La Pianura Padana soffoca. Ma le misure sono deboli (e i controlli risibili)

Le iniziative antismog prese in Piemonte, Lombardia e Veneto sono insufficienti. Le poche buone notizie arrivano da Bologna e dintorni

Misurazioni della concentrazione di biossido di azoto in Europa. Raccolte dal satellite Copernicus Sentinel-5P. Fonte ESA (European Space Agency)

Di inquinamento si muore, specie nel nostro Paese. Ma le politiche anti-smog, in Pianura Padana, una delle aeree più inquinate d’Europa procedono ancora in ordine sparso. Ecco il quadro delle misure prese in atto dalle principali regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia Romagna. Secondo Legambiente e Cittadini per l’Aria, ancora, troppo insufficienti.

Piemonte, troppe deroghe, ma dal 2020 si cambia

In Piemonte il blocco agli Euro3 diesel è attivo nei capoluoghi e nei comuni con più di 20 mila abitanti. «Ma è anche vero che una serie di deroghe, lo hanno subito indebolito. Potranno, per esempio, ancora circolare i veicoli più inquinanti. Quelli condotti da persone con ISEE del  nucleo familiare inferiore ai 14.000 euro- sottolinea Andrea Poggio, curatore del rapporto Mal’Aria di Legambiente.  « In pratica, invece di offrire servizi sostitutivi e incentivi per mezzi di mobilità non inquinanti, la regione ha scelto di autorizzare chi ha un basso reddito di inquinare se stessi e il prossimo».

Tutto questo, mentre la città di Torino, dove l’area urbana è soggetta a limitazioni alla circolazione permanenti, sia per auto e moto Euro0, ha già bloccato gli Euro3 diesel nella stagione invernale.  Ed ha già programmato il blocco degli Euro4 diesel dal prossimo 1 ottobre 2020.

In Lombardia incentivi per tutti: anche per chi inquina

Sono 570 i comuni lombardi coinvolti nel blocco per le auto, i furgoni e i camion più inquinanti. Ovvero Euro0 benzina e Euro0,1,2 diesel. Il blocco vale tutto l’anno, anche d’estate, stagione nella quale si concentrano le giornate di inquinamento fotochimico segnalato dalle concentrazioni di ozono. Per i veicoli Euro3 diesel e motoveicoli Euro1 il blocco, nelle stesse fasce orarie, sarà per ora solo stagionale, fino a marzo. Il blocco degli Euro4 diesel è previsto, invece, solo in caso di prolungate giornate di inquinamento.

Da ottobre 2019, Milano, città che nel 2018 ha superato 80 volte il limite giornaliero del PM10, aspira, invece, a diventare area a basse emissioni inquinanti.  Con varchi controllati da telecamere e l’istituzione dell’AreaB con il divieto degli Euro4 diesel. AreaB si affianca così all’AreaC del centro storico, soggetta a pedaggio, dove, bisogna ricordare, entrano a pagamento tutti i veicoli (compresi quelli alimentati a gas) salvo quelli elettrici e ibridi, sino al 2022.

L’app Mov-in contestata da Cittadini per l’Aria…

Regione Lombardia ha poi previsto esenzioni per i veicoli inquinanti, per esempio, con più di 3 persone a bordo (car pooling) e per chi si doti di «Move-in», un’applicazione che permette anche ai veicoli inquinanti, persino gli Euro0, risalenti ad oltre 30 anni fa, di percorrere un certo numero di km, anche nelle aree di divieto.

App contestata sia da Legambiente che da Cittadini per l’Aria. Questi ultimi hanno lanciato un appello al sindaco Sala. «Secondo l’accordo raggiunto tra il Comune di Milano e Regione Lombardia, a chi installerà il dispositivo Move-in sulla propria auto (Euro 0 benzina ed Euro 0, 1, 2, 3  e 4 Diesel) sarà consentito percorrere un certo numero di km all’interno di Area B. Questo rischia di vanificare tutti gli sforzi per rendere l’aria di Milano più respirabile».

…e anche per le auto usate

La regione Lombardia ha poi messo in campo tutta una serie di incentivi, contestati però da Legambiente. L’incentivo base, pari a duemila euro, vale  «solo» per le auto che consumano meno, ovvero tra «95 e 130 grammi di CO2 a km», purché emettano meno di «126 mg/km di ossidi d’azoto»  (NOx). L’associazione stima che porterà all’acquisto di non più di 5 mila utilitarie.  Soprattutto a benzina, perché sono ben pochi i modelli diesel che già oggi rispettano livelli così bassi di NOx, secondo i cicli di prova odierni. Oltre 2-3 mila ibride, pochissime a gas e forse nessuna elettrica.

«Ben 26 milioni pubblici spesi, ma la qualità dell’aria che non sarà poi molto più pulita di oggi. Questa modalità, alla fine, premia tutti, come la rottamazione di una dozzina d’anni fa. Anzi, peggio, perché premia anche l’acquisto di un usato recente» ribadisce Andrea Poggio. «Rischiamo di incentivare auto che verranno bloccate dalla stessa regione tra meno di dieci anni. Lasciandoci l’inquinamento e facendo arrabbiare chi oggi se ne avvantaggia».

Cosa succede in Emilia Romagna. La buona pratica di Bologna 

A Bologna, invece, tira un’aria diversa. A chi rottama l’auto senza acquistarne di nuove, il bonus, fino a mille euro all’anno, servirà per acquistare abbonamenti al trasporto pubblico locale, in taxi, Ncc, car sharing o bike sharing per tutti i familiari. «Senza dubbio Bologna è la città che sta adottando la migliore strategia» commenta Poggio. Dal primo gennaio 2020 prenderà il via la ZTL ambientale.

I permessi di accesso, al cuore della città, saranno dettati dalla compatibilità ambientale dei veicoli a motore, con la revoca dei contrassegni di accesso alle auto più inquinanti nella zona a traffico limitato. Con il divieto di accesso agli euro 0 nel 2020, poi gli euro 1 nel 2021 e cosi via. Insieme agli incentivi, l’introduzione del progetto sperimentale di «personal mobility manager» rivolto alle persone che usufruiranno del bonus, coordinato da Legambiente Emilia Romagna.

Nel resto della regione, sono state confermate le misure adottate l’anno scorso. Come il blocco fisso degli Euro3 diesel nei comuni capoluogo e con oltre 30 mila abitanti o le limitazioni al traffico nella fascia 8:30/18:30 dei giorni feriali oltre. Rimangono anche le misure emergenziali dovute agli sforamenti per 3 giorni consecutivi,  vedi blocco dei diesel Euro4.

Nel Veneto nessuna politica anti smog. E i Comuni si autoconvocano

«La Regione Veneto ha deciso di non far nulla, come l’anno scorso- sottolinea il responsabile di Legambiente- chissà perché le Regioni chiedono poteri, se poi non hanno voglia di fare il loro mestiere».  E così, le città venete più importanti hanno deciso di «autoconvocarsi». I sindaci di Treviso, Padova, Verona, Venezia-Mestre, Rovigo, Vicenza, Bassano del Grappa, si sono incontrati più volte per cercare di definire insieme provvedimenti e delibere simili. Sia per decidere eventuali blocchi emergenziali, deroghe, il potenziamento dei servizi pubblici. E per cercare di coinvolgere i diversi comuni limitrofi, inclusi nelle aree metropolitane delle città principali.

Fa caldo, ma si può accendere il riscaldamento fino a 20 gradi

La legge, inoltre, ha permesso, dal 15 ottobre la possibilità di accendere i riscaldamenti per più della metà degli 8mila comuni italiani. Quelli della cosiddetta zona climatica E, che comprende grandi città come Milano, Torino, Bologna, Venezia, ma anche zone di montagna in tutta Italia dove il clima è più rigido. Viene confermata della regola dei 20 gradi massimi, che devono scendere a 19 nelle giornate inquinate e le limitazioni nell’uso di caminetti e di stufe a biomasse, compresi i pellet.

Legambiente: senza controlli non servono i divieti

«Divieti, regole, ordinanze e limitazioni che sono nulla senza il controllo delle amministrazioni. O si fa come a Milano e Torino, dove grazie alle telecamere nei punti di accesso delle aree a traffico limitato si può controllare il reale rispetto dei divieti, senza dover attivare costosi controlli a campione della vigilanza urbana. O si rimane nella situazione in cui le regole ci sono ma mancano gli arbitri per farle rispettare» ribadiscono gli esperti di Legambiente.

Le sanzioni previste per chi viene sorpreso a circolare con un veicolo inquinante non sono banali. Secondo il Codice della Strada (art.13-bis) «chi circola con veicoli appartenenti a categorie inferiori a quelle prescritte è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 163 a euro 658». In caso di recidiva nel biennio, scatta addirittura la sospensione della patente da 15 a 30 giorni. «Se qualche sindaco facesse meglio la propria parte nel far rispettare la legge, i cittadini sarebbero meglio informati su quello che rischiano -conclude Andrea Poggio – e tutti cominceremmo a godere di un’aria più pulita».