Multinazionali sempre più ricche. A loro un terzo del Pil mondiale
Nell'ultimo rapporto del Centro Nuovo Modello di Sviluppo la fotografia di un mondo economico sempre più fagocitato dalle multinazionali
Eat the rich, mangia i ricchi, è il titolo dell’ultimo dossier del Centro Nuovo Modello di Sviluppo (CNMS), istituto di ricerca toscano, sulle 200 più grandi multinazionali al mondo. Un po’ ironico, se si pensa che a banchettare sono proprio i “ricchi” oggetto dello studio. Entità enormi e tentacolari, con uffici sparsi e guadagni ben conservati in tutti gli angoli del mondo.
Le multinazionali controllano l’80% del commercio mondiale
Negli ultimi quindici anni, i ricavi delle multinazionali non hanno mai smesso di crescere. Il dossier indica che ben l’80% del commercio globale è controllato dai grandi gruppi internazionali, che si accaparrano un terzo del Prodotto interno lordo dell’intero Pianeta. I numeri di alcune società sono così mastodontici da far impallidire le economie di interi Stati. Tanto per fare un esempio, Walmart, il colosso americano della grande distribuzione organizzata, ogni anno fattura, da solo, oltre 500 miliardi di dollari. Una montagna di soldi: equivalente al Pil di nazioni come Svezia e Belgio.
Multinazionali
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E perfino tra i ricchi ci sono disuguaglianze. Lo studio del CNMS accende i riflettori sulle 200 principali multinazionali, ovvero un infinitesimale 0,06% che nel 2020 controllava il 14% del totale intascato da questo tipo di società. Soldi e potere sono ben saldi nelle mani di pochissimi.
Soltanto un evento eccezionale come la crisi pandemica ha, seppur di poco, frenato una crescita esponenziale. Nel 2020 il fatturato delle 200 multinazionali top è calato del 5% rispetto all’anno prima. Il Covid è stata una batosta ma, a parte questa parentesi, dal 2005 ricavi e profitti hanno segnato crescite rispettivamente del 60 e 30%. Un esercito di 40 milioni di dipendenti in quindici anni è cresciuto del 40%.
Quali sono le multinazionali più ricche e potenti del mondo
Se è vero che oltre la metà delle multinazionali ha sede in Europa, per trovare quelle che contano di più bisogna guardare a Pechino e negli Stati Uniti. Delle top 200, due terzi sono aziende americane o cinesi. Il 2020 è l’anno che ha visto diventare la Cina il Paese più rappresentato in questa ristrettissima cerchia di società miliardarie, grazie a giganti del mercato energetico e petrolifero come State Grid, China National Petroleum e Sinopec Group. Nella top 10, comunque, la supremazia è ancora degli Stati Uniti. Non solo Walmart, già al primo posto nel 2010, ma anche Amazon, Apple, CVS e UnitedHealth Group sono cresciute negli ultimi dieci anni, scalando la classifica.
Per quanto riguarda l’Italia, nelle prime 200 troviamo Assicurazioni Generali, con i suoi 97 miliardi di fatturato e quasi 2 di profitti, ed Enel (74 e 3).
I settori più proficui per le multinazionali sono quelli di sempre: petrolio, trasporti, elettronica, computer e finanza. Le automobili, invece – ci racconta il rapporto – hanno perso posizioni.
L’impennata dei profitti delle case farmaceutiche
Il Covid ha mietuto vittime perfino tra i miliardari, ma c’è anche chi non ha sofferto affatto gli effetti della pandemia. La grande corsa al vaccino ha permesso alle case farmaceutiche di beneficiare dei contributi governativi di mezzo mondo e di realizzare guadagni stellari. Gli Stati Uniti hanno finanziato con ben 18 miliardi di dollari la ricerca privata. Mentre l’Unione Europea, di suo, ne ha messi sul piatto 3.
La sola vendita di vaccini rappresenta oggi il 50% dei ricavi delle aziende del settore, con una crescita mai vista prima, se pensiamo che, fino al 2019, arrivava a coprire soltanto il 15%. Se guardiamo nelle casse di Moderna, per esempio, in un anno il fatturato è cresciuto dell’8.300%. Per quanto riguarda i profitti, la multinazionale americana è riuscita a passare da un negativo di 240 milioni di dollari dei primi sei mesi del 2020 ai quattro miliardi di profitti registrati a giugno 2021.
Dove finiscono tutti questi soldi?
Il frutto di questi enormi guadagni resta nelle casse societarie. Secondo uno studio di Tax Justice Network, organizzazione di advocacy inglese, ogni anno le multinazionali evitano di pagare 250 miliardi di dollari di tasse sfruttando i paradisi fiscali. Con pratiche illecite di base erosion e profit shifting le multinazionali “nascondono” i propri guadagni registrandoli in Paesi nei quali le imposte sono significativamente più basse.
Per combattere queste enormi differenze di trattamento da parte dei sistemi fiscali, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) dopo più di dieci anni di discussioni ha finalmente trovato un accordo su una global minimum tax. L’obiettivo dei governi è cominciare a introdurre dal 2023 una tassa globale del 15% sui profitti delle multinazionali. Così facendo, ci si augura di recuperare 150 miliardi di dollari e incoraggiare le aziende a rimpatriare i propri capitali.