Tangente Opl245, al processo ENI le rivelazioni dello 007 britannico

L'ex membro della polizia londinese, Jonathan Benton rivela il ruolo di due ex ministri nigeriani nella concessione della licenza petrolifera a ENI

Luca Manes
Luca Manes
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L’ottava udienza del processo OPL 245, ahimé, inizia male: il testimone dell’accusa, in viaggio dalla Macedonia, è in ritardo. E, per di più non si trova l’avvocato del manager Eni Vincenzo Armanna. Come se non bastasse, siamo di nuovo relegati in un’auletta secondaria. Per fortuna non fa più tanto caldo e una parte del pubblico fa di necessità virtù e si piazza nella gabbia destinata agli imputati ospiti delle patrie galere.

Dopo oltre mezz’ora d’attesa trascorsa dibattendo di questioni procedurali e compilando il calendario delle prossime udienze – praticamente una ogni mercoledì da qui a fine novembre – l’avvocato di Armanna viene sostituito da un collega e mister Jonathan Benton si presenta e così si parte con un interrogatorio quanto mai stimolante e istruttivo.

Due arresti determinanti

Lui era uno dei massimi esponenti del Proceeds of Corruption Unit della Metropolitan Police londinese (ora confluita nella National Crime Agency). Ha lasciato le forze dell’ordine da un anno, ma ai tempi dell’inchiesta su OPL 245 in Inghilterra era al vertice dell’attività investigativa.

John Benton, ex capo dell’Unità anticorruzione internazionale della Metropolitan Police londinese

Fu Benton a far arrestare due cittadini nigeriani, Gabriel Oziegbe e Umar Bature, nel gennaio del 2014 perché andavano in giro per Londra con borse di denaro “sporco”. L’imbeccata era arrivata qualche giorno prima dall’avvocato anglo-israeliano Jefrey Tesler, presentatosi in commissariato con una valigia rigonfia di soldi, ben 378mila sterline. Oziegbe e Bature nei loro zaini avevano invece rispettivamente 70mila sterline e 50mila dollari.

L’avvocato Tesler aveva già subito una condanna per corruzione e sosteneva che quel fiume di banconote fosse di “pertinenza” dell’ex ministro del petrolio nigeriano Dan Etete, di fatto colui che aveva venduto la ricchissima licenza petrolifera a Eni e Shell.

Tutte le tappe della licenza OPL245 in Nigeria

Gli scabrosi particolari del Cavendish Hotel

Benton non ha lesinato i particolari: uno dei signori nigeriani, Umar Bature, aveva soggiornato oltre una settimana al Cavendish Hotel, come dimostravano, tra le altre cose, ricevute e preservativi usati (sic!), mentre nemmeno la Western Union, che aveva ricevuto il denaro, poteva stabilire la sua esatta provenienza. Che questo episodio costituisca uno dei tasselli del complicatissimo puzzle OPL 245 ce lo raccontano le parole di Tesler, ma nessun documento ufficiale. Almeno allo stato attuale. Nota a margine, non esattamente ininfluente, il signor Bature era un membro del Parlamento nigeriano.

Le pressioni per insabbiare tutto

Uno spaccato molto esemplificativo del contesto all’interno del quale si erano svolte le indagini, l’ex super-poliziotto inglese lo ha fornito narrando dei suoi incontri con l’ex capo dell’unità anti-corruzione della Nigeria Ibrahim Lamode e l’ex ministro della Giustizia Mohammed Adoke.

Entrambi gli avevano fatto capire che, dalle parti di Abuja, l’inchiesta su OPL 245 non sarebbe arrivata da nessuna parte, perché c’erano «pressioni dall’alto», ossia direttamente dall’allora presidente Goodluck Jonathan, per insabbiare tutto.

Altamente irrituale è stato proprio il meeting tra Benton e Adoke, organizzato a sorpresa e infischiandosene del protocollo: «un ministro non incontra con quelle modalità una persona che non è nemmeno lontanamente suo pari grado» ha tenuto a ribadire l’inglese.

Adoke sapeva che Etete aveva acquistato la licenza per una misera frazione del suo reale valore e che quindi tutta l’operazione era sospetta. In realtà sospetto era anche lui, visto che uno dei tanti rivoli di denaro legati al pagamento della potenziale mega-mazzetta da 1,1 miliardi di dollari elargita da Eni e Shell era transitato anche sul conto corrente di un suo congiunto.

Testimone o indagato?

Proprio lo status dell’ex ministro – era indagato o meno? come va considerata la sua chiacchierata con Benton, un interrogatorio oppure no? – hanno scatenato la contro-offensiva degli avvocati di Eni e di Roberto Casula (numero due del Cane a Sei Zampe, ora in aspettativa e coinvolto anche nell’altra indagine sulla presunta corruzione nella Repubblica del Congo). Il presidente della corte Marco Tremolada ha fatto completare l’interrogatorio di Benton, riservandosi la possibilità di estromettere o meno dalle prove la parte riguardante l’incontro Adoke-Benton.

La settimana prossima ci attende la video-conferenza con l’agente dell’FBI Debra Laprevotte, altro passaggio da “non perdere” del processo del secolo.