso: secondo le stime, non di Meta perché non diffonde numeri ufficiali, dal 2014 a oggi tutti i visori Oculus hanno venduto circa 10 milioni di unità. Non un grande risultato.

Una ricerca pubblicata su NewScientist dice che lavorare sul metaverso non è poi così produttivo…

Per ora questi dispositivi vengono utilizzati da una nicchia di appassionati: chi li ha provati dice che è una tecnologia molto avvolgente ma anche molto vincolante. Perché una completa immersione non è per forza una cosa positiva e per contro, non essere immersi, può essere un pregio. Non essere immersi ti può consentire di fare una passeggiata al parco mentre si è collegati in riunione.

Se già adesso ci lamentiamo che siamo costretti a fare un sacco di riunioni, pensiamo a dover rimanere fermi alla nostra scrivania e partecipare in uno spazio virtuale dove interagire. Questa direzione richiede investimenti tecnologici ma è proprio quello che le persone vogliono per il loro futuro? Non ne sono così convinto.

Quindi tra le innovazioni che cambieranno il mondo del futuro non vedi il metaverso.

Sicuramente la trasformazione che il mondo del lavoro ha improvvisamente intrapreso con la pandemia proseguirà. Quali siano le future modalità di questa trasformazione è però un tema sul quale ci sono ancora visioni differenti.

Facebook/Meta ha annunciato di voler portare il lavoro nel metaverso attraverso sistemi come Horizon Workrooms dove è possibile creare riunioni di lavoro in realtà virtuale, a cui i colleghi partecipano tramite i loro avatar, e riconquistando così una, sebben parziale, sensazione di presenza anche da remoto. Io direi che il mercato avrebbe bisogno di puntare più sulla realtà aumentata, cioè dove si sovrappongono elementi digitali ma in una maniera non totalmente immersiva.

Esistono tecnologie che durante una riunione in presenza possono proiettare in mezzo alla stanza un oggetto in tre dimensioni con cui tutti i partecipanti – grazie ai loro visori – possono interagire allo stesso tempo. Quindi io vedo un futuro ibrido dove lavoro e realtà aumentata comunicano tra di loro: è probabilmente il trend tecnologico con le ricadute più visibili per tutti noi.